Aggiornamento. Le autorità di Kiev Kiev hanno chiesto di spostare la sede del nuovo round di colloqui con Mosca dalla Bielorussia a uno dei Paesi vicini. Lo ha riferito Yury Voskresensky, analista bielorusso vicino agli organizzatori dell’incontro: “Kiev ha respinto Belaya Vezha come luogo per i colloqui. Hanno proposto di spostarli nei Paesi vicini. La delegazione russa è pronta a tenerli solo in Bielorussia per evitare provocazioni”.
Secondo Voskresensky, la delegazione ucraina non si è presentata nella regione di Brest, in Bielorussia, per i negoziati che erano stati annunciati per ieri sera e poi spostati a oggi.
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Inizia questa mattina a Belovezhskaya Pushcha, la seconda tornata dei colloqui tra Russia e Ucraina per cercare un cessate il fuoco.
Ieri il capo della delegazione russa, Vladimir Medinsky, aveva affermato che la parte ucraina era partita in serata da Kiev e sarebbe giunta presso il luogo delle trattative questa mattina. Secondo Medinsky, l’ipotesi di un cessate il fuoco sarà sul tavolo dei negoziati. Ventilata quasi come una “pre-condizione” dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, quella del cessate il fuoco, anche temporaneo, sembra l’unica strada possibile per evitare un ulteriore aggravamento della situazione sul terreno nelle prossime 24 ore e della crisi umanitaria che, secondo i dati delle Nazioni Unite, ha già visto un milione di persone scappare dall’Ucraina per trovare riparo nei Paesi vicini.
Va segnalato che un membro della delegazione ucraina per i colloqui con la Russia, David Arakhamia, ha però dichiarato ieri sera che i negoziati odierni non si svolgeranno nella foresta di Belovezhskaya Pushcha, un parco nazionale situato in territorio bielorusso nei pressi del confine con la Polonia.
Il luogo scelto per questa tornata di colloqui ha un sapore un po’ infausto. Infatti è qui che nel 1991 furono firmati gli accordi di Belovezh, il trattato, noto anche come Accordo di Minsk, che portò alla fine dell’Unione Sovietica. Venne firmato l’8 dicembre 1991 dal presidente russo Boris Eltsin, da quello ucraino Leonid Kravchuk e dal presidente del Soviet Supremo della Bielorussia Stanislav Shushkevich in una dacia appena fuori Brest, in territorio bielorusso ma al confine con la Polonia, non lontano dal confine ucraino.
Il fronte militare
Ieri sera è caduta la città di Kherson, nell’Ucraina meridionale, prima grande città a passare sotto il controllo delle forze armate russe dall’inizio della guerra.
Le forze armate ucraine si sono ritirate dalla città in direzione di Mykolaiv, a nord-ovest. Kherson è una città di circa 300.000 abitanti vicino al Mar Nero, a nord-ovest della penisola di Crimea ed è considerata strategica.
Sempre sul fronte sud le milizie delle Repubbliche del Donbass potrebbero lanciare attacchi mirati contro la città portuale di Mariupol se i militari ucraini rifiutano di negoziare la resa. Lo ha affermato il portavoce delle milizie di Donetsk, Eduard Basurin. Le forze armate russe, insieme alle milizie delle Repubbliche, sostengono di aver circondato la città costiera nel sud del Paese ma le autorità hanno sottolineato che resta ancora in mano delle forze armate e delle milizie ucraine, tra queste il famigerato battaglione neonaziste Azov.
A Kiev secondo la CBS ci sono state “Le più grandi esplosioni da quando è cominciato il conflitto”. Ad affermarlo affermarlo, l’inviato della CBS in un video che la producer Justine Redman ha pubblicato su Twitter in cui si vedono le esplosioni che hanno illuminato il cielo notturno della capitale ucraina. Secondo quanto riferito dall’ultimo aggiornamento diramato dall’Esercito ucraino, le forze russe hanno intensificato i loro attacchi alle aree vicine alla capitale, in particolare a Vyshgorod, Fastiv e Obukhiv, ma contingenti militari russi sono stati rilevati anche in altre aree che circondano la capitale ucraina.
Seppur non del tutto confermata, invece, sembra quasi certo l’accerchiamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande del Paese con sei dei 15 reattori presenti nel territorio ucraino. Situata nell’area centro-meridionale del Paese, la centrale di Zaporizhzhia è certamente un obiettivo strategico per l’offensiva russa.
Guerra di cifre sulle perdite militari
Il ministero della Difesa russo ha fornito oggi per la prima volta un bilancio ufficiale delle perdite dall’inizio dell’invasione: 498 soldati russi morti e altri 1.597 feriti. Secondo Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa russo, da parte ucraina ci sono stati 2.870 morti e circa 3.700 feriti Stamani il bilancio pubblicato su Facebook dallo Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine parlava invece di 5.840 russi morti.
La Nato riluttante sulla no-fly zone
L’Ucraina ha chiesto alla Nato di valutare l’ipotesi di dar vita a una no-fly zone sui cieli del paese. A sostenerlo è il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, citato da Sky News Uk. Questa opzione, è stata esclusa fino a ieri esplicitamente dai capi di stato Usa e britannico Joe Biden e Boris Johnson. L’instaurazione di una no-fly zone contemplerebbe automaticamente la possibilità di dover prendere di mira aerei militari russi e quindi, sulla carta, d’innescare uno scontro diretto con Mosca. A questo punto “non si possono escludere rischi di scontro con la Nato” ha affermato il viceministro degli Esteri russo Alexander Grushko. Lo riferisce la Tass. Secondo Grushko non si può escludere una escalation di “incidenti” tra Russia e Alleanza Atlantica.
La Germania ha annunciato che consegnerà altri 2.700 missili anti-aerei all’Ucraina. Si tratta di missili di tipo Strela, di fabbricazione sovietica, che erano in dotazione alle forze armate dell’ex Germania Est.
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