Il rientro dell’occupante - L’elefantiaco
trasferimento di uomini e mezzi è datato entro il 31 dicembre 2014 e avverrà
progressivamente, anche alla luce delle scadenze di facciata previste nel Paese
di cui le presidenziali sono il momento clou. Il cosiddetto dopo-Karzai, se
davvero si tratterà d’un dopo. Una parte del materiale, deteriorabile o
deteriorato (anche di tipo meccanico) non verrà riportato indietro. In giro per
Kabul, già circola una quantità di Land Rover, Tata pick up che da un paio
d’anni le truppe Nato hanno ceduto ai compratori locali. Non c’è da stupirsi se
qualche Signore della guerra in corsa per le consultazioni di primavera faccia
scorrazzare su quei mezzi i militanti e i paramilitari che ne sostengono la
candidatura istituzionale. Il portavoce dell’Isaf ha annunciato che un lotto
dei 15.000 veicoli previsti per il rientro verrà donato alle Forze di Sicurezza
Afghane. Fra questi 1.700 mezzi blindati contro le mine. Altro materiale verrà
messo all’asta, così chi può potrà comperarsi un blindato per una cifra oscillante
fra i 2000 e i 5000 dollari. Quello che difficilmente passerà di mano sono
compound mobili, generatori, apparecchiature di software e desk.
Cosa portare, cosa lasciare - Lo
stesso armamento delle truppe afghane verrà centellinato “perché potrebbe ledere i diritti umani” ha affermato, non temendo
il ridicolo, sempre il portavoce Isaf. Ovviamente non sono esclusi acquisti di
nuove forniture che, con la voce di “Fondi di supporto”, avvantaggeranno le
industrie belliche statunitensi e occidentali. Le vie di trasferimento saranno
di terra, aria e acqua. Gli aeroporti coinvolti sono Bagram, che convoglierà
voli verso la Turchia quindi la Germania. E Kandahar, da dove gli aerei cargo,
puntando sul Pakistan e aggirando l’Iran, voleranno sia verso il Qatar sia in
Turchia. Si useranno navi da carico che dal porto pakistano di Karachi risaliranno
il Golfo Persico sino in Iraq. Da lì partiranno carovane sempre verso la
Turchia. Altre rotte di terra da Kabul attraverseranno l’Uzbekistan e la
Georgia raggiungendo Riga. Eppure andar via dall’Afghanistan è di per sé un
incubo, specie via terra dove i rischi di attacchi e depredazioni sono ampi.
Nelle province settentrionali di Balkh e Konduz, rispettivamente verso
l’Uzbekistan e la nazione tajika, i dazi che i boss locali chiederanno non saranno
solo in denaro. Le armi rappresentano la merce più appetibile.
Catena del riciclaggio - Anche
la piccola criminalità diffusa, che nei casi di diatribe minori viene appaltata
dai Signori della guerra, può essere interessata ai prodotti trasportati. Ovviamente
armi leggere, e da questa categoria di predoni l’Isaf teme i piccoli
prelevamenti durante le soste notturne. Già ora certi “grossisti” che contano
su centinaia di ragazzini-raccoglitori ammassano in alcuni luoghi materiale
abbandonato, creando consistenti empori dell’usato di merce ‘made in Usa’. Per
il ritiro i pronostici di spesa dovranno rapportarsi all’effettivo tempo
impiegato nel percorrere le vie d’uscita, se il trasferimento del materiale si
prolunga il conto finale s’aggraverà di sicuro. I calcoli attuali prevedono che
un container che transiti via terra dalla capitale verso i confini
settentrionali fino ad espatriare verso la Turchia può costare dai 10.000 ai
16.000 dollari. Perciò solo il 3% delle merci che s’apprestano a lasciare
l’Afghanistan viaggerà verso nord. Si tratta di trasporti minori, non
particolarmente voluminosi. Oltre il 42% prenderà la via pakistana, se i
combattenti del mullah Omar non si metteranno di traverso.
Non trovate che questo esodo verso i suoli patri anglosassoni abbia un qualcosa di grottescamente comico?
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