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07/08/2013

Operazione terrore, chi lancia l’allarme

Mentre gioca a golf, il presidente Obama viene tenuto costantemente informato: è suonato l’ennesimo allarme terrorismo. Da un momento all’altro la fantomatica al Qaida può attaccare obiettivi collegati agli interessi statunitensi, in particolare in Medio Oriente e Nordafrica. Scatta lo stato di allerta per i cittadini Usa in viaggio all’estero. Vengono chiuse temporaneamente molte ambasciate Usa, mentre i Marines sono pronti a intervenire da Sigonella per proteggere quelle nell’Europa meridionale.

Il merito del tempestivo allarme spetta alla Comunità di intelligence. Essa è formata da 17 organizzazioni federali. Oltre alla Cia vi è la Dia (Agenzia di intelligence della difesa), ma ogni settore delle forze armate – esercito, aeronautica, marina, corpo dei marines – ha il proprio servizio segreto. Come ce l’hanno il Dipartimento di stato e quello della sicurezza della patria.

Tra questi servizi, in aspra competizione l’uno con l’altro per accaparrarsi appoggi politici e fondi federali, c’è l’Agenzia per la sicurezza nazionale. Essa è specializzata nelle intercettazioni telefoniche e informatiche (quelle che avrebbero permesso di scoprire l’ultimo complotto terroristico), attraverso cui vengono spiati non solo i nemici ma anche gli amici degli Stati Uniti, come conferma il «datagate» suscitato dalle rivelazioni dell’ex contrattista Edward Snowden.

In dieci anni l’Agenzia ha accresciuto di un terzo il suo personale civile e militare portandolo a 33mila, ha raddoppiato il suo bilancio e più che triplicato le compagnie private sue contrattiste, aumentandole da 150 a 500. Il suo quartier generale a Fort Meade (Maryland), già più grande del Pentagono, sta per essere ampliato del 50%. Vengono allo stesso tempo potenziati gli altri suoi centri, ciascuno con un proprio compito. Il centro in Texas spia l’America centrale e meridionale; quello in Georgia, il Medio Oriente; quello alle Hawaii, i paesi affacciati sul Pacifico, comprese Russia e Cina; quello in Australia, l’intera Asia. Il centro in Inghilterra (il cui personale sta per essere aumentato di un terzo, a 2500) spia l’Europa, il Medio Oriente e il Nord Africa. E nello Utah è stato appena costruito un nuovo centro per la cyber guerra, ossia per gli attacchi alle reti informatiche di altri paesi.

Ma non è solo informatica la guerra in cui è specializzata l’Agenzia. Essa indica al Comando delle operazioni speciali, che opera in oltre 70 paesi con circa 70mila specialisti della guerra, e ad altre unità addette a operazioni coperte, quali sono le persone ritenute pericolose per gli Stati Uniti, da eliminare con attacchi di droni e azioni di commandos. Attraverso una speciale rete informatica criptata, la Real Time Regional Gateway, l’Agenzia fornisce ai capi delle forze armate e dei servizi segreti la lista dei «bersagli» e tutte le informazioni per trovarli e colpirli con droni o commandos. A tale scopo dispone delle tecnologie più avanzate, tra cui una che permette di localizzare una persona attraverso il telefono cellulare anche quando è spento.

Queste «azioni letali mirate» – sottolinea il presidente Obama (23 maggio) – sono «legali» poiché «fanno parte di una guerra giusta, condotta per autodifesa». Ne fanno parte anche le operazioni psicologiche, ridenominate «Military Information Support Operations», condotte da speciali unità per «influenzare l’opinione pubblica internazionale perché sostenga gli interessi e i piani militari statunitensi». Come l’odierno allarme terrorismo (cui potrebbe seguire qualche attentato firmato al Qaeda), per dimostrare che gli Usa sono sotto attacco e hanno quindi diritto all’«autodifesa».

di Manilo Dinucci, tratto da Il Manifesto del 6 agosto 2013

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