Peggio di ‘Piombo Fuso’ del 2008, già 1440 morti e 8200 feriti tra i palestinesi. Tregua, non tregua. La finzione di far la pace imposta dal mondo tra chi vuole invece la guerra. Un soldato israeliano dato per disperso: si teme sia stato rapito. Dove vogliono arrivare i due opposti estremismi?
Si avvicina a 1500 il bilancio dei morti dall’avvio dell’operazione Margine Protettivo. Un bilancio più pesante dell’operazione Piombo Fuso del 2008-2009. Secondo i dati diffusi di prima mattina dalle autorità sanitarie della Striscia di Gaza, il totale dei morti registrati si avvicina ai 1500. Almeno il 23% del totale dei morti palestinesi erano ragazzi e bambini, mentre i dati dell’Onu accreditano una larga maggioranza di vittime civili. I feriti sarebbero oltre 8200.
Chi vuole la tregua e chi dice di volerla
Non decolla neanche la tregua proposta su iniziativa egiziana, che dà luogo a insolite alleanze fra i favorevoli e i contrari, secondo schemi geopolitici a geometria variabile.
La vogliono - dichiarazioni formali - Israele, Autorità Nazionale Palestinese, Arabia Saudita, USA ed EU.
Restano critici su molto aspetti Turchia, Qatar, Iran e il movimento islamico Hamas.
Perché questa guerra asimmetrica e cosa cercano i contendenti?
Il Governo israeliano vuole demilitarizzare Hamas e le altre formazioni combattenti ritenendole organizzazioni terroristiche e quindi una minaccia permanente per la sicurezza del Paese e non partner affidabili solo perché riconciliati con l’Autorità Nazionale Palestinese.
Israele decide di proseguire la guerra sul terreno con la forza dell’Israeli Defence Forces.
Hamas vuole la fine del blocco di Gaza, circondata da cielo, terra e mare, con circa 1,8 milioni di abitanti impossibilitati a vivere, senza elettricità e infime risorse acquifere.
L’assimetria di Hamas
Dall’inizio della guerra, Tel Aviv scopre qualcosa di nuovo nel modus operandi della guerriglia palestinese, capace di reagire con lanci di razzi a lunga gittata anche dopo devastanti bombardamenti da cielo, terra e mare.
Israele impegna gli apparati “sigint” (signal intelligence) e “humint” (human intelligence) alla ricerca del Comandante delle Brigate Ezzedin al Qassam, Mohammed Deif. Ma chi è il nemico di Israele numero 1?
Mohammed Deif
Mohammed Deif nella sola foto disponibile. Nato nel campo profughi di Khan Yunis, 54 anni. |
Il pilota israeliano, Yonathan Shapira, poco tempo dopo, scrisse una lettera insieme ai compagni della missione per rinunciare al servizio militare.
Immediatamente sospesi, diventarono dei pària.
Deif è sopravvissuto a due attentati: nel 2002, a bordo di una macchina nel quartiere Sheikh Radwand di Gaza City, un elicottero Apache lanciò un missile procurandogli ferite e la perdita di un occhio.
Nel 2006 un F-16 esplose contro la sua abitazione un missile che gli troncò un braccio e una gamba.
Da allora Deif si muove su una sedia a rotelle, con il volto sempre coperto, e ha ripreso la guida delle Brigate nel novembre 2012, dopo che l’IDF ha ucciso, con un’operazione ”mirata”, Ahmed Jabari.
Le Brigate di Deif
Su posizioni radicali, sempre contrario alle tregue con Israele pur rispettandole per disciplina, Deif è praticamente invisibile a Gaza, e detta la strategia di lotta direttamente alla leadership.
Per i circa 20 mila combattenti delle Brigate è un modello da imitare e i suoi ordini non vengono mai discussi.
Per Israele, eliminarlo ridurrebbe sensibilmente la capacità reattiva di Hamas e delle altre formazioni combattenti nella Striscia.
I combattenti sono divisi in nuclei da 5 a 9 militanti, guidati da un capo, il solo autorizzato a contattare i suoi omologhi.
Le decisioni vengono assunte dalla Shura, il Consiglio di 30 persone guidato da Khaled Meshaal, Ismail Haniyeh, Musa Abu Marzuk e Mahmud Zahar.
Cosa ha scoperto Israele
La campagna di terra ha consentito a Israele di approfondire la conoscenza del mutamento strategico dei combattenti palestinesi e orientare l’adeguato contrasto.
In effetti, l’IDF scopre che le formazioni armate palestinesi adottano la guerriglia appresa da Hezb’Allah libanese nella guerra del luglio/agosto 2006:
1) costruzione di tunnel e bunker interrati per conservare armamento e preparare imboscate al nemico;
2) uso di armi anti-carro; uso di razzi a lunga gittata per arrivare a tutte le città del Paese creando un clima di insicurezza e danni economici - esempio - la forzata chiusura ai voli dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv;
3) uso di piccoli droni al momento di sola osservazione;
4) protezione delle comunicazioni realizzando linee alternative che sfuggono anche agli specialisti della cyberwar dell’Unità 8200 israeliana.
Per questo motivo l’IDF e l’aeronautica hanno bombardato e distrutto anche la centrale elettrica.
Questo rinnovato modus operandi richiede un alto livello di addestramento e, soprattutto, un’ adeguata quantità di armamento e munizionamento, che si possono acquisire solo costruendo solidi e leali rapporti con sperimentate reti combattenti.
Le rete internazionale
Per quanto riguarda l’addestramento, le numerose guerre in Libano e la presenza nel Paese di 12 campi profughi palestinesi sono fattori sufficienti a comprendere la solidarietà militante esistente da decenni con la resistenza libanese di Hezb’Allah.
D’altra parte, Imad Mughniyeh, ucciso a Damasco nel febbraio 2009 con un’autobomba presumibilmente su commissione israeliana, era un palestinese di Forza 17.
Rimasto a Beirut anche dopo il forzato esilio dell’intera componente palestinese nel 1982, ha formato, addestrato e preparato i primi e successivi quadri combattenti di Hezb’Allah.
Inoltre, la lunga permanenza in Siria della Direzione Esterna di Hamas guidata da Khaled Meshaal, del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – Comando Generale di Ahmed Jibril e del Jihad Islamico Palestinese, diretto da Ramadan Abdallah Shallah, hanno consolidato rapporti anche con le analoghe formazioni in Iran.
Per quanto riguarda l’armamento, in realtà avviene attraverso i traffici illegali da Golfo Arabico, Sinai, Mar Rosso e Sudan.
Le vere richieste di Hamas
Non è un caso, quindi, che l’aeronautica israeliana il 22 luglio – proprio nel giorno in cui il Segretario Generale di Hamas, Khaled Meshaal, incontrava il presidente Omar Bashir – abbia bombardato in Sudan un deposito di razzi iraniani destinati a Gaza.
Hamas non farà l’errore dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e dell’ANP, pronti a concedere tutto in attesa di ricevere cosa e quando la controparte deciderà di dare, ma vuole uno scambio fra pari, nel rispetto dei diritti e dei doveri reciproci.
Hamas gode di una vasta legittimazione a Gaza e in Cisgiordania per onestà personale dei suoi esponenti e per la pratica dell’assistenza ai bisognosi in termini di istruzione, alimentazione e servizi sanitari. Molto diversa da Fatah.
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