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10/12/2024

La Francia è fuori anche dall’ultima miniera di uranio del Niger

Una settimana fa la Orano, multinazionale francese tra le più importanti del settore nucleare, ha dato notizia che le autorità del Niger hanno preso il controllo operativo della Société des mines de l’Air (Somair). Questa è posseduta al 63,4% dal colosso francese, e per il resto dalla società di stato nigerina Sopamin.

In estate, era già stata revocata la licenza per il sito di Imouraren, in un braccio di ferro tra Niamey e i vertici aziendali dell’Orano che sapeva molto di riflesso delle nuove geometrie economiche e geopolitiche che si vanno delineando.

Il nuovo governo instauratisi alla fine del luglio 2023 ha fatto in modo di tutelare la propria sovranità, cacciando i soldati statunitensi e francesi, e non ha poi nascosto di voler porre fine allo sfruttamento delle proprie risorse da parte di Parigi.

Già il 31 ottobre era stato decretato che Somair interrompesse le operazioni estrattive, a causa del peggioramento dei suoi conti. Ma ciò è dovuto anche alla chiara opposizione che il governo nigerino sta esercitando sulle attività della multinazionale francese.

Nel comunicato che ha pubblicato pochi giorni fa si legge che “da diversi mesi Orano allerta sulle ingerenze che il gruppo subisce nella gestione di Somair”. E anche che “le spese di produzione che continuano a essere sostenute sul sito peggiorano ogni giorno di più la situazione finanziaria della società”.

Infatti, l’uranio estratto non riesce a uscire dal paese, perché il Niger ha bloccato il suo passaggio attraverso il Benin, a sud, per motivi di sicurezza. Il petrolio è tornato a transitare, ma il metallo radioattivo continua a restare fermo: sono oltre mille le tonnellate bloccate, estratte tra il 2023 e il 2024.

L’Orano ha valutato varie soluzioni per spostare quello che è l’equivalente di quasi la metà della produzione del sito, per un valore di 300 milioni di euro, compreso il trasporto aereo attraverso la Namibia. Ma dalla società si sono lamentati che “tutte le proposte fatte alle autorità nigerine sono rimaste senza risposta”.

Già la perdita della licenza di Imouraren aveva causato perdite per 133 milioni alla multinazionale francese. È chiaro che questi ulteriori 300 milioni bloccati rappresentano una pietra tombale sulle sue operazioni nel paese del Sahel, che era centrale per le mire nella zona.

L’azienda dell’Esagono si è detta preoccupata per i lavoratori (non c’è bisogno di sottolineare l’ipocrisia del colonizzatore), che comunque continueranno a ricevere il salario fino alla fine del mese. Ed essendo quasi tutti nigerini, sembra molto difficile verranno dimenticati da Niamey.

Del resto, se per alcuni mesi dopo il ritiro della licenza per Imouraren si sono rincorse voci sul possibile affidamento alla Russia, bisogna porre in evidenza che il 19 settembre il governo del Niger ha decretato la creazione della Timersoi National Uranium Company (TNUC).

Il ruolo che dovrà svolgere non è stato chiarito, ma non c’è molto spazio lasciato a dubbi: sarà lo strumento statale per garantire la sovranità sulle risorse di uranio del sottosuolo, e per inserire il loro sfruttamento in un’agenda fondata sulle esigenze del paese, non di una multinazionale straniera.

È possibile, anzi sicuro, che ci sarà anche la collaborazione di esperti e forse capitali stranieri (e qui potrebbero tornare in gioco i russi), ma è anche probabile che le attività produttive e i suoi lavoratori vengano ereditati da questa TNUC. In un orizzonte di autonomia in un mondo che offre nuove opportunità oltre i vecchi conquistatori.

La vicenda rappresenta un duro colpo per la Francia, ma anche per le prospettive del nucleare targato UE. Circa un quarto della fornitura di uranio naturale alle centrali nucleari europee, nel 2022, proveniva dal Niger, facendo di quest’ultimo il secondo fornitore del continente dopo il Kazakhstan e davanti al Canada.

Proprio su questi due paesi la Orano ha detto di contare per garantire l’approvvigionamento del continente. Ma anche la canadese GoviEx Uranium, per fare un esempio, si è vista revocare alcune licenze, e questo fa presagire che le cose potrebbero non essere così lineari come annunciato.

Negli ultimi anni lo stato francese aveva proceduto ad acquistare grandi quote della multinazionale, divenendone il maggiore azionista, e mostrandone così il ruolo centrale a livello strategico. Non era più solo una questione d’affari, ma di gestione politica diretta dentro un scenario globale turbolento.

Il “più stato per il mercato”, in questo caso, si è dovuto scontrare però col ministro delle Miniere del Niger, il colonnello Abarchi Ousmane. Egli aveva già ribadito come non si potesse tollerare che aziende francesi continuassero a sfruttare i giacimenti senza un equo ritorno per il paese, e la presa del controllo di Somair si inserisce evidentemente in questo quadro.

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