A Washington insistono che lo «scudo» in Europa non è diretto contro la Russia, ma contro la minaccia dei missili iraniani. A Mosca lo considerano invece un tentativo di acquisire un decisivo vantaggio strategico sulla Russia: in tal modo gli Usa potrebbero lanciare un first strike nucleare, fidando sulla capacità dello «scudo» di neutralizzare gli effetti della rappresaglia. Obama ha varato un nuovo piano, che prevede un numero maggiore di missili dislocati a ridosso del territorio russo. Poiché sono gli Usa a controllarli, nessuno può sapere se sono intercettori o missili nucleari. E, con i nuovi radar in posizione ravvicinata, il Pentagono può monitorare meglio il territorio russo. Washington, rifiutata la proposta di cogestire insieme alla Russia il radar di Qabala nell’Azerbaigian, ha accelerato la realizzazione dello «scudo».
Lo scorso marzo è stato confermato che gli Usa stanno procedendo a schierare 24 missili SM-3 in Polonia e altrettanti in Romania, più un numero imprecisato di missili Aegis a bordo delle fregate nel Mediterraneo, integrati da un radar superpotente installato in Turchia e da radar mobili che possono essere rapidamente dislocati in «posizione avanzata». Contemporaneamente la Polonia ha annunciato che spenderà 33,6 miliardi di euro per realizzare (con tecnologie statunitensi) un proprio «scudo» da integrare in quello Usa/Nato.
In maggio la Lockheed Martin ha annunciato di aver effettuato in un anno quattro test riusciti del missile Aegis di seconda generazione e che le 27 navi da guerra dotate di questo sistema missilistico saliranno a 32 nel 2014. In ottobre sono stati inaugurati nella base aerea Deveselu in Romania i lavori per una installazione terrestre di missili Aegis, finanziata dal Pentagono con 100 milioni di euro, che diverrà operativa nel 2015: la base resterà formalmente sotto comando rumeno, ma l’installazione missilistica sarà gestita da 500 militari Usa.
In novembre sono iniziati i test finali del Meads (Sistema di difesa aerea di media estensione), realizzato congiuntamente da Usa, Italia e Germania: una sorta di «testuggine» che, con un sofisticato sistema missilistico, protegge le forze che attaccano un territorio nemico. Gli Usa, dopo aver speso 2 miliardi di dollari nel programma, se ne tirano fuori per concentrarsi su altri sistemi, ma Italia e Germania (che si sono addossate rispettivamente il 15% e il 25% del costo) acquisteranno il Meads, imbarcando probabilmente la Polonia per dividere l’aumentata spesa. Il Meads rafforzerà lo «scudo», che gli Usa e gli alleati europei intendono sviluppare spendendoci decine di miliardi di dollari nei prossimi decenni.
Sempre in novembre il Pentagono ha confermato che le centinaia di bombe nucleari B61-11, che gli Stati Uniti mantengono in Europa (Italia compresa), vengono trasformate in B61-12, utilizzabili anche come bombe anti-bunker. Ufficialmente sono classificate come armi nucleari «tattiche» ma, essendo dislocate in Europa e quindi facilmente avvicinabili al territorio russo, sono di fatto strategiche (categoria che comprende le armi con gittata superiore ai 5500 km): esse si aggiungono alle 2150 testate nucleari strategiche Usa e alle oltre 500 francesi e britanniche pronte al lancio, contro le 1800 russe. Subito dopo la Lockeed Martin ha completato il test in orbita del secondo satellite Muos (lanciato a luglio), che viene «affidato per l’uso operativo al Comando strategico», il quale riunisce il comando delle forze nucleari con quello delle operazioni spaziali.
A questo punto non c’è da stupirsi che Putin abbia cancellato il gruppo di lavoro, istituito nel 2011 per trovare forme di collaborazione con la Nato nel settore della difesa missilistica. È stato contemporaneamente annunciato che altre unità russe saranno armate di missili Iskander e di missili balistici intercontinentali mobili Yars di nuova generazione, che possono trasportare fino a 10 testate nucleari. L’Europa è ora, grazie agli Usa, «più sicura».
di Manilo Dinucci, da Il Manifesto del 17/12/2013
Fonte
Si tornerà a parlare di olocausti nucleari nel thrash metal?
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