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20/01/2014

La finta riforma della NSA

di Michele Paris

Quella che è stata definita come una significativa proposta di riforma dei programmi di sorveglianza dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale americana (NSA) da parte del presidente Obama si è in realtà risolta venerdì scorso in una strenua difesa degli stessi metodi da stato di polizia rivelati in questi mesi da Edward Snowden. Ciò che l’inquilino della Casa Bianca ha proposto sono infatti modiche puramente cosmetiche che, in ogni caso, troveranno ostacoli probabilmente insormontabili per essere implementate.

Nella difesa della NSA e delle persone che vi operano, Obama ha ripetutamente falsificato la realtà dei fatti, ricorrendo talvolta ad una rivoltante retorica patriottica per nascondere il quotidiano calpestamento della privacy dei cittadini di virtualmente tutto il pianeta e la sistematica violazione del Quarto Emendamento della Costituzione americana.

Il presidente democratico ha dato l’impressione di parlare ad un pubblico privo di memoria o di conoscenza dei fatti messi in mostra dalla stampa a partire dalla scorsa estate, ricalcando i comunicati ufficiali della NSA per respingere la tesi che l’agenzia di Fort Meade, nel Maryland, ha esaminato i dati telefonici di ogni americano, ripetendo al contrario la pretesa che essa ha operato esclusivamente per difendere il paese da attacchi terroristici.

Cercando di dare una qualche risposta al crescente disgusto nei confronti del governo degli Stati Uniti, Obama ha poi ostentato una certa preoccupazione per la possibile deriva di programmi di sorveglianza senza precedenti, senza però ricordare come il coordinamento e l’approvazione di essi siano da far risalire, in ultima analisi, alla sua stessa persona e che, senza il contributo di inestimabile valore di Snowden, sarebbero rimasti nascosti al pubblico ancora a lungo.

Le cosiddette proposte scaturite dal discorso tenuto presso il Dipartimento di Giustizia prevedono principalmente il trasferimento dell’archivio contenente i dati telefonici dalla NSA alle compagnie di telecomunicazioni private e la necessità di ottenere un’ingiunzione di un tribunale prima di analizzare le informazioni collegate ad un numero di telefono contenute nel database governativo. Inclusa nelle riforme sarebbe anche la proibizione di spiare i leader di paesi alleati.

In relazione al primo punto - opposto dalle stesse compagnie private - Obama avrebbe dato l’incarico al ministro della Giustizia, Eric Holder, di preparare un piano per il trasferimento dei dati telefonici attualmente nelle mani del governo entro il 28 marzo, data in cui l’autorizzazione della NSA di raccogliere informazioni indiscriminate tramite i programmi di intercettazione dovrà essere rinnovata dal Tribunale per la Sorveglianza dell’Intelligence Straniera (FISC).

All’unilateralità e assoluta segretezza con cui quest’ultimo approva le richieste di intercettazione delle agenzie governative dovrebbe essere messo un rimedio con la nomina di un rappresentante legale teoricamente deputato alla difesa degli individui obiettivo della sorveglianza. Attualmente, questi ultimi non sono messi nemmeno al corrente dei provvedimenti ai loro danni e, se anche ne vengono a conoscenza, non hanno facoltà di renderli pubblici.

Questa iniziativa, come le altre proposte, dovrà comunque essere approvata dal Congresso dove le resistenze risultano enormi. Oltretutto, proprio qualche giorno fa un giudice americano in rappresentanza del circuito dei tribunali federali aveva inviato una lettera aperta al Congresso e alla Casa Bianca, bocciando categoricamente l’eventuale nomina di un “public advocate” di fronte al FISC.

Nel suo discorso Obama non ha poi proposto, come chiedevano in molti, la subordinazione delle cosiddette “lettere per la sicurezza nazionale” all’approvazione di un tribunale. Queste lettere vengono generalmente emesse da agenzie come l’FBI e sono indirizzate alle compagnie telefoniche, le quali sono obbligate a fornire le informazioni richieste sui loro clienti. L’unica modifica avanzata dal presidente sarebbe limitata alla rimozione della proibizione indefinita di parlare pubblicamente delle lettere stesse.

In definitiva, come hanno dovuto ammettere anche i media ufficiali d’oltreoceano, la grandissima maggioranza dei programmi di intelligence gestiti dalla NSA e le facoltà di questa e altre agenzie governative rimarranno inalterate.

Il grado di disponibilità a collaborare da parte del Congresso nell’attuare le modestissime proposte del presidente è stato poi messo in chiaro già nel fine settimana. I presidenti delle commissioni per i servizi segreti di Camera e Senato - rispettivamente il repubblicano Mike Rogers e la democratica Dianne Feinstein - hanno emesso un comunicato congiunto per ribadire l’importanza della raccolta di massa dei metadati telefonici “per identificare rapidamente possibili minacce terroristiche”. A loro dire, inoltre, questi stessi programmi di raccolta dati della NSA risultano “legali ed efficaci” nella loro forma attuale.

L’apparizione di Obama al Dipartimento di Giustizia è stata perciò una semplice operazione di pubbliche relazioni, richiesta da alcuni settori della classe dirigente americana preoccupati per l’impatto negativo sulla popolazione delle rivelazioni di Snowden. Come ha ammesso lo stesso presidente, d’altra parte, le “riforme” proposte servono unicamente a “mantenere la fiducia degli americani e del resto del mondo” nei metodi di sorveglianza del governo di Washington.

Dalle parole pronunciate venerdì, infine, non poteva non trasparire tutto il risentimento del governo USA nei confronti di Snowden per avere rivelato le attività illegali di sorveglianza della popolazione e le menzogne utilizzate per nasconderne la portata e i veri scopi. Obama ha infatti lasciato intendere la sua approvazione per le accuse di tradimento sollevate contro l’ex contractor della NSA, le cui azioni sono state definite come quelle di “un individuo qualsiasi che non approva la politica del governo e che rivela informazioni classificate”, mettendo a rischio “la sicurezza del nostro popolo”.

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