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18/12/2013

Renzi, la resurrezione della DC


L'Italia democristiana è in festa. Ora ha due nuovi leader, fotocopie un po' sbiadite di Fanfani (Renzi) e Moro (Letta), ma comunque capaci di occupare la scena coprendo il centro, la destra e la sinistra.

L'incoronazione di Matteo Renzi segretario del Pd ha messo in assoluta evidenza come la fusione a freddo tra democristiani ed ex “piccì” abbia prodotto – nel giro di circa vent'anni – il trionfo totale dei primi e la scomparsa dei secondi, suicidatisi nella rincorsa ad “alleggerisi” di ogni passato, radicamento sociale ed organizzazione compresa.

Forza dell'internità di lungo periodo alla classe dirigente, alla borghesia pasticciona e manovriera; colpa di una mentalità da minus habens che accomuna tutti i discendenti (non “gli eredi”) della tradizione comunista italiana, anche quella più “radicale”. “Figli di un dio minore”, mormorò di sé D'Alema che pure si apprestava ad entrare a Palazzo Chigi al posto del nipote del “dio maggiore”, Romano Prodi. Consapevoli di non poter vincere mai, per principio o destino, come se Yalta fosse stata innestata nel dna. Una predisposizione all'irrilevanza sulle questioni fondamentali che ora è arrivata al punto di svolta. Si dovrebbe sperare che sia anche quello finale, ma al peggio non c'è fine, com'è noto.

Nel prendere il timone del Pd “Renzi ha fatto un discorso di sinistra”. L'hanno sottolineato con sospetta contemporaneità quelli del Pd e di Sel, l'aveva anticipato Maurizio Landini incontrandolo due giorni prima (forse nella speranza di usare questo entente cordiale per scavalcare Susanna Camusso nella tornata congressuale, ormai in corso, della Cgil). L'hanno detto anche Alfano, Berlusconi e tutti i malmessi “destri”. Quindi deve essere per forza di cose falso.

Vediamo perché. Bisogna intanto dare atto a Renzi che nel discorso di investitura è stato un po' meno fumoso del solito sui cardini del suo programma. Soprattutto in tema di mercato del lavoro, ammortizzatori sociali, sanità. Ovvero i punti forti del “programma della Troika”, quelli su cui si viene testati – dall'alto dei cieli di Bruxelles – come “leader affidabili”.

Naturalmente bisogna scavare comunque un po' sotto la cortina fumogena di parole usate per occultare dando l'impressione di chiarire. Per esempio, quando parla di “semplificazione delle regole del mercato del lavoro”. Semplificare è più persuasivo, o meno traumatico, del cancellare. Ma gli esegeti del Corriere della Sera – tanto per dire quanto “di sinistra” sia il suo discorso – hanno colto al volo il senso materiale, liberista, delle sue fumisterie: “le prime idee che puntano sul lavoro sono finalmente innovative (quindici anni dopo Blair, dieci dopo Schroeder, cinque dopo Ichino”. Bei nomi, no? 

Semplificazione sta per eutanasia delle regole. Libertà totale per l'impresa, prigionia assoluta per la forza lavoro, nessuna tutela giuridica, nessun vincolo normativo. Lavoro usa e getta, pagato poco o nulla, eliminabile al bisogno. Semplicissimo. Per essere sicuri di non lasciare via di fuga al malcapitato “lavoratore dipendente” (sotto qualsiasi tipo di contratto, tra i 47 “legali”) Renzi prevede anche una “riforma degli ammortizzatori sociali” che parte dall'eliminazione della cassa integrazione; un assegno (leggero) di disoccupazione per qualche mese e poi basta, vendetevi al prezzo più basso possibile – se qualcuno vi vuole – oppure crepate di fame. E poche pensioni, per favore, basse, senza più “reversibilità” per le vedove.

Sì, è vero, ma allora in cosa consiste il “lato sinistro” del suo discorso? In due sole proposte: ius soli e unioni civili. La distinzione tra “destra” e “sinistra”, nella Terza Repubblica, sta tutta e soltanto qui. Non più in merito al modello sociale (redistribuzione, welfare, emancipazione, diritti sul e del lavoro, ecc). Del resto, al capitale non interessa il colore della pelle della gente da mettere al lavoro, né le preferenze sessuali individuali; così come non interessano gli anziani, una volta spremuti per bene. Al bisogno, comunque, razzismo e omofobia possono essere cavalcati – persino meglio del “ricambio generazionale” per “distrarre” una popolazione impoverita che perde sicurezze esistenziali, status sociale, stili di vita. E poi, come ha scritto anche Giuliano Amato, i diritti civili vanno bene perché non costano, i diritti sociali no perché costano molto di più.  

Ancora il Corsera sottolinea tutta la sua approvazione per questa svolta: queste due proposte sono considerate da Renzi “necessarie a dare un'anima al Pd. D'altra parte qui siamo all'essenza del bipolarismo. È perché sono divisi su materie come queste che esistono destra e sinistra”. Sulle politiche economiche, sulla struttura della società, infatti, non c'è più alcuna differenza. Le indicazioni vengono dall'Unione Europea – spalleggiata da Bce e Fmi – il massimo della “competizione politica”, dunque, si deve svolgere su aspetti secondari. I “diritti civili” come arma di distrazione di massa. Ci sono molti padri nobili che si staranno rivoltando nella tomba, per un simile uso alla propria creatura.

Del resto, viene addirittura rivendicata – da Renzi – una indifferenza assoluta per l'etica o il rispetto della Costituzione. Quando, per esempio, propone a Grillo uno scambio “politico” tra rinuncia a 40 milioni di finanziamento pubblico ai partiti e accettazione delle “riforme” (istituzionali, strutturali, ecc), Renzi gioca consapevolmente fuori di quel quadro. Se quei soldi sono infatti “incostituzionali” quidi anche “immorali” andrebbero restituiti e basta, non messi come posta di una partita “costituente”. È anche una questione di prezzo: una complicità del genere la si paga con soli 40 milioni?


Per capire il significato “strategico” del fenomeno-Renzi, però, bisogna decisamente alzare lo sguardo oltre i confini di questo derelitto paese. Il “ringiovanimento” delle leadership europee è un piccolo tsunami che sta portando nelle cancellerie e nei ministeri orde di trentenni. Al contrario del '68 e dintorni, questo “protagonismo giovanile” non ha nulla di “progressivo”. Non arrivano infatti al governo – non al “potere”, che nell'Unione Europea sta decisamente altrove – sull'onda di grandi sommovimenti sociali che pretendono un “cambiamento”. Ci arrivano per selezione e cooptazione dall'alto. Servono esecutori fedeli, senza autonomia politica, culturale; senza vincoli organizzativi o controllo democratico dal basso. Servitorelli del potere, dalla parlantina sciolta, fungibili e interscambiabili. Usa e getta, anche loro.


Il grassetto è del sottoscritto che pensa, tra le altre cose, che prima o poi sarà necessari tornare sui monti col fucile in mano.

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