Makis Voridis immortalato negli anni '80 armato di un'ascia durante un'azione squadrista alla quale partecipava |
Non ci sta proprio Nuova Democrazia a perdere lo scettro del comando e i toni della campagna elettorale greca, man mano che la data del voto si avvicinava e i sondaggi confermavano il primato di Syriza, si sono infiammati. Con chiari riferimenti da parte dei leader del centrodestra a vecchie ferite mai chiuse del tutto, come quelle risalenti alla guerra civile del 1946-49, o all’epoca della dittatura militare fascista degli anni ’70.
Il messaggio che Samaras e la classe dirigente di Nea Dimokratia hanno voluto mandare al popolo greco è stato duplice. Da una parte la promessa che, dopo aver applicato senza colpo ferire una cura da cavallo a suon di tagli, licenziamenti, privatizzazioni e quant’altro, se il centrodestra vincerà invertirà la tendenza ("domenica vinceremo, chiuderemo il memorandum con la Troika e la Grecia potrà davvero voltar pagina" ha sentenziato il premier nel suo ultimo comizio).
Dall’altra toni allarmistici nei confronti di un “pericolo rosso” che, sinceramente, associato alla sempre più moderata e rassicurante Syriza ha fatto poca breccia nell’elettorato.
Ha iniziato il ministro della Sanità, Makis Voridis, tuonando nel corso di un comizio che “Non è possibile che il comunismo ritorni in questo paese. Non permetteremo che prendano il potere quelli che i nostri padri e i nostri nonni hanno sconfitto con le armi».
Seguito da Adonis Georgiadis, ora presidente del gruppo parlamentare di Nuova Democrazia e predecessore di Voridis ad uno dei dicasteri che più ha tagliato negli ultimi anni, condannando centinaia di migliaia di greci a non potersi permettere cure mediche sufficienti e adeguate. «I rossi non andranno al governo mai, mai, mai, mai! Non lo permetteremo mai» ha urlato nel corso di un suo intervento.
Nella propaganda di Nea Dimokratia, sempre più becera man mano che la sconfitta diventava probabile, si è cominciato esplicitamente a parlare del pericolo che la Grecia, se vincono “i rossi”, diventi come Cuba o addirittura la Corea del Nord.
"Se vincono accentreranno tutto il potere sotto il cappello di un premier come nella Corea del Nord. Vogliono farsi un loro esercito, uccideranno l'economia e metteranno le mani nei conti correnti dei cittadini - ha detto Samaras nel corso di un comizio a Patrasso, terza città del paese - Promettono un taglio del debito che sanno di non poter ottenere".
Non meno azzeccato è stato invece lo spot del partito di governo che mostra una situazione catastrofica in caso di vittoria di Syriza: negozi chiusi, strade deserte, gente indigente e sofferente. In molti hanno notato che più o meno è la situazione di adesso, e che al governo negli ultimi anni non ci sono stati certo i “rossi”.
Chi può credere a una propaganda così bieca? Forse non il più avvertito elettorato urbano, ma esiste una ‘Grecia profonda”, sensibile a certi richiami e a certi argomenti, sulla quale il bieco messaggio può far presa. A parte la necessità di sobillare le paure di un popolo greco che, messo male, teme che il cambiamento peggiori e non migliori la situazione, nel partito di Samaras esistono settori apertamente di destra ereditati dal regime dei colonnelli e caratterizzati da una cultura reazionaria, nazionalista e fortemente anticomunista. Settori che hanno trovato uno spazio discreto nella propaganda ufficiale del partito sulla base della necessità di attrarre il voto dell’elettorato che negli ultimi anni si è diviso tra i reazionari ortodossi di Laos e i neonazisti di Chrysi Avghì. Cooptando e assimilando in parte il linguaggio e il messaggio dell’estrema destra dura e pura – data in discreta discesa dai sondaggi – Nea Dimokratia spera di attirarne quanti più elettori possibile in nome dell’argine da garantire contro l’avanzata delle odiate sinistre.
"Non disperdete la vostra scheda sui piccoli partiti: l'unico modo per evitare che Atene precipiti nel caos è dare la preferenza a Nea Demokratia" ha detto Samaras facendo appello al ‘voto utile’.
D’altronde molti degli uomini di Samaras – il già citato Voridis, ex picchiatore e poi dirigente del Laos, oppure Failos Kranidiotis – non nascondono né un’identità politica oltranzista né legami forti e diretti con le organizzazioni fasciste vecchie e nuove. Ricorda Dimitri Deliolanes in un articolo pubblicato su Il Manifesto che dal Laos proviene anche Adonis, editore di un libello antisemita di Kostas Plevris, “il famigerato uomo dei colonnelli in Italia, in rapporti con Ordine Nuovo all’epoca dello stragismo. Ma anche il figlio di Plvris, Thanos, è ora candidato di Nuova Democrazia e loda apertamente il regime dittatoriale di Ioannis Metaxas”.
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