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13/12/2013

Gli USA sanzionano, l'Iran ferma il dialogo

Dopo una giornata trascorsa con i poteri occidentali a definire i dettagli dell'accordo nucleare tra Iran e 5+1, Teheran ha deciso ieri sera di sospendere il dialogo come contro-offensiva alla nuova misura punitiva assunta dall'amministrazione di Washington: gli Stati Uniti hanno inserito nella lista nera 17 compagnie e individui di tutto il mondo considerati responsabili di aver aiutato Teheran a aggirare le sanzioni internazionali.

Tra queste quattro compagnie di Singapore, accusate di aver aiutato la National Iranian Tanker Company a pagare servizi senza menzionarne la reale destinazione. Su altre cinque società iraniane pesa invece l'accusa di aver sostenuto il programma nucleare, fornendo a Teheran componenti speciali e difficili da costruire e reperire.

"I negoziatori iraniani hanno interrotto il dialogo con il 5+1", ha annunciato ieri sera un membro del team iraniano. L'Iran era stato chiaro: sì al dialogo solo se non saranno prese altre misure punitive. Questa la precondizione all'accordo stipulato il 24 novembre, con il quale Teheran si impegnava a sospendere per sei mesi il programma nucleare, in cambio di 7 miliardi di dollari provenienti dall'allentamento delle sanzioni (per lo più provenienti dai conti esteri congelati).

Gli Stati Uniti hanno subito commentato la decisione, affermando che non si tratta di nuove punizioni, ma di sanzioni prese nell'ambito di quelle già esistenti. Washington si ritrova così stretto tra le pressioni iraniane e quelle interne: due giorni fa il segretario di Stato Kerry era stato duramente criticato sia dai democratici che dai repubblicani che chiedevano nuove sanzioni contro l'Iran.

Il tentativo statunitense di mettere una toppa, però, non convince il regime iraniano: il vice ministro degli Esteri, Seyyed Abbas Araqchi, ha subito criticato l'allargamento della lista nera, considerandolo non conforme allo spirito dell'accordo firmato a Ginevra. Quello che Teheran sta cercando di ottenere sono le basi fondamentali alla rinascita della propria economia interna, soffocata dalle sanzioni finanziarie degli ultimi anni, che hanno fatto crollare la produzione di greggio e le conseguenti esportazioni e hanno fatto impennare il tasso di inflazione. Secondo dati dell'amministrazione di Washington, dall'inizio del 2012 l'Iran avrebbe perso 80 miliardi di dollari a causa delle sanzioni sul petrolio e altri 100 sono congelati in banche estere.

Certo è che gli Stati Uniti, capofila della ripresa delle relazioni diplomatiche con il nuovo Iran del presidente Rowhani, si trovano alle prese con pressioni di ogni tipo, da Israele all'Arabia Saudita, tutti in prima fila nel tentare di fermare il reingresso dell'Iran nella comunità internazionale, vuoi per ragioni economiche e di leadership politica nella regione, vuoi per utilizzare la minaccia iraniana a fini di consenso interno.

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