La Commissione europea ha preso atto che la crescita economica nel 2022 subirà una frenata, e stavolta non per colpa della pandemia. A pesare infatti è il forte aumento dei prezzi dell’energia. Bruxelles fa esercizio di ottimismo, prevedendo una ripresa a cavallo con il prossimo anno. Ma sul tutto pesa anche l’impatto dei rischi geopolitici dovuti alle tensioni sull’Ucraina e alle interferenze statunitensi negli affari europei.
Per il Commissario europeo agli affari economici, Paolo Gantiloni “Molteplici venti contrari hanno raffreddato l’economia europea quest’inverno per la rapida diffusione di Omicron, un ulteriore aumento dell’inflazione dovuto al balzo dei prezzi dell’energia e le persistenti interruzioni delle catene di produzione. Per via dei venti contrari che dovrebbero progressivamente attenuarsi, prevediamo che la crescita riprenda velocità già in primavera (…) I rischi, però, restano elevati”.
A pesare c’è la crescita dell’inflazione che rappresenta una sconfitta per uno dei dogmi su cui è nata la Ue. Secondo la Commissione europea, i prezzi al consumo nell’Eurozona aumenteranno in media nel 2022 del 3,5% rispetto al 2,6% dell’anno scorso. Dovrebbero scendere all’1,7% nel 2023. Le stime rispecchiano le previsioni della Banca centrale europea. Per ora, la presidente Christine Lagarde raffredda le attese per una stretta monetaria a breve, ma altri banchieri centrali sono di avviso contrario e spingono per ripristinare una politica restrittiva.
Sul fronte della crescita economica, i dati di Bruxelles prevedono nell’Eurozona una espansione dell’economia per quest’anno del 4,0% (rispetto al 4,3% stimato in autunno), e del 2,7% nel 2023 (rispetto al 2,4% previsto in precedenza). “L’attività economica è destinata a riprendere slancio – spiega la Commissione europea –. Guardando oltre le turbolenze a breve termine, i fondamentali alla base di questa fase espansiva continuano ad essere forti”.
La situazione dell’Italia non si discosta dalla media dell’Eurozona. La crescita dovrebbe essere del 4,1% nel 2022 e del 2,3% nel 2023. “La pressione salariale – spiega Bruxelles – è destinata ad aumentare solo gradualmente, dato che la maggior parte dei contratti di lavoro nel settore manifatturiero sono stati recentemente rinnovati e la debolezza del mercato del lavoro continua a persistere. L’inflazione è destinata a salire al 3,8% quest’anno, prima di scendere all’1,6% nel 2023” ha spiegato Gentiloni lasciando intendere che – nonostante il boom dell’inflazione – non ci sarà spazio per aumenti salariali perché si ritiene che i padroni “abbiano già dato”, anche se di questo non si trova traccia nelle retribuzioni reali dei lavoratori.
A novembre, Bruxelles puntava su una crescita italiana del 4,3% nel 2022 e del 2,3% nel 2023. Come altri Paesi europei, l’Italia è in balìa delle tensioni geopolitiche sulle frontiere nell’Europa dell’Est o del rapporto conflittuale dichiarato da Bruxelles contro la Cina. E tutto questo ha ripercussioni sia su prezzi dei prodotti energetici, sia sull’andamento delle esportazioni e la fluidità delle catene di approvvigionamento.
Bruxelles deve decidere se farsi ancora sottomettere dagli interessi statunitensi e quindi rinunciare ai propri, oppure se mantenere o sviluppare relazioni economiche internazionali normali con economie diverse da quelle stagnanti del vecchio mondo atlantico. Non solo. I “falchi” davanti alla ripresa dell’inflazione invocano il ritorno alle misure restrittive in materia monetaria e di rigore sul piano del Patto di Stabilità. È l’unica musica che conoscono e che vorrebbero suonare. Ma sono i dati a dimostrare che politiche espansive aiutano la crescita e quelle restrittive hanno portato alla recessione nel 2019 perfino la Germania e al rischio stagflazione l’intera Eurozona.
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