di Michele Paris
Per la prima
volta dall’inizio delle rivelazioni di Edward Snowden sui programmi da
stato di polizia dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale americana
(NSA), questa settimana un giudice federale ha sentenziato quello di cui
tutti erano a conoscenza nonostante la propaganda del governo, cioè che
la raccolta indiscriminata dei dati telefonici di centinaia di milioni
di persone è indiscutibilmente una pratica illegale e contraria al
dettato della Costituzione degli Stati Uniti.
Il parere del
giudice Richard Leon del tribunale distrettuale federale del Distretto
di Columbia, a Washington, è stato accompagnato da considerazioni
pesantissime sulla condotta del governo in merito alla sorveglianza dei
propri cittadini. Inoltre, il giudice nominato da George W. Bush alla
vigilia dell’11 settembre 2001 ha ordinato la fine delle intercettazioni
telefoniche ai danni dei querelanti e la distruzione dei dati finora
raccolti su di essi dall’NSA. L’ingiunzione è stata però immediatamente
sospesa, in attesa quanto meno di un sentenza d’appello che arriverà non
prima di sei mesi.
Il caso in questione - “Klayman contro Obama”
- era scaturito dalla denuncia di due attivisti conservatori, Larry
Klayman, fondatore dell’organizzazione di tendenze libertarie Freedom
Watch, e Charles Strange, padre di un “Navy Seal” ucciso durante una
missione in Afghanistan. Basando la propria istanza sui documenti di
Snowden, i due sono riusciti a convincere il giudice distrettuale dei
loro requisiti legali per avviare un procedimento contro l’NSA. In
precedenza, altri tribunali avevano respinto simili richieste affermando
che, dal momento che l’NSA non rende pubblica l’identità delle persone
intercettate, nessuno avrebbe la facoltà di citare l’agenzia in
giudizio.
Per il giudice Leon, al contrario, i querelanti hanno
questa facoltà, poiché è “altamente probabile” che le loro telefonate
siano state intercettate come quelle di chiunque altro e finite nel
“vasto archivio di metadati” telefonici dell’NSA, la cui esistenza è
stata ammessa dal governo stesso.
Come già anticipato,
l’amministrazione Obama è subito ricorsa in appello, così che il
programma di intercettazioni potrà proseguire sia ai danni di coloro che
hanno denunciato l’NSA in questo caso di fronte al tribunale del
Distretto di Columbia sia, a maggior ragione, del resto degli americani e
di virtualmente qualsiasi cittadino di qualsiasi paese del mondo. Al di
là della sentenza di appello, la questione finirà per approdare con
ogni probabilità alla Corte Suprema in un procedimento che potrebbe
esaurirsi tra svariati anni.
Ciò che il più influente tribunale
distrettuale degli Stati Uniti ha stabilito con la sentenza di lunedì
rappresenta comunque uno schiaffo per il governo e l’NSA - ma anche per i
media ufficiali e i membri del Congresso, tutti più o meno concordi nel
giudicare sostanzialmente legittimi i programmi di sorveglianza
nonostante gli “eccessi” - la cui flagrante violazione delle basilari
norme democratiche americane è stata esposta pubblicamente e con toni
insolitamente duri.
In 68 pagine, infatti, il giudice Leon ha
affermato, tra l’altro, che non è possibile “immaginare un’invasione
[della privacy] più indiscriminata e arbitraria di questa sistematica
raccolta e archiviazione di informazioni personali riguardanti
virtualmente ogni singolo cittadino… senza una preventiva autorizzazione
giudiziaria”. Senza alcun dubbio, prosegue il testo della sentenza, il
programma di intercettazioni dell’NSA “contravviene a quel livello di
privacy che i [Padri] Fondatori hanno inteso garantire con il Quarto
Emendamento [alla Costituzione]”.
Per
questa ragione, ha poi aggiunto il giudice federale, è lecito
ipotizzare che “l’autore della nostra Costituzione, James Madison, il
quale ci ha messo in guardia dalla limitazione della libertà del popolo
dovuta alle graduali e silenziose intrusioni di coloro che governano,
resterebbe inorridito” di fronte allo scenario attuale.
Il
rispetto del Quarto Emendamento - che garantisce contro arresti,
perquisizioni e confische arbitrarie - non è nemmeno assicurato dalle
delibere del cosiddetto Tribunale per la Sorveglianza dell’Intelligence
Straniera (FISC), l’organo chiamato ad autorizzare le richieste di
intercettazione presentate dalle varie agenzie governative. Il FISC,
infatti, si riunisce in segreto e all’insaputa degli individui
interessati dai programmi dell’NSA, i cui rappresentanti legali,
ovviamente, non presenziano alle sue sedute.
Come se non
bastasse, il giudice Leon ha anche espresso “seri dubbi circa
l’efficacia” del programma dell’NSA, visto che il governo non è stato in
grado di citare “un solo caso nel quale la raccolta di massa di
metadati telefonici abbia effettivamente impedito un attacco
terroristico imminente”.
La sentenza ha inoltre respinto il
presupposto legale sul quale il governo si è finora basato per
giustificare il controllo delle comunicazioni elettroniche, cioè una
decisione della Corte Suprema del 1979 (“Smith contro Maryland”) che
aveva escluso i metadati telefonici dalle garanzie del Quarto
Emendamento. I cosiddetti metadati includono i numeri telefonici
digitati o la data e la durata delle conversazioni ma non il loro
contenuto e, secondo il governo, in merito ad essi i cittadini non
possono aspettarsi di essere protetti dal diritto alla privacy, visto
che, ad esempio, queste informazioni sono a disposizione delle compagnie
telefoniche.
Per il giudice Leon, invece, la sentenza del 1979 -
che si riferiva al caso di un solo individuo intercettato dalle forze
di polizia - non è applicabile alla situazione odierna relativa all’NSA,
sia perché in ballo c’è la raccolta indiscriminata di dati appartenenti
a centinaia di milioni di individui sia perché il ruolo che svolgono
oggi i telefoni e, più in generale, la tecnologia, non è paragonabile a
quello di oltre tre decenni fa.
Il
verdetto emesso lunedì è stato accolto positivamente anche dallo stesso
Snowden. L’ex contractor dell’NSA ha rilasciato una dichiarazione
tramite il giornalista americano Glenn Greenwald, al quale erano stati
consegnati i documenti riservati pubblicati nei mesi scorsi. Snowden ha
ricordato come le sue azioni erano scaturite dalla “convinzione che i
programmi di sorveglianza di massa dell’NSA non avrebbero potuto
superare nessuna prova di costituzionalità e che gli americani
meritavano una possibilità di vedere tali questioni approdare di fronte
ad un tribunale pubblico”.
Se la sentenza di questa settimana è
la conseguenza delle rivelazioni dei crimini dell’NSA da parte dello
stesso Snowden, il governo e l’apparato della sicurezza nazionale
americano continuano ad operare per mantenere in vita i programmi di
sorveglianza appena dichiarati incostituzionali. Proprio lo scorso fine
settimana, ad esempio, una speciale commissione nominata da Obama aveva
anticipato le proprie raccomandazioni al presidente ufficialmente per
“riformare” l’NSA ma, in realtà, per apportare solo alcune trascurabili
modifiche esteriori alla condotta dell’agenzia e placare le critiche
provenienti da più parti.
Sempre lunedì, poi, la Casa Bianca ha
nuovamente respinto ogni ipotesi di amnistia per Edward Snowden, dopo
che alcune voci all’interno del governo avevano suggerito una misura di
clemenza in cambio della consegna di tutti i documenti ancora nelle mani
dell’ex contractor costretto all’asilo in Russia.
Lo stesso
giudice federale che ha condannato così severamente le violazioni della
Costituzione del governo ha in definitiva subordinato la propria
decisione di fermare la raccolta di informazioni personali da parte
dell’NSA alle necessità dell’intelligence statunitense. Alcuni diritti
democratici fondamentali, perciò, potrebbero in ultima analisi essere
sacrificati, visti, a suo dire, “i significativi interessi relativi alla
sicurezza nazionale che risultano in gioco”.
Fonte
Nel grassetto c'è tutto il sunto della questione e lo schifo del "sistema" America.
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