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02/08/2014

Geopolitica del conflitto: gli interessi di Israele e Egitto dietro il conflitto palestinese

L'Egitto insiste nel voler annientare il governo di Hamas, propaggine dei Fratelli Musulmani, sulla Striscia di Gaza. Israele vuole "solo" sabotare il cedimento/compromesso di Hamas verso l'Autorità Palestinese sulla Cisgiordania. 

Per capire l'importanza del contesto politico degli eventi in corso bisogna rifarsi al novembre 2012, con l'accordo tra Israele ed Hamas sponsorizzato dall'Egitto (Hillary Clinton era presente quale "chaperone").

L’intesa del novembre 2012 si occupò di due cose:

1. un cessate-il-fuoco reciproco

2. l'apertura di accessi per il passaggio di beni e persone (essendo stati i punti di accessi ufficiali "sostituiti" nel corso degli anni con oltre 1.500 tunnel scavati sotto il confine, grazie ai quali è passato tutto quello che non poteva passare attraverso gli accessi ufficiali, compresa la maggior parte dei fondi destinati ad Hamas).

Soprattutto - secondo fonti ufficiali della sicurezza israeliana - Hamas avrebbe rispettato la sua parte "correttamente": nessuna azione bellica e impegno per impedire che altre organizzazioni palestinesi aprissero il fuoco contro Isralele. Effettivamente Hamas è intervenuta contro organizzazioni palestinesi intenzionate ad attaccare Israele, cosa che molti ignorano. In cambio, Hamas si aspettava un significativo allentamento dell'assedio.

Cosa che nei fatti è accaduta (anche se meno di quanto promesso ed atteso, ma almeno tollerabile) finché i Fratelli Musulmani sono rimasti al potere in Egitto.

Ma dopo l'ascesa al potere in Egitto di Sisi (colpo di stato dell’estate 2013) e la caduta del governo dei Fratelli Musulmani, i valichi sono stati di nuovo chiusi e soprattutto sono stati chiusi i tunnel dall'Egitto  cioè la maggiore fonte di rifornimenti e di fondi per Hamas. Con la graduale chiusura dei tunnel sotto il confine non più aperto, Sisi ha strangolato il popolo di Gaza ed il sistema di potere di Hamas.

Hamas si è ritrovata progressivamente in una situazione insostenibile: da un lato garantiva un tipo di sicurezza per Israele (cosa di cui il primo ministro israeliano Bibi Netanyahu era orgoglioso), e dall'altro la chiusura dei tunnel e dei valichi portava Hamas a non poter più pagare i 43.000 dirigenti e militari reclutati nella Striscia di Gaza. Il governo di Hamas si è ritrovato sull'orlo del collasso. Di conseguenza, Hamas ha gradualmente allentato i controlli sulle organizzazioni palestinesi dissidenti e così sono ripresi i lanci di mortaio, missili, ecc. Il che spiega anche la reazione di Hamas alle provocazioni di Israele con tutta la sua forza.

Questo è il contesto che aveva portato Hamas a fare un accordo in aprile con l'OLP/al-Fatah, in cui Hamas si dichiarava favorevole a dare parte del suo potere ad Abu-Mazen (leader dell’OLP e presidente della Autorità Palestinese della Cisgiordania), soprattutto la responsabilità di garantire gli stipendi dei dipendenti governativi di Gaza. C'era stato un dibattito su quanti dei 43.000 dipendenti di Hamas sarebbero rimasti in carica e su quale ruolo avrebbero avuto i 70.000 dipendenti della Autorità Palestinese cacciati dalla Striscia di Gaza quando Hamas ne prese il controllo nel 2007. In questi 7 anni, questi ultimi erano stati pagati da Ramallah per restarsene a casa ed ora avrebbero dovuto riprendere servizio. Ma la più incandescente ed irrisolta questione tra Hamas e l'Autorità Palestinese è il debito dei salari che non sono stati pagati per mesi e mesi. Né è stato definito lo status dei 20.000 uomini armati di Hamas. Abu-Mazen dice di non avere responsabilità e che spetta ad Hamas trovare una soluzione.

Ci sono tutta una serie di problemi e di questioni infinite in questo accordo, ma quella più urgente riguarda gli arretrati degli stipendi. E la condizione minima per Hamas per fermare i combattimenti è fare ritorno all'accordo precedente con la riapertura degli oltre 1.500 tunnel.

Hamas ha detto di aver trovato chi paga: il Qatar. Ma Israele e le potenze occidentali con le loro varie banche - per una ragione o per un'altra, giustificata o meno - si sono rifiutate di far passare i soldi.

L'ONU si è offerta di risolvere il problema, ma Israele ha deciso di bloccare questo canale diplomatico ponendo il veto. Risultato: decine di migliaia di palestinesi a Gaza, comprese le forze militari e di sicurezza di Hamas, non prendono lo stipendio da mesi.

Visto che Hamas non impediva tutti i lanci delle organizzazioni dissidenti, Israele ha iniziato l'intensificazione del conflitto con Hamas, sfruttando il rapimento dei tre giovani coloni quale scusa (sebbene Israele abbia ufficialmente confermato recentemente che Hamas non c'entrasse nulla).

Adesso, gli Egiziani - che cercano di distruggere Hamas - si rifiutano di ritornare agli accordi precedenti all’avvento del generale Sisi, il quale ha invece deciso di strangolare la Striscia di Gaza per indurre Hamas ad arrendersi alla Autorità Palestinese.

Impaurita da questo "accordo unitario" che metteva fine alle divisioni tra i palestinesi, Israele ha iniziato la guerra nella speranza di costringere Hamas a cercare un'opzione differente. Israele favorirebbe una maggiore "apertura" con una continuazione di un governo indipendente di Hamas di Gaza, in considerazione che l'alternativa sarebbe il caos o un governo jihadista.

Sia Israele che l'Egitto non vogliono l'accordo tra Hamas e l'Autorità Palestinese: l'Egitto perché teme che Hamas possa salvarsi dal collasso totale ed Israele perché diminuirebbe la capacità di Hamas di tenere divisi i palestinesi.

Da un'angolazione surrealistica potremmo vedere questa guerra non come un conflitto tra Israele ed Hamas ma tra Israele ed Egitto. L'Egitto vuole distruggere Hamas ed Israele vuole restaurare Hamas al potere.

Traduzione a cura di FdCA - Ufficio Relazioni Internazionali.

28 luglio 2014


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