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19/01/2014

Siria, l'offerta del regime ai ribelli


Il governo siriano si prepara alla conferenza di pace di Ginevra, che partirà tra quattro giorni. Ieri il ministro degli Esteri siriano, Walid Muallem, in visita in Russia, ha offerto ai ribelli a nome del governo alcune concessioni, tra cui uno scambio di prigionieri, l'apertura di un corridoio umanitario e il cessate il fuoco nella città di Aleppo.

Muallem ha presentato al ministro degli Esteri di Mosca, Lavrov, un piano di sicurezza per Aleppo, città devastata dagli scontri tra esercito governativo e opposizioni armate: "La Siria compirà ogni sforzo per assicurare il successo di Ginevra 2 e andare incontro alle aspirazioni del popolo siriano e gli ordini diretti del presidente Bashar al-Assad", ha detto Muallem.

Una risposta alla proposta dello scorso lunedì di Lavrov e del segretario di Stato statunitense Kerry che da Parigi avevano fatto appello per un cessate il fuoco localizzato alle aree più tese del Paese. Nessuna risposta giunge ancora dalle opposizioni, ancora alle prese con discussioni relative alla partecipazione o meno alla conferenza di pace. Il timore di molti - all'interno della Coalizione Nazionale Siriana - è la legittimazione dell'attuale regime: più volte le opposizioni hanno bloccato il dialogo ponendo come precondizione al negoziato l'assenza del presidente Assad.

Ieri la Coalizione, riunita a Istanbul, avrebbe dovuto votare sulla partecipazione alla conferenza svizzera, ma la decisione è stata spostata ad oggi, apparentemente per scontri sulle procedure di voto: tra i principi fondanti la Coalizione c'è un articolo che impedisce il dialogo con Assad e che, nel caso della partecipazione alla conferenza di pace andrebbe emendato dal voto positivo di due terzi dei 125 membri. I tanti tentennamenti e le divisioni interne alla galassia dei ribelli stanno velocemente erodendo la credibilità delle opposizioni come eventuale forza politica e di governo nel post-Assad. La federazione, composta da gruppi moderati e laici, era stata incensata nei quasi tre anni di guerra civile come unico rappresentante legittimo del popolo siriano, ma oggi non è più chiaro chi rappresenti e con quale autorità.

Prosegue la pressione internazionale: gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna sono in stretto contatto con le opposizioni e nel tentativo di convincerle a sedersi al tavolo del negoziato minacciano un taglio degli aiuti militari e finanziari. Aiuti fondamentali alle attività dei ribelli, che in questi anni hanno potuto continuare la lotta contro il regime alawita solo grazie alla pioggia di armamenti e denaro garantiti non solo dai Paesi occidentali, ma anche dalle potenti petromonarchie del Golfo. Qatar e Arabia Saudita oggi chiedono indietro un prezzo salato e tentano di imporre i propri interessi, andando ad appoggiarsi ai gruppo islamisti estremisti e alle milizie qaediste.

Da parte sua la Russia non fa mancare sostegno al governo Assad: nelle scorse settimane Mosca ha da una parte incrementato i rifornimenti militari a Damasco - veicoli blindati, droni e bombe - e dall'altra ha garantito sostegno diplomatico, mettendo il veto all'ultima risoluzione del Consiglio di Sicurezza contro il regime. Diverse fonti parlano dell'arrivo di ingenti quantità di armi da Mosca a Damasco, a partire dal mese di dicembre, tra cui i droni UAV, equipaggiamenti per la sorveglianza, radar e sistemi di guerra elettronica.

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