«E se, nonostante l’esperienza della prima guerra imperialista, i politici borghesi si aggrappano comunque alla guerra, come colui che sta per affogare a una pagliuzza, ciò significa che si sono completamente smarriti, sono finiti in un vicolo cieco e sono pronti a buttarsi a capofitto nel precipizio» (Stalin, Rapporto al XVII Congresso del VKPb)
Ho messo insieme alcuni, pochissimi episodi di cui posso testimoniare direttamente. Vedo purtroppo che non si tratta affatto di episodi isolati, bensì di sintomi del clima che si è già instaurato in Italia; ma non solo in Italia. Un clima solertemente alimentato da quanti, in nome dei «valori occidentali», di «libertà e democrazia» si sono consapevolmente messi sulla strada che conduce, (come si diceva un tempo) in ultima analisi alla propria definitiva liquefazione, ma che intanto prepara una condizione infernale per la classe operaia e le masse popolari italiane.
Oltre, naturalmente, a esporre il paese a pericoli mortali, finché gli interessi del grande capitale non decideranno che sia l’ora di finirla con la smania bellicista nei confronti di un centro del capitalismo internazionale con cui, a parte la concorrenza in determinati settori, si hanno legami solidi e stabiliti da molto tempo.
Dunque, evitando di fare da ripetitore per le smanie da “armiamoci e...” dei catto-reazionari lettiani, che ormai tutti conoscono, dicevo degli episodi di cui posso parlare per esperienza diretta.
Un carissimo conoscente, persona molto istruita, a suo modo imparziale, nonostante assiduo lettore di quotidiani di cui è indecente scrivere il nome, per professione abbastanza lontano dalle vicende politiche nostrane e internazionali, ecc; dunque, mi telefona ed esordisce dicendosi esterrefatto per quanto udito in una trasmissione televisiva di qualche giorno fa.
Cosa aveva appreso? Grazie a un breve intervento di un corrispondente RAI (non si trattava di Marc Innaro), era venuto a sapere, il 26 febbraio 2022, che da otto anni è in corso una guerra nel sudest dell’Ucraina e che l’intervento, tra le altre cose, russo non è che la risposta alla situazione creatasi da otto anni di nazificazione dell’Ucraina.
Per la prima volta era venuto a sapere della strage di Odessa del 2 maggio 2014; mi diceva che l’allargamento della NATO a est (di cui era comunque a conoscenza) non poteva che portare prima o poi a una adeguata reazione russa; ecc.
Insomma, per farla breve, in quei pochi minuti di trasmissione, aveva scoperto (quasi) l’intero repertorio di tutto quanto è stato taciuto dai mezzi di disinformazione italici, a partire dal 2014. Lui, persona che non si affida alle prime voci di strada, non sapeva nulla di cosa ci sia alla base della situazione attuale.
La cosa non stupisce; casomai fa prudere ancor più le mani, se pensiamo a quale possa essere il livello di conoscenza dei fatti, di quanti raramente leggono un quotidiano, o si fermano alle cronache del quartiere e di come su tale livello possano agire gli appelli da crociata lanciati oggi per supportare «le iniziative del Governo a sostegno del popolo ucraino e della sua difesa militare», poiché convintamente «Condividiamo le parole di Draghi sull’ingiustificato attacco da parte della Russia».
Quale ardore di beneficenza e altruismo possano suscitare – peraltro, nella gran parte dei casi, in buonissima fede – le omelie a sostenere «la comunità ucraina anche con iniziative territoriali nei nostri circoli. Raccoglieremo materiale sanitario e di prima necessità».
Sacrosanto, per carità; ma, ci scusiamo per l’ennesima ripetizione: quante volte, dal 2014, hanno chiamato a «iniziative territoriali», non diciamo per sostenere (per carità!), ma almeno per raccogliere «materiale sanitario e di prima necessità» per la popolazione del Donbass trucidata dal 2014 dai battaglioni neo-nazisti ucraini?
Altro episodio. Mi telefona una giovane russa (vive in Italia da poco meno di trent’anni ed è cittadina italiana da almeno quindici) che conosco dagli anni ’90 a Mosca, e mi racconta sconvolta del linciaggio personale cui si ritrova sottoposta in questi giorni, della disinformazione cui i figli, abbastanza piccoli, sono sottoposti da parte degli insegnanti, degli episodi in cui si è sentita trattata quasi da “criminale”, per non parlare delle frasi consuete che, purtroppo ormai da anni, tocca sentire nei confronti degli immigrati, ora pronunciate da persone “indignate” per la condotta del “dittatore Putin”.
In questo caso, la mia conoscente è ancora più sconvolta, perché convintamente filo-putiniana, nonostante abbia lasciato Mosca quando Vladimir Vladimirovič faceva appena le prime apparizioni sui giornali italiani.
Terzo piccolo episodio. Sala di attesa al policlinico; entra una persona disabile per offrire piccoli disegni e chiedere qualcosa in un cambio, dato che, dice «la mia situazione è drammatica; però, oggi, per gli ucraini lo è ancora di più, specialmente per i bambini che devono stare negli scantinati».
Certo, dico, sono otto anni che la situazione è difficile per gli ucraini, ma c’è una parte di ucraini per i quali da otto anni la situazione è tragica, molto più disperata di quanto non ci si immagini e là, in Donbass, sono otto anni che i bambini devono rifugiarsi negli scantinati, perché sono otto anni che vengono bombardati dagli ucraini che li governano. Pausa.
«Oh, mi scusi, non sapevo queste cose. Non conosco questo Donbass», mi dice. Non deve scusarsi: nessuno finora glielo aveva mai detto.
E, però, dice il solito Andrea Romano, la RAI «deve fare massima attenzione a non diffondere notizie false (come quella di Marc Innaro sabato sera al Tg2 Post, secondo cui la Russia sarebbe stata provocata dall’espansione a Est della Nato) e a non ospitare commentatori compiacenti verso i crimini di Putin come è accaduto a RaiNews24». Come no!
Dunque, si diceva, prudono le mani e il prurito aumenta sempre più quando si leggono proclami quali quelli delle agenzie “di Stato” su Draghi che tuona «l’Italia non si volta», o «il Cremlino ascolti chi manifesta contro la guerra»; oppure racconti da libro Cuore su «Ambasciatore Zazo salva 20 bambini», o «Viktoria 3000 km in 48 ore per recuperare i familiari».
Davvero un clima da “armiamoci e...”. Vien da dire che, come alla vigilia del “maggio radioso” (1914) si crea dapprima la psicosi del “mondo da salvare” – questa volta non “la patria in pericolo”, ma “l’Ucraina in pericolo” – e poi la si presenta come “volontà popolare” per addentrarsi in una spirale guerrafondaia che colpirà, come sempre, le classi inferiori.
E che intanto, con un’ondata russofobica al cui confronto svanisce la psicosi creata nel 2001 per attaccare l’Afghanistan, mette al bando gli studenti russi dalle università europee, con l’Accademia di Firenze che annulla ogni esposizione di opere russe; quindi si sbraccia in sortite tipiche dei «valori occidentali» di «libertà e democrazia» nei confronti dei vari Gergiev e Šakhnazarov, esalta nella massa lo spirito di “lotta al dittatore russo”, mostrando foto di bimbi palestinesi che si oppongono ai soldati israeliani facendoli però passare per per bimbi ucraini contro militari russi, e via di questo passo. La bolletta del gas raddoppiata scompare per magia.
In questo clima e con questi ritmi, “grazie” ai sanfedisti del PD guerrafondaio e catto-reazionario, ancora un paio di giorni e si arriverà ai campi di internamento per i cittadini italiani di origine russa e i russi residenti in Italia. Per ora, solo i russi; poi si passerà agli altri, cioè a noi, alle masse popolari italiane.
D’altronde, le misure per mandare polizia e carabinieri a caricare chi cercherà di opporsi alla smania bellicista, ci sono già tutte: quelle adottate nel 2020 “tramite” pandemia sono perfette e le bastonate squadristiche delle scorse settimane contro gli studenti ne sono stati l’anticipo.
Se da un lato fa bene al cervello e allo spirito, leggere molti commenti in calce ai più sfrenati “servizi” bellicisti dei media e degli avventuristi con l’elmetto che siedono in parlamento, dall’altro, proprio in questi frangenti emerge con più forza la dura realtà dell’assenza, in Italia, di una organizzazione comunista in grado di orientare la lotta alle scelte governative e di smascherare tra le masse (non parliamo delle nostre nicchie) il ruolo schifoso e vomitevole di chi, cercando la guerra, si presenta quale “democratico” e finanche “di sinistra”.
«Lo sciovinismo e la preparazione della guerra come elementi fondamentali della politica estera; la repressione contro la classe operaia e il terrore nel campo della politica interna, come mezzo indispensabile per il rafforzamento delle retrovie dei futuri fronti di guerra: ecco che cosa preoccupa oggi particolarmente gli uomini politici imperialisti dei nostri giorni» (cit., indovinate di chi?).
E questo vale a ogni latitudine.
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