di Giorgio Cremaschi
In un convegno organizzato dalla FIOM a Bologna Susanna Camusso ha
affermato che lo sciopero generale non basta più. Siccome è difficile
credere che con ciò la segretaria della CGIL volesse annunciare il
passaggio a forme di lotta rivoluzionarie, è probabile che sia giusta l'interpretazione che ne ha voluto dare la stampa: basta con lo sciopero
generale. Ma quanti scioperi generali ha fatto la CGIL in questi ultimi
anni? L’ultimo che tutti i lavoratori ricordano con rabbia è quello di
tre ore per non fermare la riforma Fornero delle pensioni. Uno sciopero
finto, fatto per circostanza e con la chiarissima intenzione di non
procurare difficoltà al governo Monti appena insediato. (…)
Nessuno sentirà la mancanza di lotte come questa, fatte solo per far
guadagnare spazietti nei telegiornali, lotte che i lavoratori hanno
imparato a disertare. Gli ultimi scioperi di quattro ore di CGIL CISL
UIL, sparpagliati in giornate e territori diversi, sono stati
semiclandestini. È fallito anche lo sciopero proclamato dalla FIOM in
Emilia la scorsa settimana: poche centinaia di persone in piazza a
Bologna.
È colpa delle persone che non hanno più voglia di lottare? No, è colpa
dei gruppi dirigenti sindacali, che proclamano lotte che servono solo a
far vedere che si esiste e che hanno la sola funzione di creare
frustrazione ed impotenza in chi le fa.
Nella più grave crisi economica del dopoguerra la CGIL vivacchia tra un
convegno e l’altro, senza pensare al conflitto vero, quello che i
lavoratori son ancora disposti ad affrontare con grande coraggio, come
hanno mostrato i tranvieri di Genova.
Che questa CGIL sia ora spaventata e affascinata dalla nuova leadership
del PD è evidente e anche questo è un segno della sua profonda crisi.
Accantonato e dimenticato il goffo tentativo della SPI di sostenere
Cuperlo, ora tutto il gruppo dirigente della confederazione spera in una
legittimazione da Renzi. Il più lesto è stato Maurizio Landini, che al
convegno di Bologna si è ben guardato dal polemizzare con la segretaria
della CGIL sugli scioperi, e invece ha parlato tanto del sindaco di
Firenze. Che incontrerà nella sua città in un convegno tempestivamente
organizzato dalla FIOM locale.
Tra Camusso e Landini si è quindi aperta la gara a chi si presenti più
innovativo e corrisponda di più al messaggio delle primarie del PD. La
grande informazione ha subito colto il segnale e si prepara a misurare i
dirigenti della CGIL in termini di maggiore o minore affinità con il
renzismo.
Peccato che le due principali figure della CGIL si siano messe d’accordo per fare il congresso sulla stessa posizione, come se nel PD non si
fossero svolte le primarie e ci fosse stata una intesa preventiva di
vertice sulla composizione dei gruppi dirigenti. In mancanza di un
confronto trasparente sulla guida del principale sindacato italiano, la
contesa andrà avanti a convegni e controconvegni, indici di gradimento,
battute di corridoio.
Naturalmente si potrebbe anche pensare che alla CGIL e ai suoi
rappresentati converrebbe oggi allontanarsi dal PD, principale partito
dei governi che praticano quelle politiche di austerità che stanno
devastando il mondo del lavoro. Converrebbe anche alla democrazia una
CGIL che non lasciasse la protesta sociale ai forconi e che con i
lavoratori, i disoccupati, i precari, i pensionati, provasse a bloccare
il paese. Invece di rinunciare preventivamente ad uno sciopero generale
che da tempo immemore non convoca più.
Ma questo sarebbe accusato di essere il sindacato vecchio, vecchio come
quello che nel pieno della rivolta reazionaria di massa a Reggio
Calabria, portava i metalmeccanici a sfilare nella città e così a
cambiare il segno politico di quella protesta.
Ma quello era il sindacato degli anni '70, quello che credeva nella
funzione degli scioperi generali. Vuoi mettere quel vecchio modello
sindacale con le infinite possibilità di cambiamento della realtà che
oggi offrono la partecipazione a Ballarò o a Servizio Pubblico?
Solo una minoranza di sognatori contrasta questo modo di fare sindacato
in CGIL, e ha chiamato questa sua posizione: “Il sindacato è un’altra
cosa”.
Ma cosa volete che importi, c’è Renzi.
Intervista a Repubblica di Maurizio Landini: ecco i renziani della Cgil!
Chi parla è Maurizio Landini, leader della Fiom, sindacato politico
per eccellenza, radicale di sinistra-sinistra, conflittuale,
movimentista.
Fino al punto da teorizzare e praticare l’”indipendenza” nei confronti
della Cgil. Ma questa intervista di Landini, che non appartiene nemmeno
alla stessa generazione di Renzi avendo compiuto 52 anni, dimostra che
c’è davvero un’inedita sintonia tra il nuovo segretario del Pd, il cui
esperto di lavoro ricordiamo è Pietro Ichino, e il capo della Fiom, nel
passato più vicino alle posizioni di Sel e di Rivoluzione civile.
Landini, lei e Renzi vi incontrate, discutete, vi lanciate
messaggi di reciproco interesse. Sta nascendo un nuovo asse a sinistra
del tutto imprevisto: una strana coppia. Qual è il vostro obiettivo?
“Renzi è stato eletto – e non va sottovalutata la maggioranza che lo
ha scelto – sulla base di un richiamo alla necessità di un cambiamento.
Bene, è un bel po’ chenoi della Fiom diciamo che si deve cambiare perché
non c’è mai stata una fase con questi livelli di ingiustizia sociale,
così come non è mai stata così grande la svalorizzazione del lavoro.
Renzi vuole voltare pagina, ambisce a diventare premier, mi pare
naturale che la Fiom cerchi un confronto con lui nel reciproco rispetto
dei ruoli”.
Quali sono i punti di incontro?
“Innanzitutto quello sulla democrazia. Renzi ha usato un processo
ampiamente democratico per conquistare la segreteria del Pd. Al
contrario – e Renzi lo ha capito – non ci sono più regole democratiche
nei luoghi di lavoro. In questi anni si sono approvate leggi contro il
lavoro, si sono cancellate le pensioni, e i lavoratori hanno perso il
diritto di votare sui contratti e sugli accordi”.
E lei – sempre che il suo ragionamento sia corretto – pensa che
Renzi possa riportare nel mondo del lavoro le regole della democrazia?
“Sì. Come segretario del Pd può decidere che è fondamentale approvare
una legge sulla rappresentanza e la democrazia sindacali “.
Ma Cgil, Cisl e Uil non hanno fatto a maggio un accordo con la
Confindustria su questo? Addirittura venne definito un “accordo
storico”.
“È gravissimo che non sia stato ancora applicato. Ma è la
Confindustria che non lo vuole e punta a inserire un meccanismo di
sanzioni per impedire l’esercizio del diritto di sciopero”.
Un po’ il modello Marchionne. Quello che piace a Renzi. Come la mette?
“Intanto dico che quel modellopiace meno alla Corte costituzionale e
poi suggerirei a Renzi, se proprio cerca un modello, di mettersi a
studiare quello della Volkswagen”.
L’economista più ascoltato da Renzi, Yoram Gutgeld, propone per i
giovani un contratto unico a tempo indeterminato senza però l’articolo
18. Lei cosa ne pensa?
“Non sono d’accordo. L’articolo 18 è già stato manomesso. Quanti
nuovi posti ha creato? Quante multinazionali sono venute in Italia? La
verità è che il nuovo articolo 18 ha prodotto più licenziamenti per
ragioni economiche. Serve altro: azzeramento delle forme di precarietà,
inserimento del reddito minimo, riduzione degli orari, nuovi
investimenti pubblici e privati, salvaguardando l’industria pubblica
anziché svenderla con le privatizzazioni. Ma questo governo e questo
Parlamento sono in grado di realizzare il cambiamento?”.
Sulle privatizzazioni anche Renzi è contro.
“Mi pare una posizione di saggezza”.
Renzi ha apprezzato le sue posizioni critiche nei confronti del sindacato, lei ricambia sulla politica? Serve la rottamazione?
“Non condivido la parola rottamazione, ma un cambiamento profondo comporta assolutamente anche un cambiamento delle persone”.
Sembra pronto per iscriversi al nuovo Pd. Lo farà?
“Finché sarò il segretario della Fiom avrò solo due tessere in tasca: quella della Cgil e quella dell’Anpi”.
Ma voterà Renzi quando si presenterà come candidato a Palazzo Chigi?
“Valgono i contenuti. La personalizzazione della politica ha già fatto troppi danni con Berlusconi “.
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