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31/12/2013

L'ultima idea contro la crisi: vendere ferie ai dipendenti

Se l'ultimo grido per ridurre i costi delle imprese è “vendere ferie supplementari” ai dipendenti, possiamo dire – senza scandalizzare troppo – che il capitalismo soffre manifestamente di sovrapproduzione?

In Italia nessuno avrebbe avanzato una proposta del genere, perché i dipendenti prendono così poco che le ferie – anche quando le hanno gratis (non sempre, se si pensa a tutti i precari) – non riescono neppure ad usarle davvero, e restano a casa invece di farsi una vacanza. Nella ricca Svizzera, invece, “il margine” per fare una proposta del genere c'è ancora. E Swisscom – azienda di telecomunicazioni che controlla anche l'italiana Fastweb – ha rotto il ghiaccio. L'offerta, avanzata con una normalissima mail, mette a disposizione fino a 10 giorni l'anno in più (due settimane, contando anche i weekend); ovviamente con relativa deduzione dalla busta paga. "Ferien gegen Geld". Fuori di metafora, è un taglio di orario e salario. Il lato “buono” della medaglia è che per ora si tratta di una scelta volontaria, non obbligatoria.

Non che ai “swisscomini” facciano difetto le ferie (cinque settimane l'anno), ma tra le normali rivendicazioni contrattuali c'è sempre quella di estenderle; o direttamente, o indirettamente (problemi di famiglia, malattia, permessi giornalieri, ecc). Il colosso elvetico deve ridurre i costi e quindi ha pensato fosse l'ora di contro proporre una soluzione: statevene a casa, se volete, ma non vi paghiamo.

Al momento la proposta non riguarda tutti i dipendenti, ma soltanto i 1.500 del settore Network & It Operations, oltre ai quadri dirigenti. Un'ammissione indiretta: ci sono troppi dirigenti, che lavorano anche poco. Gente col salario medio che supera i 90.000 euro l'anno; se aderisse all'offerta il 30% di questa fascia, per Swisscom ci sarebbe un risparmio di 1,5 milioni. Se poi l'idea dovesse venire estesa a tutti gli addetti, il “risparmio” sfiorerebbe i 20 milioni.

In Italia, come sappiamo, per ridurre produzione e costi le aziende preferiscono ricorrere alla cassa integrazione (co-finanziata da imprese e lavoratori, tranne quella “in deroga”, che è carico dello Stato). O addirittura ai licenziamenti.

Ma se anche la Svizzera ha ora dei problemini del genere, dobbiamo concluderne che il fenomeno è di proporzioni globali, tendenzialmente incontenibile.

Certo, la sovrapproduzione di merce sarebbe facilmente contenibile riducendo l'orario di lavoro (a parità di salario però...). Ma questo non risolverebbe nulla, perché la sovrapproduzione è sempre “di capitale”; ovvero merci, sì, ma anche imprese, stabilimenti, stock finanziari... e soprattutto persone fisiche. Certo, espropriando i capitalisti sarebbe facile risolvere anche questo problema...

Ma proprio qui si incanta il gioco delle “soluzioni semplici” e si pone il problema – o la prospettiva – della Rivoluzione. Non quella grillina che vuol cacciare soltanto “la casta” lasciando imprese e finanza a fare sfracelli; non quella renziana che semplicemente punta a sostituire con una barcata di new entry la precedente generazioni di servi del capitale; e tantomeno quella “nazionalista” della solita destra...

'Sti cavolo di svizzeri, con una sola mossetta fanno venir giù un castello di carte.

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