Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

12/12/2013

Ucraina: dopo l’assalto, la polizia si ritira

L’ultimatum alle migliaia di manifestanti filoeuropei e filo-Nato che da settimane occupano piazza dell’Indipendenza, nel centro di Kiev, era scaduto lunedì. Da settimane ormai i gruppi liberali, nazionalisti e della destra ucraina si sono impossessati della sede nazionale del sindacato e di quella del municipio della capitale e ne hanno fatto il loro quartier generale, e molti altri edifici pubblici e governativi sono assediati e resi inservibili dai dimostranti.

Così ieri nella tarda serata, quando la piazza ribattezzata ‘euromaidan’ era semivuota – anche per colpa delle temperature glaciali – sono arrivate parecchie centinaia di effettivi dei corpi speciali della polizia e dell’esercito, accompagnati da gru e bulldozer. Sembrava che fosse arrivato il momento dell’assalto finale e dello sgombero della piazza, e così infatti l’hanno raccontato alcuni media internazionali che da giorni mantengono le telecamere puntate sul centro politico dell’Ucraina, diffondendo ovviamente solo la versione di coloro che difendono l’adesione del paese al trattato di associazione con l’Ue al quale invece governo e parlamento si oppongono in nome della difesa degli interessi nazionali.
Ma l’assalto è stato poco più che simbolico. I cordoni di polizia in assetto antisommossa hanno premuto con i loro scudi sulle barricate erette dalle milizie che negli ultimi giorni hanno preso il posto di molti manifestanti, quelle del partito nazionalsocialista Svoboda (‘Libertà’), in particolare, ma anche i gruppi di islamisti radicali delle regioni caucasiche (alcuni dei quali tornati in patria dopo aver combattuto con i ribelli in Siria). Ci sono stati alcuni brevi scontri, e poi agenti e militari si sono bloccati, mantenendo alta la pressione sui dimostranti e limitandosi a smontare molte delle barricate e dei blocchi realizzati dalle opposizioni mentre alcuni leader della protesta parlamentavano con gli alti comandi delle forze dell’ordine. Non c'è stata né la battaglia campale raccontata da alcuni maliziosi media italiani, né il massacro di manifestanti. Molti dei quali avevano lasciato la piazza all’arrivo dei Berkut – provocando l’ira dei paramilitari di Svoboda – tornando poi nell’epicentro della protesta questo pomeriggio, quando la maggior parte degli agenti hanno abbandonato la scena dirigendosi verso i palazzi del parlamento e del governo. Tra i dimostranti molti i preti cattolici arrivati dalle regioni occidentali (in particolare da Leopoli) culla di una protesta che assume contorni sempre più settari. Oggi il presidente Yanukovich ha affermato che ha dato ordine alle forze di sicurezza di non intervenire con violenza contro i dimostranti, e che ieri sera l’intervento dei Berkut e di altri corpi speciali mirava a liberare alcuni degli edifici pubblici occupati ormai da settimane e a ripristinare la circolazione stradale bloccata ormai da un mese. Ma stamattina quando sono arrivati al municipio per liberarlo dagli occupanti i poliziotti hanno presto rinunciato di fronte all'opposizione dei dimostranti. Sembra che la strategia del governo sia quella di lasciar logorare la protesta, portarla alle lunghe e smontarla pezzo a pezzo senza interventi draconiani.
Da parte loro i leader dei partiti nazionalisti hanno diffuso una versione dei fatti secondo cui sarebbe stata la resistenza della piazza a convincere i Berkut a desistere e denunciano 30 feriti, 15 dei quali ricoverati in ospedale.

In queste ore i leader della diplomazia degli Stati Uniti e dell’Unione Europea continuano a fare la spola con Kiev, per convincere il governo a tornare indietro sulla scelta di interrompere il processo di adesione all’Ue in cambio dell’adesione dell’Ucraina all’Unione Doganale con la Russia. E invitano il governo di Kiev a non usare la forza e deplorano la repressione, dimenticando quella esercitata dai propri governi contro strati sociali sempre più consistenti che protestano contro l’austerity e la gestione antipopolare della crisi. E ora sembra che il governo Azarov abbia chiesto a Bruxelles 20 miliardi di euro in assistenza finanziaria per tornare sulla recente decisione di congelare l’accordo di associazione con l’Unione. «Vogliamo creare le condizioni per ridurre al minimo le perdite per la nostra economia», ha spiegato il premier. Ma i dimostranti vogliono le dimissioni del governo, lo scioglimento del parlamento e la liberazione dei manifestanti detenuti nei giorni scorsi, compresa la "pasionaria" Tymoshenko in carcere per corruzione.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento