Nuova impennata della tensione negli ultimi giorni nel Kurdistan turco dove si susseguono le manifestazioni e gli scontri tra gli attivisti e i simpatizzanti del movimento di liberazione curdo e le forze di sicurezza. Dopo l’uccisione nella località di Lice di un giovane manifestante curdo colpito da un proiettile alla testa sparato da un soldato turco, ieri anche un militare delle forze armate di Ankara è morto nel Kurdistan occupato dalla Turchia.
Secondo i media turchi gli autori dell’agguato sarebbero i guerriglieri del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) che nel marzo del 2013 avevano proclamato una tregua unilaterale con Ankara nel quadro del processo negoziale avviato nel dicembre 2012 dal loro leader storico Abdullah Ocalan. L’organizzazione guerrigliera ha però sospeso il ritiro dei suoi combattenti dal Kurdistan turco come concordato dopo che il premier liberal-islamista Recep Tayyip Erdogan ha dimostrato di non voler avviare nessun vero negoziato con i curdi e anzi ha iniziato la costruzione di numerosi presidi militari nelle zone dalle quali i guerriglieri si stavano ritirando.
Un altro militare turco era morto a causa di una grave ferita che si era inflitto per errore nel corso degli scontri di Lice quando polizia ed esercito in assetto antisommossa avevano attaccato migliaia di manifestanti che protestavano contro la demolizione della statua di Mahsum Korkmaz, uno dei fondatori del movimento guerrigliero curdo in Turchia, esattamente 30 anni fa (la prima azione armata del Pkk risale infatti al 15 agosto del 1984).
La situazione è di nuovo degenerata proprio mentre il governo di Ankara affermava di essere favorevole all'apertura di negoziati "diretti" con lo stato maggiore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan. In un'intervista concessa al canale televisivo Ntv, il vice primo ministro turco Besir Atalay ha affermato la necessità di estendere i negoziati in corso con Abdullah Ocalan (da anni in isolamento nell’isola-carcere di Imrali), anche all’intera direzione del Pkk. "Vorrei che la nostra nuova delegazione possa incontrare direttamente quella di Kandil", (località del Kurdistan iracheno dove la leadership della guerriglia sarebbe rifugiata) ha dichiarato Atalay.
Ma la guerriglia e i partiti curdi giudicano più che insufficienti i pochi gesti delle autorità turche – alcune misure poco più che simboliche nel campo linguistico – in favore dei diritti di quindici milioni di appartenenti a una nazione senza stato divisa tra cinque diversi paesi.
Secondo il vicepremier Besir Atalay i morti di Lice e l’uccisione di un soldato da parte della guerriglia non devono mettere in discussione il processo negoziale che anzi va rafforzato: "E' stata una provocazione, i provocatori sono ovunque" ha detto l’esponente dell’Akp.
La sensazione è che il rafforzamento del Kurdistan iracheno da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea nel tentativo di bloccare l’avanzata in Iraq delle bande dello Stato Islamico – che Ankara ha a lungo sostenuto, finanziato e addestrato – stia convincendo il governo Erdogan della necessità di correre ai ripari per impedire un effetto domino anche nel Kurdistan turco. Di qui la volontà di avviare trattative per la concessione di alcune delle richieste storiche 'meno compromettenti' del movimento di liberazione curdo per evitare che il Pkk e i partiti curdi di Turchia impongano una autonomia di fatto da Ankara che l’establishment turco considera una sciagura. E che se sommata all'autonomia conquistata con le armi dai curdi siriani contro i ribelli islamisti dell'Isis e del Fronte Al Nusra potrebbe configurare il nucleo di un futuro stato curdo indipendente che comunque né l'Unione Europea né tantomeno Washington hanno la minima intenzione di favorire.
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