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14/12/2024

Siria - HTS sloggia la Resistenza Palestinese e apre ad Israele?

L’ autoproclamato governo ad interim della Siria guidato da HTS sta vivendo una sorta di “luna di miele” sulla scena internazionale, creata, da un lato, dai potenti sponsor che ne hanno “pilotato”, direttamente e indirettamente, la fulminea ascesa al potere, con annessa grancassa mediatica volta a ripulire l’immagine di al-Jawlani e soci (ex Al Qaeda, do you remember Bin Laden?), dall’altro dalla posizione di benevola attesa assunta dagli alleati del deposto regime baathista.

L’unica voce dissonante è stata la “Guida Suprema” Ali Khamenei, che si è discostato anche dalle posizioni del proprio governo, parlando esplicitamente di “macchinazione di Sionisti e USA, con un ruolo attivo giocato anche da un paese vicino” (la Turchia) e di “Siria da liberare”.

Tutti gli altri attori non hanno chiuso al riconoscimento del nuovo stato di cose ed hanno completamente dismesso le definizioni di “terroristi”, “takfiri”, ecc. rispetto ad HTS, limitandosi ad auspicare che venga rispettata l’integrità territoriale del paese e vi sia un “governo inclusivo”, non settario. Anche la Resistenza Palestinese non ha fatto eccezione.

Il motivo di questo posizionamento è dovuto anche al fatto che, fino ad ora, HTS non ha attaccato né le milizie filo-iraniane ancora presenti in Siria, né gli asset della Resistenza Palestinese, né – men che meno – le basi russe.

In particolare, tutti i partiti della Resistenza Palestinese sono stati da sempre ospitati dalla Siria Baathista: dal FPLP, ad Hamas (a fasi alterne), al Jihad Islamico, che è proprio basato a Damasco, ai gruppi minori, tutti sono presenti nel paese con sedi, campi di addestramento, arsenali, nonché residenze per i dirigenti in esilio.

Questo stato di cose non sembra destinato a durare a lungo: secondo Al-Akhbar, HTS starebbe già in pratica indicando la porta di uscita alla Resistenza Palestinese, consentendo, al massimo, attività di tipo caritatevole. Scrive il giornale laico e progressista libanese: “Il nuovo governo si sta muovendo verso la ‘neutralità’ nel conflitto con Israele e le prime decisioni sono di impedire l’azione militare palestinese in tutta la Siria, oltre a chiudere qualsiasi quartier generale o passaggio che serva alla resistenza...
Sebbene non parlino di stabilire relazioni con Israele, stanno adottando misure pratiche che impediscono l’esistenza di qualsiasi resistenza attiva o potenziale contro Israele dal territorio siriano. La prima indicazione di questa direzione è rappresentata dalla decisione, di cui Hay’at Tahrir al-Sham ha informato i rappresentanti delle fazioni palestinesi presenti in Siria, che non ci saranno più armi, campi di addestramento o quartieri generali militari per le fazioni palestinesi, e che le fazioni devono sciogliere le loro formazioni militari il prima possibile, in cambio della possibilità di poter svolgere lavoro politico e caritatevole sotto il tetto del nuovo Stato siriano. Il risultato pratico di questo passo è che ai palestinesi è proibito usare la Siria come quartier generale o passaggio per qualsiasi attività contro il nemico israeliano”
.

“Questo è un passo – aggiunge il giornale – che avrà presto la sua continuazione in Libano, dove il progetto di porre fine ai campi palestinesi verrà tirato fuori dai cassetti, in preparazione non solo dello scioglimento delle loro forze militari, ma proprio del loro insediamento in Libano”.

Per le organizzazioni palestinesi, ma anche per i Palestinesi in generale, si disegnano dunque scenari da fare invidia a quelli del 1982, quando l’OLP fu cacciata dal Libano.

Del resto, il giorno precedente, lo stesso al-Jawlani si era affrettato a rassicurare l’Occidente direttamente dalla grancassa di Sky News, perimetrando bene i suoi nemici: “La fonte delle nostre paure proveniva dalle milizie iraniane, da Hezbollah e dal regime che ha commesso i massacri a cui stiamo assistendo oggi. Quindi la loro rimozione è la soluzione per la Siria. La situazione attuale non permetterà un ritorno al panico.

Nel mentre, i sionisti, come sempre, non tengono conto di alcun limite e di alcuna regola e ne approfittano per allargare a dismisura i territori siriani che occupano nell’area del Golan, oltre che ad effettuare una campagna di bombardamenti senza precedenti atta a distruggere la stessa possibilità che la Siria possa ricostruire uno stato con una propria forza militare. Di fronte a ciò, però, i dirigenti di HTS sembrano quasi non essersene accorti quando vengono poste loro domande sull’argomento.

L’unica protesta, in tal senso, è stata effettuata dal rappresentante della Siria all’ONU, che, però, è ancora quello del partito Baath, anche se dice di parlare a nome della nuovo governo, ma nella lettera inviata al Consiglio di Sicurezza, riporta ancora la denominazione “Repubblica Araba Siriana”.

Cosa succederà, dunque, nel momento in cui questo nuovo governo dovesse cominciare a dare corpo concretamente ai propositi di apertura verso il regime sionista e, soprattutto, ai tentativi di espellere le milizie filo-iraniane e quelle palestinesi?

È evidente che la “luna di miele” internazionale, per le bande qaediste, sarebbe destinata ben presto a finire, aprendo nuovi scenari di destabilizzazione generale.

Intanto emergono le prime rispose fattuali rispetto alla domanda: “Chi trae vantaggio dalla caduta di Damasco?”.

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