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27/12/2021

Comunicazione deviante come modello per le speculazioni capitalistiche

Nell’attuale fase di competizione capitalistica globale, c’è una propensione a sottoporre l’intera realtà – in tutte le dimensioni e i campi dell’umano, a partire da quello economico – alla logica del business, del profitto creando potere ideologico dominante.

Chi subisce le maggiori conseguenze è chi decide di subire la realtà del capitale come individuo singolo e non come entità sociale collettiva, e che quindi si omologa, si sottomette, rinuncia alla propria libertà e personalità, a causa degli stimoli massicci e quotidiani che la società dell’informazione e del capitale impone volti a una conversione di massa compatibile e assimilabile all’impero del capitale.

Tutta la teoria economica è un segno evidente del periodo in cui nasce e viene scritta e viene applicata al sociale; e quelli che hanno la fortuna di predominare sono in costante lotta di sterminio contro altre concezioni rivoluzionarie in opposizione.

Per fare un esempio, la strategia basata sul commercio internazionale è quella che richiede una cooperazione minima da parte del leader multinazionale nella catena del valore globale ma attraverso il ruolo della informazione e comunicazione del capitale permea e condiziona l’intero tessuto sociale.

In effetti l’ideologia capitalista e la cultura aziendale – trasmesse in vari modi attraverso la comunicazione nomade deviante – influenzano lo scambio e anche la produzione, il consumo e la distribuzione.

Mentre la produzione sussume in sé la comunicazione – si pensi all’esempio del telelavoro – e il consumo, come ideologia, informazione e comunicazione del consumo merce-messaggio e di conseguenza, si traduce in comunicazione del dominio sociale.

I centri di potere che controllano la comunicazione deviante sono gli agenti della nuova classe dirigente sotto il dominio del capitale cosiddetto postfordista o dell’accumulazione flessibile.

A seconda dei settori produttivi la comunicazione rientra fra le materie prime, ciò implica l’organizzazione di transazioni che si devono rendere relativamente semplici, informazioni su momenti disciplinari di produzione facilmente trasferibili.

Gli spazi e i tempi, infatti, stanno diventando sempre più ridotti e funzionali alla diffusione delle idee dominanti di capitale comunicativo, che hanno trasformato il mondo in una piccola città per ragioni informative e culturali, ma anche per soddisfare le richieste di un mercato sempre più globale, per diffondere e instillare nelle persone la logica della mercificazione: tutto ha un prezzo, un preciso valore di scambio.

Ciò avviene anche con la mercificazione del tempo libero che deve essere anch’esso messo a valore.

Ma, nonostante il tentativo di rendere funzionale il tempo libero, il capitalismo continua a produrlo sempre più sotto forma di tempo del lavoro negato con la disoccupazione strutturale e lavori intermittenti e precari, con stili di vita e di relazione soggetti alle dinamiche prevalenti del modo di produzione capitalista.

Marx pensava che il sistema di fabbrica avesse risolto i problemi della produzione in termini di superamento della scarsità di prodotti e dei loro frutti. Ma intuiva il nuovo problema della distribuzione.

La crisi della distribuzione, a sua volta, porterebbe alla rivoluzione, con la quale i lavoratori cambierebbero radicalmente i percorsi della mercificazione, della commercializzazione e distribuzione borghese.

Questa logica di asservimento di ogni momento del vivere sociale alla valorizzazione del capitale ha continuato a prendere forma anche nelle costruzioni letterarie e artistiche, ad esempio nelle visioni utopiche di René Clair – ben esemplificate nel film A nous la liberté [Per noi libertà] – descrivendo un tempo dopo la gloriosa rivoluzione in cui i lavoratori godranno dello “zero lavoro” e vivranno solo per festeggiare, mentre le macchine lavoreranno per produrre i beni necessari. Le principali correnti dell’arte moderna hanno illustrato questa imminente utopia secolare.

In termini di condizioni psichiche individuali, le cose non migliorerebbero, ma peggiorerebbero portando distorsioni se non saranno messe a programma di un percorso rivoluzionario che sappia rompere drasticamente con tutti gli annessi e connessi della società del capitale per creare forme di transizione al socialismo.

Secondo Marx, esaminando altre variabili oltre a quelle produttive, non esiste un progresso sociale “unilineare”. E si prevede che, nell’era del capitalismo a forte contenuto globalizzato, all’aumento della produzione corrisponda un aumento dell’alienazione dell’umanità in relazione al processo economico, ai prodotti dell’economia e della comunicazione deviante come fattore centrale del capitale condizionante e dominante su tutti gli esseri umani.

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