La fatidica data del 24 agosto – “l’indipendenza nazionale” – si avvicina e di ora in ora si fa più intensa l’offensiva militare lanciata contro le regioni insorte del sudest dalla giunta nazionalista di Kiev ormai quattro mesi fa. E il numero delle vittime aumenta in un già triste conteggio che appare comunque assai sottostimato per la mancanza di notizie precise sul numero effettivo dei civili morti a causa dei bombardamenti indiscriminati delle forze armate ucraine e delle bande neonaziste arruolate nella Guardia Nazionale. Anche l’esercito ucraino non ha grande interesse ad ammettere un numero troppo alto di caduti – l’altro ieri sarebbero stati 9 i militari di Kiev uccisi nei combattimenti solo a Ilovaisk – così come le milizie popolari di Donetsk e Lugansk.
Queste ultime, nonostante controllino una porzione sempre più limitata dei rispettivi oblast, stanno ritardando assai l’avanzata dei governativi che il regime di Kiev cerca di rafforzare inviando un numero sempre maggiore di soldati al fronte, arruolando a forza migliaia di coscritti poco inclini al combattimento e reclutando centinaia di volontari nelle fila dell’estrema destra inquadrati poi nei battaglioni ‘Azov’ (gli ‘uomini neri’, come si autodefiniscono), ‘Donbass’ e altri.
Le notizie che giungono dal fronte sono scarse e spesso contraddittorie. Sembra comunque che la presa di Lugansk, annunciata giorni fa trionfalmente dai comandi militari di Kiev e naturalmente rilanciata acriticamente dalla stampa internazionale, non ci sia per ora stata, e che anzi i reparti governativi che si erano infiltrati in alcuni quartieri della città martire abbiano in parte dovuto ripiegare lasciandosi alle spalle numerosi cadaveri e le rovine degli edifici bombardati e distrutti durante i furiosi combattimenti strada per strada.
Nelle ultime ore intanto i guerriglieri hanno messo a segno un nuovo colpo contro una aviazione militare ucraina che evidentemente è facile preda dei lanciarazzi a spalla vecchi ma estremamente efficaci in dotazione delle milizie popolari che sono riuscite ad abbattere un caccia SU-25 nei pressi di Lugansk. Si tratta del quarto velivolo militare governativo abbattuto in una settimana. Situazione molto dura anche a Donetsk dove, pur essendo tornata l’acqua in alcuni quartieri dopo giorni di interruzione totale, oltre 40 civili sarebbero rimasti uccisi e 30 feriti sotto le bombe dell’esercito.
Ma il tragico bilancio delle ultime 24 ore sembra tristemente destinato ad aumentare, visto che dalla serata di ieri il centro di Donetsk è stato di nuovo bersagliato da proiettili d’artiglieria, che si sono abbattuti anche sulla zona dello stadio dello Shakhtar, e le autorità comunali denunciano altri 9 morti e 13 feriti.
Si combatte ancora anche a Ilovaisk, una cittadina di 16.000 abitanti a 40 chilometri da Donetsk, che sia le truppe di Kiev sia i miliziani sostengono di controllare e che è stata ridotta ad un cumulo di macerie.
Per tentare di sviare il massacro in atto nelle regioni orientali il regime ucraino continua, con la complicità degli apparati mediatici occidentali, ad accusare quotidianamente la Russia di intervenire direttamente nella guerra civile. Dopo aver annunciato nel fine settimana che un convoglio di blindati russi – che nessuno ha mai filmato o fotografato – era stato distrutto dall’artiglieria di Kiev dopo aver oltrepassato la frontiera, ieri la Giunta ha di nuovo gridato all’invasione affermando che una colonna di carri armati e altri mezzi dell'esercito russo aveva raggiunto Lugansk oltrepassando il confine.
Se appare evidente il sostegno della Russia agli insorti con l’invio di armi e rifornimenti – meno di quelli che le Repubbliche Popolari chiedono e molti di meno di quelli che servirebbero, comunque – appare assai improbabile che Mosca intervenga direttamente nel conflitto.
Nel Donbass, aveva annunciato comunque nei giorni scorsi il nuovo premier della Repubblica Popolare di Donetsk, Aleksandr Zakharcenko, sono arrivati 1.200 volontari per rafforzare le milizie dopo essersi addestrati per quattro mesi nelle regioni russe di confine. E con loro dovrebbero esserci alcuni carri armati e altri mezzi pesanti che, secondo Zakharcenko, sarebbero stati "abbandonati dall’esercito ucraino in fuga o trovati abbandonati nelle caserme di cui ci siamo appropriati". "L’esercito ucraino - ha chiarito il premier della RPD – ne ha abbandonati molti di più di quanti riusciamo ad utilizzare per la mancanza di personale specializzato. Sto parlando di carri armati, blindati, camion, lanciarazzi Grad".
Intanto il governo dell'Ucraina ha deciso di oscurare 14 canali televisivi russi o gestiti da compagnie russe anche se di base in altre paesi, fra cui il canale all news in lingua inglese 'Russia Today', accusati naturalmente di "diffondere propaganda di guerra e di violenza". "Come paese sovrano indipendente, l'Ucraina può e deve proteggere il suo spazio mediatico da aggressioni provenienti dalla Russia che incitano deliberatamente gli ucraini all'odio e alla discordia", ha scritto su Fb un portavoce del ministero degli Interni di Kiev, Anton Gerashchenko.
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