Dei violentissimi scontri durati l’intera notte ha riferito anche la tv di Stato che ha trasmesso immagini dei tumulti estesi alla zona archeologica di Al-Talbiya. I cronisti accusavano soprattutto gli studenti della facoltà di Agricoltura dell’Università Al-Azhar e i gruppi di militanti della Confraternita d’aver fatto uso di armi improprie (molotov) e da fuoco. La voce di alcuni manifestanti è stata diffusa da Al Jazeera, un intervistato diceva: “Noi amiamo l’Egitto. Siamo solo contro il regime militare, non permetteremo che esso schiacci la libertà. Non temiamo la morte né la galera”. Com’era già accaduto in altre occasioni ad Alessandria nuclei organizzati di cittadini hanno dato manforte alla polizia, scontrandosi coi contestatori di Al-Sisi. L’Alleanza per la Legittimità, come si è da mesi nominato il fronte che s’oppone al rovesciamento presidenziale di Mursi, si dà l’obiettivo di far crescere le contestazioni per far fallire il referendum sul nuovo modello costituzionale varato dall’attuale governo, scadenza che dovrebbe tenersi a metà gennaio. Fra i punti dell’attuale Carta Costituzionale uno vieta la presenza nel Paese di partiti a ispirazione religiosa.
05/01/2014
Egitto, la morte del venerdì
Quattordici vittime è l’ennesimo tributo di morte pagato ieri dagli oppositori al colpo di stato nei cortei riproposti, come quasi ogni venerdì al Cairo, Alessandria, Ismailia, Minya. Più sessantadue feriti, secondo dati diffusi dal ministero della Salute egiziano. Per l’ormai fuorilegge Fratellanza Musulmana, cuore pulsante della protesta delle quattro dita (Rabaa, dal luogo della strage d’agosto) i martiri di questo venerdì sarebbero diciassette. Si sommano alle centinaia di cittadini passati per le armi dalla scorsa estate con uno stillicidio che non risparmia una parte degli attivisti Tamarrod che, rivedendo le posizioni pro-esercito assunte a primavera, ora manifestano contro il divieto di esprimere dissenso. Questo, secondo le direttive dell’esecutivo El-Beblawi, rappresenta “un attentato alla sicurezza” che prevede d’ufficio cinque anni di detenzione per i semplici partecipanti ai cortei e una possibile condanna a morte per i leader delle proteste. Tutti terroristi, dunque, coloro che scendono in piazza. Nel primo venerdì del 2014 ne sono stati arrestati altri 258, accusati d’essere appartenenti alla disciolta Brotherhood e colpevoli d’aver attentato alla vita di poliziotti e soldati schierati nelle strade.
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