A poche settimane dalla morte di Licia Pinelli, dolorosa testimone e vittima di quei giorni bui non si può dimenticare: 12 Dicembre 1969, strage di Piazza Fontana (senza dimenticare un altro attentato a Roma, al Vittoriano, questo fortunatamente senza spargimento di sangue): si inaugura in Italia la “strategia della tensione”.
Nel frattempo, nel correre degli anni sono cambiate profondamente le cose attorno a noi ed oggi costatiamo, dolorosamente, che sul piano sociale, economico, soprattutto politico stiamo tornando indietro: a condizioni materiali di vita, nella possibilità di esercizio dei diritti, nella capacità di rappresentanza politica che avremmo creduto superate per sempre.
Ricordare oggi Piazza della Fontana deve significare, quindi, mettere assieme, la testimonianza della nostra ricerca della verità e la nostra volontà di impegnarci, e lottare ancora per invertire la rotta non rinunciando all’idea di una società da ricostruire pezzo per pezzo, pietra su pietra, secondo gli ideali dell’eguaglianza, della solidarietà sociale, dell’internazionalismo.
In quel momento nessuno, o pochissimi, riconosce la verità: si segue la pista anarchica, Pino Pinelli viene “suicidato” da una finestra della questura di Milano (quella dell’ufficio del commissario Calabresi, capo della “squadra politica”, ndr). Pietro Valpreda arrestato.
Il Presidente Saragat plaude alla “cattura del mostro” ed il suo telegramma di felicitazione al Capo della Polizia è letto, al Telegiornale (senza uno e senza due, in quel momento) dal solito, ineffabile Bruno Vespa, poi eterno anchorman di regime.
Si tratta del primo atto di una lunga striscia di sangue, di una serie di attentati fascisti che costelleranno la storia d’Italia degli anni’70-’80.
Ricordiamo la cupezza di quei giorni, la folla milanese che si stringe attorno alle bare delle vittime, i pochi giornalisti coraggiosi, Camilla Cederna, Bruno Ambrosi, che cercano ostinatamente la verità, l’impegno del Comitato Antifascista milanese.
Soprattutto pensiamo alla grande mobilitazione studentesca e operaia in atto in quegli anni: un lungo ’68 che arrivò fino all’autunno caldo dell’anno successivo, appunto il 1969, grazie alla saldatura delle lotte tra operai e studenti.
Lotte che reclamavano non soltanto un diverso tenore di vita, il diritto allo studio e al lavoro, ma un’idea diversa di società democratica, di prospettiva per il futuro.
I fascisti (senza il neo) diretta progenie dell’attuale destra di governo che lavorarono per attuare quelle stragi intendevano fermare quel movimento, spezzare quella spinta, ricacciarci tutti indietro.
Seguirono poi anni difficili, nel corso dei quali imparammo quanto fosse complesso scoprire la verità, in mezzo a tentativi di colpi di stato, servizi segreti al “servizio” dell’eversione, coperture politiche ad altissimo livello.
Non abbiamo smesso però di cercarla quella verità ed ancor oggi, levando alto il nostro richiamo alla memoria, ci rivolgiamo a tutti i democratici: quel giorno fu spezzato un filo, svoltò un punto importante della storia d’Italia.
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