È polemica in Libano dopo l'annuncio del presidente Michel Sulaiman
della donazione di 3 miliardi di dollari erogata in favore dell'Esercito
Libanese da parte della monarchia saudita. L'impegno, annunciato nella
giornata di domenica immediatamente dopo la fine dei funerali
dell'ex-ministro e deputato della coalizione del 14 marzo Muhammad
Chatah, arriva dopo l'incontro tenutosi a Riad tra re Abdallah e il
presidente francese François Hollande, a sua volta dichiaratosi disposto
a fornire armi al governo libanese qualora ritenuto necessario.
L'ennesima manifestazione dell'ingerenza saudita negli affari libanesi,
fattasi sempre più stringente dopo la discesa in campo delle truppe di
Hezbollah a fianco dell'esercito di Assad. L'obiettivo non troppo velato
del regime wahhabita è infatti quello riuscire a creare attraverso
la formazione di un governo di propria scelta le condizioni politiche
tali da poter spingere le truppe del Partito di Dio a ritirarsi dal
campo di battaglia siriano.
Già nel marzo scorso un tentativo in tal senso era stato fatto
promuovendo la nomina di Talal Salman a primo ministro in sostituzione
del dimissionario Najib Miqati. In autunno, indiscrezioni davano la
garanzia del controllo sul Libano come conditio sine qua non pretesa
dall'Arabia Saudita per la sua partecipazione ai colloqui di Ginevra II.
Le pressioni saudite non sono per adesso riuscite a mutare in maniera
significativa i rapporti di forza tra gli schieramenti dell'8 e del 14
Marzo, le cui divergenze sulla legge elettorale e sui termini
intorno a cui costruire il nuovo governo per condurre il Libano alle
elezioni presidenziali e la cui infinita lotta per il potere, hanno
gettato il Paese in un impasse istituzionale dal quale non sembra
esserci via d'uscita.
Da un lato un 14 Marzo intenzionato a prendere il controllo del Paese
puntando soprattutto sulla delegittimazione di Hezbollah, dall'altro un 8
Marzo intenzionato a non cedere sulla formula
"popolo-esercito-resistenza" intorno alla quale ha costruito la propria
legittimazione. Al centro Jumblatt e il suo Partito Socialista
Progressista, che dopo un ennesimo riavvicinamento al 14 Marzo in
primavera giocando un ruolo di primo piano nella scelta di Salman, ha
fatto un passo indietro per le recrudescenze confessionali che stanno
animando il conflitto siriano, potenzialmente pericolose per la comunità
drusa di cui è storico leader di riferimento.
L'ingente donazione dell'Arabia Saudita potrebbe tuttavia avere un peso
diverso. La necessità di formare un governo entro il termine stabilito
del 25 marzo per evitare lo spauracchio del rinvio delle elezioni e
l'oggettivo bisogno di liquidità delle forze armate messe sempre più
alla prova dai riflussi del conflitto siriano, dalle pressioni islamiste
e dalle nuove tensioni al confine con Israele potrebbero infatti
verosimilmente tentare il Presidente Sulaiman ad accettare la
soluzione del governo tecnico promossa da mesi dalla coalizione guidata
da Hariri, alleato di ferro di re Abdallah.
Una soluzione che se da un lato porrebbe fine all'impasse, dall'altro
farebbe uscire il Libano da quella neutralità formale rispetto al
conflitto siriano grazie alla quale è finora riuscita ad evitare il
collasso. Un rischio che in questa fase non può permettersi di correre.
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