Non solo paralisi politica, ma anche secessione e la rapida avanzata
di al-Qaeda. Sono gli spettri che inseguono le autorità yemenite ora che
le istituzioni sono state occupate dai ribelli Houthi e il presidente
Abd Rabbo Mansur Hadi, assieme al premier Khalid Bahah, ha presentato le
proprie dimissioni giovedì scorso, dimissioni che il Parlamento per
legge deve approvare, ma la cui sessione è stata posposta per la seconda
volta.
Il dialogo tra le parti, infatti, si è interrotto ieri a
causa del rifiuto dei tre maggiori partiti yemeniti – gli islamisti di
al-Islah, il partito socialista e quello nasserista, tutti vicini al
presidente, ndr – di continuare a negoziare con gli Houthi sulle dimissioni di Hadi e il rimpasto di governo.
Mohamed Qabati, portavoce delle tre formazioni, ha accusato gli Houthi
di aver rinnegato il precedente accordo per respingere le dimissioni di
Hadi, oltre ad aver represso con la forza la manifestazione contro di
loro organizzata sabato scorso a Sanaa, fermando alcuni attivisti e due
giornalisti, rilasciati a condizione di non coprire gli eventi del
corteo.
Visto il vuoto politico presente a Sanaa, il movimento
indipendentista del sud ha preso il controllo di sei posti di blocco ad
Ataq, la capitale della provincia meridionale di Shabwa, dopo che le
autorità di Aden e di altre città del Sud avevano annunciato che non
avrebbero più obbedito agli ordini del governo. Come riporta l’agenzia Reuters,
una commissione preposta alla sicurezza in quattro province del sud,
tra cui l’ex capitale del sud dello Yemen Aden, ha incaricato le truppe
e la polizia di prendere ordini solo dai governatori provinciali e dal
quarto comando regionale militare di Aden.
E del vuoto politico ha approfittato soprattutto al-Qaeda, che ha
attaccato questa mattina un posto di blocco di Mahfad, nella provincia
meridionale di Abyan, uccidendo un soldato e ferendone altri due. L’attacco
è giunto nel momento in cui Washington ha interrotto o ridotto, stando alle
parole di alcuni funzionari americani anonimi, le sue operazioni
anti-terroristiche contro le basi di al-Qaeda a causa di quello che i
media internazionali hanno definito un “colpo di stato”, ma che si presenta piuttosto come una forma di pressione manu militari sulle decisioni del governo che portino le autorità a rispettare il processo di inclusione degli Houthi nelle istituzioni.
La strategia antiterroristica statunitense in Yemen, che ha
sollevato molte critiche per l’alto numero di vittime dei droni tra la
popolazione civile e per gli scarsi risultati che sta ottenendo
– gli attentatori di Parigi erano stati addestrati proprio in Yemen da
al-Qaeda, ndr – è stata difesa ieri dal presidente americano Barack
Obama in visita in India: “Non è pulita né semplice – ha dichiarato
Obama in una conferenza stampa a News Delhi – ma è la migliore opzione
che abbiamo”. L’alternativa, di cui si è discusso anche nei giorni
scorsi, era il dispiegamento di truppe Usa nel Paese, una strategia che
Obama ha definito “non sostenibile”.
Fonte
Imperialismo a costo zero, il fallimento in politica estera delle due amministrazioni Obama sta tutto in questo "paradosso".
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