Con l’attenzione giustamente puntata sugli avvenimenti clou della settimana – rimozione a Kiev di Valerij Zalužnyj, sostituito con il “macellaio di Artëmovsk” Aleksandr Syrskij, e l’intervista fiume di Vladimir Putin a Tucker Carlson – sono rimasti un po’ in ombra alcuni “dettagli” che hanno a che fare più direttamente con la situazione sul fronte ucraino.
Vero è che anche entrambe quelle notizie sono legate strettamente alla situazione militare e solo il vomitevole vassallaggio dei media nostrani può catalogare la seconda come “messaggio alla pancia degli americani” e “propaganda totale” da parte di Putin, mentre relega la prima a una semplice ‘ripicca’ di Zelenskij, ferito nell’orgoglio dalla popolarità di Zalužnyj; come se, anche in questo caso, i ricambi ai vertici ucraini venissero decisi in piena libertà a Kiev.
Eppure, in quella “propaganda totale”, per esempio, The New York Times – a parte la burlesca attestazione secondo cui un accordo sul cessate il fuoco sarebbe impossibile perché sono i cittadini ucraini (proprio quelli accalappiati per le strade e spediti al macello: pensavamo che simili sproloqui fossero un’esclusiva di FdI-Lega-PD che votano i “crediti di guerra”) a «non volere il compromesso con l’aggressore» – si lascia sfuggire la verità e ammette che il massimo che Kiev possa raggiungere nel 2024 è mantenere le attuali posizioni, soprattutto se l’assistenza militare occidentale venisse drasticamente ridotta.
Ora, tale ammissione smaschera le mire atlantiste per trascinare il conflitto il più a lungo possibile, senza aiutare l’Ucraina, ma costringendola a sostituire le armi euroamericane con la vita dei propri soldati.
E dunque, in cosa possono consistere le forniture occidentali (quelle per cui anche il bravo parlamento italiano ha votato pressoché compattamente gli stanziamenti) alla junta nazigolpista, nel momento in cui i soldi USA prendono altre direzioni?
Sulle Izvestija, l’esperto militare russo Dmitrij Kornev ricorda che già a fine gennaio Lloyd Austin aveva detto chiaro e tondo che gli yankee non sono «in grado di fornire a Kiev missili e munizionamento nello stesso volume di un anno fa» e che dunque toccava ai paesi UE (e NATO) aiutare l’Ucraina.
Ancor più di recente, sulla “fame di munizioni” ucraina, di cui si parla da mesi, è tornato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in un’intervista al The Wall Street Journal, ribadendo la decisione sugli ulteriori 54 miliardi di euro di finanziamenti a Kiev per i prossimi quattro anni.
A oggi e per i mesi a venire, il problema più grosso per Kiev sembra essere la carenza di munizionamento e di missili, in particolare, proiettili da 155 mm e obici: il ministro della guerra ucraino Rustem Umerov parla di un massimo di 2.000 proiettili al giorno sparati, quando, per essere alla pari con le forze russe, ne servirebbero otto-diecimila.
Pare che dalla UE si siano promessi a Kiev un milione di proiettili entro la prossima primavera, ma secondo Kornev sembra improbabile anche una metà della cifra promessa. Stessa cosa per i missili dei sistemi HIMARS, MLRS o degli analoghi francesi e tedeschi: ne verranno forniti, ma molti meno di un anno fa.
Possibili problemi anche con la fornitura di nuovi sistemi di artiglieria: è probabile che Kiev possa ricevere, al posto degli M109 “Paladin” yankee, nuovi sistemi di artiglieria europei in quantità molto limitate, tipo artiglieria semovente francese “Caesar” da 155 mm, di cui 78 unità dovrebbero essere consegnate nel 2024, oltre a 3.000 proiettili al mese. Chiaro che le forniture non arriveranno solo dalla Francia, ma i numeri saranno comunque oltremodo limitati.
Per i carri armati: un anno fa si parlava di consegne di centinaia di vari tipi di mezzi, che in realtà sono stati forniti – “Challenger-2”, “Leopard-2”, “M1 Abrams” – ma in quantità molto basse, poi in gran parte persi nella famosa “controffensiva di primavera”.
Oggi, la maggior parte dei carri forniti o in via di consegna sono vecchi “Leopard-1” appena modificati e cloni di vecchi T-72 sovietici e esteuropei, mentre non c’è traccia di nuovi carri USA, tedeschi o britannici.
Di estrema importanza per Kiev sarebbero anche i sistemi razzo antiaerei e relativo munizionamento; e non tanto antiquati sistemi sovietici del tipo “Osa” dall’Ecuador, quanto moderni Patriot, NASAMS, IRIS-T e simili. Al momento, Kiev cerca di compensare tale carenza con sistemi simili tedeschi, olandesi e giapponesi.
Per quanto riguarda i promessi F-16, coi relativi missili guidati, i tempi di consegna sembrano drasticamente allungarsi: si parla di una trentina di aerei verso “fine 2024”.
Quali possono essere le conseguenze di tutto ciò per Kiev? Innanzitutto: niente azioni attive, a meno che il “macellaio di Bakhmut” non decida qualche nuova avventura. In teoria, rimanendo sulla difensiva, le forze ucraine potrebbero resistere anche con risorse molto inferiori a quelle dell’attaccante.
Ma, con la precisa distruzione dei principali centri logistici e depositi ucraini, senza munizioni ed equipaggiamenti, anche appostandosi in aree ben fortificate è comunque un’avventura e niente di più.
E dunque, Kornev ha accennato a forniture yankee a Kiev di vecchi armamenti sovietici dall’Ecuador. Secondo Maksim Plotnikov, Washington fornirebbe a Quito 200 milioni di dollari di mezzi moderni, in cambio di vecchi sistemi sovietici da passare all’Ucraina.
Il presidente ecuadoregno Daniel Noboa non si è fatto scrupoli per il fatto che il trasferimento di armi a paesi terzi sia vietato dal contratto: i russi, ha detto, sostengono «che si tratti di equipaggiamento militare. Abbiamo dimostrato che si tratta di rottami metallici»: dunque li forniremo. E con questo si è sbarazzato del maggior importatore di frutta e fiori dell’Ecuador: la Russia.
Ma, di cosa si tratta? L’Ecuador utilizza elicotteri da trasporto militare sovietici Mi-171E del 1991 e il sistema missilistico antiaereo portatile “Igla” del 1981. Tra i “rottami” destinati a Kiev ci sono anche vari altri tipi di mezzi, entrati originariamente in servizio tra il 1949 e il 1992.
Nell’elenco, si contano 18 sistemi “Grad” con una portata di 40 km; 10 sistemi “Osa” (portata fino a 10 km); 128 mitragliere contraeree ZPU-1 e ZPU-2, con tiro massimo a 2 km; 34 ZU-23 (tiro massimo 2,5 km); tre elicotteri MI-8 e due MI-171E (entrambi i tipi con raggio massimo di 600 km), oltre ad alcuni lanciarazzi portatili “Strela-2” e “Igla”, con portata fra i 3 e i 5 km.
Nei fatti, avviene che se per Quito tali attrezzature sono “rottami metallici”, ma per Kiev “vanno benissimo”, ciò si rifletterà sulle capacità di combattimento delle truppe che il nuovo Capo di SM Syrskij manderà di nuovo a quasi sicuro macello.
Perché, è fuori discussione che, in ogni caso, si tratti di armi ben funzionanti; ma, di fronte alle capacità e, soprattutto, alla portata, in termini di calibri e distanza massima, delle armi oggi in dotazione alle forze di Mosca, i reparti ucraini dovrebbero avvicinare i propri mezzi a distanze tali da consentire ai russi di starsene tranquillamente al sicuro a diverse decine di km rispondendo al fuoco con conseguenze devastanti.
Come dire: «qualche volta la rapidità del lampo è mescolata alle catastrofi» (Victor Hugo).
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