Prosegue in uno stato spagnolo devastato da anni di austerity e tagli l’offensiva reazionaria condotta dal governo di Mariano Rajoy. Dopo aver messo mano al diritto di manifestazione e all’istruzione pubblica, il Partito Popolare ha appena inferto un gravissimo colpo al diritto all’autodeterminazione delle donne, in particolare riportando la legge sull’interruzione di gravidanza indietro di parecchi decenni.
Ieri il consiglio dei ministri ha approvato una controriforma della precedente legge che renderà molto difficile per le donne spagnole abortire, costringendole a ricorrere alla pericolosa e costosa pratica degli aborti clandestini o a recarsi all’estero così come avveniva nel paese ai tempi della dittatura di Francisco Franco e fino al 1985.
Il progetto di legge è firmato dal ministro della giustizia Alberto Ruiz-Gallardón - e non dalla ministra della sanità, la più moderata Ana Mato - e reca l’altisonante denominazione di “Legge organica per la protezione della vita del concepito e dei diritti della donna incinta”.
Al contrario della legge del 2010 che permetteva l’aborto senza restrizioni entro la quattordicesima settimana di gestazione, il nuovo provvedimento permette l’interruzione volontaria della gravidanza solo in due casi: quando la donna è rimasta incinta in seguito ad uno stupro, oppure quando è a rischio la sua salute, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Neanche la presenza di gravi malformazioni fetali giustifica - secondo la legge - l’eventualità di interrompere la gravidanza, se non quando rappresentino una ‘pressione insopportabile’ per la madre psicologicamente parlando e quando mettano a rischio la vita del nascituro.
Per di più interrompere una gravidanza conseguenza di una violenza sessuale sarà possibile solo prima della dodicesima settimana di gestazione e solo se lo stupro è stato denunciato immediatamente dalla vittima. Anche in caso di malformazione grave del feto abortire sarà possibile solo prima della ventiduesima settimana e a decidere dovranno essere due medici esterni a quelli incaricati di eseguire l'eventuale aborto. Un vero e proprio calvario.
Dall’articolato delle legge, che di fatto cancella tutti i diritti acquisiti e riconosciuti nella legge del 2010, scompare del tutto il diritto di scelta della donna, e la possibilità di interrompere la gravidanza sarà appannaggio di due medici. E conoscendo quando forte è la lobby antiabortista all’interno della professione medica in un paese dove l’Opus Dei è una potenza economica oltre che ideologica è facile capire quanto difficile sarà per le donne accedere alla possibilità di abortire. Anche perché la "legge Gallardòn" prevede il diritto generalizzato all'obiezione di coscienza per medici e infermieri sia del settore sanitario pubblico che privato.
In ogni caso la donna dovrà sottoporsi all’umiliante “processo di consenso informato, libero e validamente emesso”, che include la partecipazione dei genitori della donna nel caso in cui sia minorenne, e un periodo di ‘riflessione’ obbligatorio di 7 giorni (attualmente era di 3) dopo esser stata informata “dei suoi diritti, degli aiuti sociali ed economici disponibili e di tutti i rischi per la sua salute che l’aborto comporta”. La sezione navarra di estrema destra del Partito Popolare, l’Unione del popolo navarro, aveva proposto che per dissuadere le donne i medici potessero usare anche delle ecografie del feto ma alla fine questa eventualità è stata rimossa dalla legge.
Un passo indietro netto, propagandisticamente realizzato dopo due anni di polemiche in nome della ‘protezione del nascituro’ e cavalcato da uno dei ministri più reazionari del governo Rajoy, quel Gallardòn che due anni fa promise al Vaticano, all’associazionismo cattolico di destra e alla lobby della sanità privata di riportare la legge a prima del 1985 quando per la prima volta le donne iberiche si videro riconosciuti alcuni dei diritti che rappresentavano la normalità nel resto del continente. “E’ nostro diritto e nostro dovere difendere la vita dal concepimento alla morte e farci carico della difesa dei diritti umani” ha tuonato Gallardòn rispondendo alle fortissime critiche delle opposizioni parlamentari di centro e sinistra e anche alle denunce di alcune associazioni mediche e di donne.
Manifestazioni contro l’offensiva reazionaria del PP si erano già tenute nei giorni scorsi di fronte a sedi del partito di Rajoy in tutto lo Stato e se ne annunciano di nuove nelle prossime ore. Ieri sera alle 19, intanto, circa cinquecento persone hanno protestato davanti alla sede del Ministero della Giustizia nella capitale spagnola, convocate dal coordinamento “Decidiamo noi”. I manifestanti, soprattutto donne, hanno urlato slogan come “Il PP vuole l’aborto clandestino” e “Per Gallardòn aborto retroattivo”. Dopo un’ora circa alla protesta si sono sommati altre centinaia di attivisti del movimento 15M - quello etichettato dai media come ‘indignados’ – che hanno denunciato la nuova legge come “clericale, maschilista e medievale”. Nel corso della manifestazione tre dimostranti sono stati arrestati e accusati di resistenza, disobbedienza e attentato all’autorità.
Rappresentanti in parlamento del Psoe (socialisti), di IU (sinistra), di Erc (repubblicani catalani), del Bng (nazionalisti galiziani) e del Pnv (regionalisti baschi) hanno promesso che faranno quanto in loro potere per stoppare la norma e che ricorreranno al Tribunale Costituzionale nel caso in cui la legge Gallardòn dovesse passare in parlamento, il che è molto probabile visto che il PP gode della maggioranza assoluta e qualche voto potrebbe arrivare anche da alcuni partiti regionalisti di ideologia conservatrice. Ma se nella società si dovesse scatenare una risposta di massa alla provocazione del PP alcuni settori più pragmatici del partito al governo potrebbero utilizzare le proteste per indurre l'ala dura legata all'Opus Dei a smussare alcuni degli articoli più contestati.
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