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05/12/2013

Tutto in un pomeriggio: saltano legge elettorale e sistema politico

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulla legge elettorale, bocciata per evidente incostituzionalità, nonostante le divisioni tra le fazioni in campo si guarda istintivamente a possibili riforme istituzionali. È bene rammentare che l'ultimo paese occidentale che ha rivisto la costituzione dopo una stagione liberista e di rigore di bilancio, con l'equivalente del nostro presidente del consiglio appoggiato dal presidente della repubblica, è la Germania che, in quel modo, lasciò il passo ad Hitler. Questo per evidenziare il fatto che le revisioni costituzionali, se fatte sotto il peso di una crisi economica mondiale e di ricette economiche depressive, non sono né fisiologiche né indolori, né si risolvono con qualche servizio promozionale dei tg. Se proprio piacciono i brividi sulla schiena, allora fa bene anche ricordare che la repubblica di Weimar è un caso di studio noto per le riforme che sono fedeli alla lettera ma tradiscono lo spirito della costituzione, così Napolitano si rivela paradossalmente un ottimo lettore del periodo, oppure per il ruolo di supplenza del presidente rispetto agli altri poteri dello stato. Ruolo che, alla fine della repubblica, fu radicalizzato da Hitler che assunse potere di revisione costituzionale.

Giusto uscire dalla cronaca: la sentenza della Corte costituzionale non è storica tanto perché ripara un torto (otto anni di una legge elettorale demenziale), ma perché apre alla crisi di un sistema politico il cui esito è inquietante. Capire il come la Corte sia arrivata a questa sentenza non deve essere quindi oggetto di giudizio frettoloso e legato alle cronache. Anche perché gli effetti saranno di lungo periodo. Qualche dettaglio: nel 2012 la stessa Corte costituzionale aveva respinto il referendum sulla nuova legge elettorale. In perfetta linea con l'allora governo Monti si attendeva che i partiti, in linea con Bruxelles, riformassero la legge elettorale e ponessero le basi per una riforma neoliberista della costituzione. La nuova legislatura, quella cominciata a febbraio, una volta preso il via prevedeva che le condizioni poste dalla Corte costituzionale (nuova legge elettorale, implicitamente verso una revisione della Costituzione) in qualche modo si risolvessero nelle grandi intese, nel comitato dei saggi voluto da Napolitano negli accordi tra i partiti.

La crisi di Berlusconi-Mediaset, l'impossibile navigazione delle larghe intese, la stessa lotta interna al Pd hanno fatto saltare il programma. La sentenza della Corte, che intima ai partiti una riforma elettorale (pena il ripristino, di fatto, della vecchia), altro non è che la presa d'atto dell'impossibilità dei partiti di proseguire nelle "riforme". Ovvero di dispositivi, politici e istituzionali, che plasmano definitivamente l'anima liberista del satellite Italia che ruota attorno al sole Bce-Germania-Bruxelles. Non importa che il sole possa esplodere ma, per i poteri verticali italiani, l'importante è ruotare attorno a qualcosa. Ma la mossa della Corte costituzionale, accelerare la resa dei conti tra i partiti per rendere più liberista (ed ineguale) l'architettura dello Stato, rischia di risolversi in un doppio dramma. Quello europeo, che è lontano dall'essere risolto sia a livello bancario che finanziario ed economico. E quello italiano che, dopo la sentenza, può ricomporre il mondo istituzionale ma anche accentuare l'effetto palla di neve tra le forze politiche.

Con la riforma elettorale del '93 si pose sostanzialmente fine ai diritti sostanziali in questo paese. Si scompose l'elettorato in modo da arrivare, dopo innumerevoli peripezie, alla fine di scala mobile, pensioni, sanità per tutti. Con quella del 2005 si arrivò a combinare le forze politiche in modo tale da legittimare la messa in discussione dell'esistenza stessa di fasce di popolazione del nostro paese. Se questa partita, aperta dalla Corte costituzionale, la vincono le truppe del generale Custer ci sarà solo da stupirsi sull'entità del numero di italiani che faranno la fine dei Comanchi.

Redazione - 5 dicembre 2013

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