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09/10/2013

El Alamein: anche quest'anno niente da festeggiare!

Si sta avvicinando la data del 26 ottobre, giornata in cui, come ogni anno, nella nostra città (Livorno - ndr) la Brigata Paracadutisti Folgore commemora la Battaglia di El Alamein.

Le celebrazioni si svolgeranno il 26 all’interno della Caserma Vannucci, probabilmente con la presenza di qualche ministro e con l’appoggio delle istituzioni locali.

Il 27 le celebrazioni continueranno alla Rotonda di Ardenza con l’esposizione di mezzi da guerra, armi e carri armati.

Per alcuni anni è stata data la disponibilità dello stadio A. Picchi in particolare quando l’evento coincideva con il ritorno dei paracadutisti da qualche missione di “pace”. Lo scorso anno si è svolto a Pisa, per la prima volta.

Questo evento, ogni anno, ha sollevato grandi polemiche e contestazioni in città, per vari e validi motivi.

Vogliamo porre all’attenzione alcune riflessioni che ci vengono spontanee pensando a questo evento, le stesse che hanno gettato le basi per presidi di contestazione e veri e propri cortei contro le spese militari e contro il revisionismo storico, in occasione della commemorazione di El Alamein negli anni passati.

Cos’è la battaglia di El Alamein

La battaglia di El Alamein si svolse in Egitto tra il 23 ottobre e il 3 novembre del 1942 durante la seconda guerra mondiale. Questa battaglia, molto cruenta e sanguinosa, fu combattuta tra le truppe italo-tedesche, quindi nazi-fasciste, (i famigerati “Afrika Korps”) e gli Alleati (anglo-americani).

L’anniversario della battaglia viene celebrato ogni anno dalle Forze Armate, in primis i paracadutisti della Folgore, con l’appoggio dello Stato e delle istituzioni locali. Le ragioni di una celebrazione ufficiale dipendono dal fatto che, in quell’occasione, 17000 soldati italiani persero la vita. In particolare, la brigata Folgore fu annientata dopo aver combattuto contro il loro nemico, che in questo caso erano gli Alleati i quali stavano liberando l’Europa dal nazi-fascismo.

Fermo restando l’umano e naturale dolore che porta all’interno di molte famiglie la morte di tante persone durante una guerra, durante questa ricorrenza, l’“eroismo” e il “sacrificio” di quei soldati vengono esaltati senza mai contestualizzare storicamente l’avvenimento. Non si ricorda mai che quelle truppe italiane combattevano al fianco dei nazi-fascisti, e la loro sconfitta ha significato la libertà di cui oggi godiamo, e la fine della minaccia hitleriana per tutti i popoli del mondo.

Pensiamo che sia arrivato il momento che le istituzioni prendano parola sull’argomento. Puntualizzare che vengono commemorati i morti, ma che si prende distanza dal nazi-fascismo e dalle follia che causò la seconda guerra mondiale e tutte le guerre di aggressione come quella, sarebbe doveroso. Un atto di chiarezza.

Sarebbe gradito dire che tutti gli italiani morti evidentemente erano dalla parte sbagliata, e che il loro sacrificio ha significato un tassello in più verso la sconfitta del nazismo e del fascismo e di tutti gli orrori che avevano generato, dalle leggi razziali, alle deportazioni, alla soppressione di ogni libertà.

Questo per evitare che la commemorazione sia, come in effetti è, un ritrovo di nostalgici fascisti e di militanti dell’estrema destra.

Le celebrazioni per la commemorazione

Purtroppo senza questi distinguo, ogni anno, centinaia di militari, accompagnati da altrettanti nostalgici fascisti, invadono Livorno; saluti romani e provocazioni varie sono all’ordine del giorno. E’ l’ora di dire basta.

Inoltre durante la giornata “pubblica” vengono addirittura impiantati veri e propri accampamenti bellici con mezzi blindati alla Rotonda d’Ardenza, o allo stadio, dove persino i bambini sono spinti ad “ammirare” gli strumenti di morte utilizzati in guerra. Purtroppo, anche l’amministrazione della nostra città, concedendo spazi pubblici, è complice di questo brutto esempio di pedagogia infantile. Forse sarebbe il caso che i festeggiamenti avvenissero solo il 26 in forma privata e non in luoghi pubblici. Basta concedere spazi pubblici all'esposizione e all'esaltazione della guerra!
Inoltre ogni volta, i governanti di turno, insieme ai capi dell’esercito, non si lasciano sfuggire l’occasione per giustificare e ammantare di retorica e gloria le attuali missioni di “pace” dei nostri ragazzi, sfruttando la commozione di una platea di parenti e discendenti dei caduti di oggi e di ieri.

Peccato che oggi, nel 2013, anche i bambini sappiano benissimo che in Afghanistan e in Iraq siamo e siamo stati in guerra, difendendo interessi economici e geopolitici, così come praticamente tutti gli italiani sono stufi di vedere spendere miliardi e versare sangue in inutili occupazioni militari, quando invece nell’indifferenza generale, ogni giorno ci sono almeno 3 morti sui posti di lavoro. Senza contare i tagli alle spese sociali in favore del finanziamento delle missioni di guerra e per l’acquisto di mezzi da guerra, come gli aerei F35.

Ma gli autori di questa disonesta quanto abile distorsione della Storia contemporanea non si limitano a questo: chiunque provi a riportare il senso delle cose alla giusta interpretazione dei fatti, qualunque voce critica viene aggredita e tacciata di antipatriottismo, di disumanità per i caduti, di spirito anti-italiano. Compreso chi cerca di ricordare alle masse inebetite dalla pompa magna mediatica che, in una democrazia nata dalla sconfitta del nazifascismo, attraverso una Costituzione scritta dai protagonisti della Resistenza, non ha senso commemorare con “dolore” la sconfitta delle truppe nazi-fasciste di Hitler in una battaglia strategica per la vittoria finale degli Alleati.

Se riportare chiarezza sull’argomento significa essere anti-patriottici o anti-italiani, probabilmente è perché siamo internazionalisti, e ci schieriamo dalla parte di ogni popolo oppresso, e mai dalla parte dell’oppressore. Se in questo caso gli oppressori erano gli italiani, da che parte schierarsi viene spontaneo, senza ombra di dubbio.

Un po’ di storia

Ad esempio pochi sanno che ci sono state due battaglie di El Alamein. Durante la prima, avvenuta alcuni mesi prima, i soldati italiani si distinsero per “eroiche” gesta, descritte nel diario del generale Olivaride Mouhamed, capo della resistenza beduina:

“Nella battaglia al fianco dell'Africa Korps si fecero notare 3 valorosi soldati italiani la cui popolazione locale non dimenticò facilmente, difatti vennero ricordati per la loro crudeltà e tenacia; […] Si trattava di Garbarinit Gianluca […] che si mise in luce per la sua abilità di cecchino, […] si racconta che nascosto su un altopiano uccise quasi 11 nemici e seminò la zona di terribili Bouncing Betty (mine a pressione) che negli anni seguenti uccisero altrettanti civili; Cirili Nicola […] si fece ricordare per il triste primato di crimini di guerra di 8 indigeni […]; Borgi Leopoldo che in un solo giorno uccise 14 ribelli”

Ma basterebbe ricordare anche che ci sono stati grandi patrioti e martiri della libertà che, negli stessi anni, non solo hanno contributo a cacciare l’invasore tedesco dal nostro paese, ma che sono andati a combattere l’esercito di Mussolini in Africa, a fianco di popoli lontani ma uniti a noi dall’oppressione del regime fascista. Chi tra questi eroi partigiani è sopravvissuto, ha poi scritto la nostra Costituzione, sulla quale gli attuali governanti e ministri spergiurano durante la cerimonia dell’insediamento.

Un eroe livornese: Ilio Barontini in Africa

Questo tipo di commemorazione oltretutto offende la memoria di un nostro amato concittadino, Ilio Barontini, che in quegli anni era in Africa, dalla parte degli oppressi. Vogliamo ricordare la sua difficile missione in Somalia, nazione martoriata da una storia difficile fatta di invasioni, dominazioni sanguinarie e stragi civili. Somali, Etiopi ed Eritrei, purtroppo, a causa di queste vessazioni, ad oggi non trovano ancora pace.

Ilio Barontini, nel 1938, decise di andare laggiù, insieme allo spezzino Bruno Rolla e il triestino Anton Ukmar per aiutare questa gente a liberarsi dall’ “impero” fascista. Malgrado il pugno di ferro di Graziani, l’Etiopia era ben lontana dall’essere sottomessa. Barontini, Rolla e Ukmar avevano un lasciapassare del Negus e lettere di accompagnamento per gli alleati dell’imperatore. I tre erano chiamati i “tre apostoli”, Barontini era “Paulus”, Rolla era “Petrus” e Ukmar “Johannes”. C’è di più. Il Negus dette a Barontini il ruolo di consulente del governo provvisorio alla macchia e il titolo di vice imperatore. Barontini e gli altri due “apostoli”, che agivano in zone diverse, predicavano l’unità delle razze e delle coscienze. Riuscirono ad infondere il senso dell’unità. Non era mai accaduto nell’Africa tribale. C’era una fame terribile anche allora, in Etiopia. Per non pesare sulle tribù, Barontini faceva mangiare ai partigiani i coccodrilli. La polizia italiana seppe di Barontini e presto si sparse la voce di questo capo bianco che dirigeva la resistenza. Misero una taglia sopra la sua testa e fecero circolare la sua foto. Ma “Paulus” aveva una gran barba. Era irriconoscibile. Comunque andarono vicini alla sua cattura. Un capo tribù arrivò al comando di “Paulus” con i suoi uomini e chiese di entrare fra i partigiani. Poche ore dopo tentò di saltare addosso a “Paulus”, ma “Paulus”, che stava sempre in guardia e non dormiva due notti di seguito nel medesimo posto, evitò la trappola e le suonò al traditore. Anche qui ci sono degli italiani che combatterono contro gli italiani. Oggi è chiaro che la spedizione in Etiopia fu un errore, un dispendio inutile di vite, di capitali. Che poi gli italiani agli ordini di Graziani e quelli che scesero laggiù per lavorare, fossero quasi tutta “brava gente”, è un altro discorso. Tanto è vero che Barontini non volle mai che fosse torto un capello ai soldati italiani caduti prigionieri. E tanti italiani sono rimasti nelle tribù, di loro volontà, dopo essere stati fatti prigionieri.

QUINDI COME OGNI ANNO LO SLOGAN E’ SEMPRE LO STESSO:

EL ALAMEIN NON C’E’ NIENTE DA COMMEMORARE !

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