Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

02/12/2013

Iran all'OPEC, l'Arabia Saudita trema

L'Iran è ormai lanciato: l'onda della riconciliazione globale investe anche l'Arabia Saudita, altro nemico storico di Teheran e ora target della nuova politica moderata del presidente Rowhani. Ieri dal Kuwait dove si trova in visita ufficiale, il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha detto che il regime è alla ricerca di una nuova e forte cooperazione con l'alleato sunnita statunitense, l'Arabia Saudita, in prima linea in passato contro la sciita Teheran.

"Guardiamo all'Arabia Saudita come ad un importante e influente Paese della regione e stiamo lavorando per rafforzare la cooperazione per il bene dell'area". Un annuncio che potrebbe aprire la strada ad una visita ufficiale, dopo l'accordo raggiunto dall'Iran con il 5+1 e che l'Arabia Saudita - insieme ad altre petromonarchie - aveva accolto con non pochi timori. Ma già la scorsa settimana è giunta la prima apertura: il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi, Sheikh Abdullah bin Zarif, ha parlato di una possibile partnership con Teheran, primo Paese a fare facendo visita all'Iran dopo la firma dell'accordo.

Quello che i sei membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo intendono fare è regolare e gestire la nuova influenza che Teheran eserciterebbe una volta riconosciuto come partner credibile: per decenni, l'Iran è stato trattato come Stato pariah, forte dell'asse sciita con Siria ed Hezbollah, ma colpito da sanzioni e boicottaggi da parte dei ricchi e potenti Paesi del Golfo. Il nuovo corso intrapreso dal regime di Rowhani scombina le carte in tavola: Teheran è oggi rientrato nell'arena della comunità internazionale e le petromonarchie, le vecchie nemiche, non possono permettere che eserciti un'influenza eccessiva sulla regione.

Soprattutto in vista del pieno rientro dell'Iran nella compagine OPEC: le dure sanzioni economiche imposte a Teheran hanno provocato negli ultimi anni un calo drastico della produzione e delle vendite, a favore di Iraq e Arabia Saudita, i principali produttori mediorientali. Adesso i "negoziatori petroliferi" iraniani tornano in prima fila per ridare all'Iran un posto di rilievo all'interno dell'organizzazione, dopo le limitazioni alle vendite dovute alle sanzioni internazionali.

La ripresa delle esportazioni iraniane modificherebbe considerevolmente il mercato petrolifero, a scapito di Arabia Saudita e Iraq, e il prezzo al barile non potrebbe che scendere. Un'opzione che a Riyadh non va certo a genio: parola d'ordine, contenere il nuovo Iran. La stessa del premier Netanyahu che da Roma oggi torna a ribadire l'assoluta contrarietà di Israele all'accordo tra 5+1 e Iran. Durante l'incontro con il premier italiano Letta, Bibi è tornato a tuonare contro l'apertura all'Iran: "Non starò zitto. Togliere le sanzioni all'Iran per il suo programma nucleare farà crollare tutti gli sforzi di questi anni. Basta con le illusioni: l'Iran cerca la bomba atomica, è un regime che sostiene il terrorismo. Noi non permetteremo che l'Iran abbia l'atomica da usare contro di noi".

Insomma, Tel Aviv non si fida di Teheran. O meglio, non vede di buon occhio la nuova immagine del regime iraniano: senza la minaccia Iran, Israele - come l'Arabia Saudita - perderebbe un importante strumento di propaganda e la giustificazione ai milioni di dollari per la sicurezza che piovono ogni anno da Washington.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento