Al confine tra Libano e Israele la tensione resta alta dopo il raid
aereo che ad inizio settimana ha ucciso 12 persone nella Siria
meridionale, vicino Quneitra, a ridosso del Golan occupato, tra le quali
il comandante militare regionale di Hezbollah, Mohammed Issa, un
giovane alto ufficiale del movimento sciita, Jihad Mughniyeh (figlio
dello storico capo della guerriglia di Hezbollah, Imad Mughniyeh
assassinato), e un importante generale della Guardia
rivoluzionaria iraniana, Mohammad Ali Allahadadi. Proprio Allahdadi,
secondo la stampa araba, era l’obiettivo principale dell’attacco
israeliano, e non come si era pensato, subito dopo il raid aereo, Jihad
Mughniyeh.
Israele, ha scritto il quotidiano kuwaitiano al Rai,
sapeva della presenza di Allahadadi nel convoglio in perlustrazione
nella zona di Quneitra, e uccidendolo, aggiunge il giornale, ha mandato
un messaggio molto chiaro a Tehran, impegnata assieme a Hezbollah a
sostenere le forze armate governative nella guerra civile in Siria. Secondo
Al Rai i servizi segreti israeliani hanno appreso della presenza del
generale iraniano 90 minuti prima dell’attacco, un tempo sufficiente per
decidere un piano di attacco. Probabilmente hanno saputo della partenza
di Allahadadi da Damasco, avvenuta un’ora e mezza prima del raid aereo.
Il giornale non lo ha scritto ma è non azzardato ipotizzare che
l’intelligence israeliana si sia avvalsa di informazioni in tempo reale
fornite da collaborazionisti. Israele, dopo l’inizio della guerra
civile, non deve aver avuto difficoltà a trovare nuovi numerosi
informatori in Siria. Di recente gli osservatori delle Nazioni Unite
dispiegati sulle Alture del Golan, hanno riferito che l’esercito
israeliano mantiene contatti stabili con le forze “ribelli” anti Bashar
Assad che controllano in parte l’area a ridosso delle linee di
armistizio del 1973-74, tra lo Stato ebraico e la Siria.
La prossima settimana il leader di
Hezbollah, Hassan Nasrallah, pronuncerà un discorso pubblico sui
“martiri di Quneitra”, per ribadire la determinazione del suo movimento
di vendicarsi dell’attacco subito. Per il momento Hezbollah non può far
altro che giurare che risponderà al raid israeliano. L’Iran fa
altrettanto – ieri un comandante della Guardia Rivoluzionaria ha
ricordato che il suo paese è in possesso di missili Shihab, in grado di
colpire in profondità Israele – e, allo stesso tempo, annuncia che
armerà i palestinesi in Cisgiordania. «I sionisti riceveranno una
risposta schiacciante a suo tempo e luogo – ha avvertito il ministro
della Difesa iraniano, Hossein Dehqan – armare la resistenza palestinese
è una priorità della politica della Repubblica islamica, la quale userà
ogni mezzo e ogni capacità per questo fine». Proposito che si
scontra con i rigidissimi controlli israeliani sul territorio, sullo
spazio aereo e lungo i confini. La guerra di parole comunque non
dispiace al governo israeliano che ha ordinato a centinaia di migliaia
di abitanti dell’alta Galilea di restare vicini ai rifugi mentre
l’esercito ha elevato al massimo lo stato di allerta al confine del
Libano. In realtà Israele sa che Hezbollah la vendetta la servirà fredda
e sicuramente non con il lancio di razzi dal sud del Paese e non con
attacchi in massa lungo la frontiera, perchè gli fornirebbero il motivo
per lanciare una offensiva contro il Paese dei Cedri, secondo round
della guerra del 2006. Tel Aviv continua a mantenere il riserbo
sull’accaduto. «Per quel che ne so – ha commentato con sarcasmo il
ministro degli esteri Lieberman – l’esercito israeliano non c’entra. Il
raid sarà stato forse opera dell’esercito del Lussemburgo o del
Liechtenstein... Se sono andati in Cielo – il ministro ha irriso gli uccisi
– non c’è da rattristarsi».
Il confronto tra Tel Aviv e Tehran si svolge ovunque. A cominciare dal Congresso americano a guida repubblicana che, contro la linea dell’Amministrazione Obama, intende approvare nuove sanzioni contro l’Iran, incurante del momento delicato per le trattative in corso tra Occidente e Tehran sulla produzione nucleare iraniana. Il governo israeliano senza dubbio desidera queste sanzioni. Il prossimo 3 marzo il premier Netanyahu, invitato (aggirando la Casa Bianca) a parlare davanti al Senato Usa, motiverà il suo appoggio alle nuove possibili sanzioni americane conto Tehran. A sorpresa però proprio il Mossad, il servizio segreto israeliano, non sarebbe convinto della necessità di queste ulteriori misure punitive e lo avrebbe fatto sapere ai membri del Congresso. Lo ha riferito l’agenzia americana Bloomberg. Poco convincente la smentita giunta ieri dai vertici del Mossad stesso.
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