Va bene che la politica monetaria subisce il destino di ogni politica, essere oggetto di luoghi comuni per sfuggirgli regolarmente, ma con l’acquisto di bond e di asset bancari da parte della Bce, sostanzialmente detto quantitative easing (QE), sembra che si esageri.
Secondo come lo guardi, il QE non serve affatto all’economia. Viene da dire, anche sbrigativamente, che se il problema principale era rilanciare l’economia produttiva bastava finanziare la banca europea degli investimenti. Magari con un importo pari a quello creato (è la parola giusta) dalla Bce e lo stimolo all’economia sarebbe avvenuto. Poi se fosse fallito, come il piano Obama del 2010, perché nell’economia di oggi investire anche con queste cifre non dà ritorni automatici, sarebbe stata altra questione. Come, se si va a guardare nell’universo bancario (colpevolmente trascurato dalla politica dal basso ancora ferma a luoghi comuni sulle banche già logori giusto un quindicennio fa) si comprende che il QE non tocca la possibilità di indebitamento delle banche, e quindi la sua capacità di prestito all’economia “reale”. Basilea 3, l’accordo vigente sui criteri di governance bancaria continentale, in ogni caso garantirebbe alle banche, tra cui alcune importanti italiane, una sufficiente capacità di indebitamento verso l’economia “reale”. Se solo ci fosse un’economia in Italia, naturalmente.
C’è poi la questione della portata del QE rispetto al Pil. Una volta finito il QE nel 2016, se sarà rispettata questa data, si sarà operato per un valore pari al 7% del Pil. Contro il 20% del QE britannico che effetti nell’economia produttiva, per quanto qui si paragonino strutture economiche diverse, ne ha prodotti. Un QE, quindi, non decisivo per la “ripresa” economica e nemmeno così stimolante per i prestiti bancari. E si parla di un settore, una volta messe a ristrutturazione la banche popolari con i recenti provvedimenti chiesti da Draghi, dove i soggetti forti e transnazionali ovviamente si candidano ad essere gli unici attori in campo alla faccia del credito sui territori.
Il QE è allora nemico della Germania? No, o meglio non in modo così clamoroso oppure solo dal punto di vista di chi, in Germania, ha bisogno di un euro forte. Ma sono cose che si superano, visto che il Dax di Francoforte è decollato alla notizia del QE, e che la Bce comprerà titoli tedeschi in maggior parte proprio nel piano di acquisti di bond. Finanziando così il debito pubblico della Germania aggiungendo salute finanziaria a salute finanziaria. Eppure è la stessa Deutsche Bank, un grande deposito di titoli tossici del pianeta, a dubitare delle misure di Draghi. Anzi Deutsche Bank teme, ufficialmente ed esplicitamente, che vada a finire come in Giappone. Dove ad una serie di QE particolarmente forti ha fatto seguito il segno meno della crescita economica. E c’è anche chi giura, come gli analisti dei Société Générale (di un paese pieno di banche tossiche tra cui la bomba Crédit Agricole) che se la Bce facesse un QE grande il triplo di quanto previsto allora il rapporto tra debito sovrano, credito ed economia cambierebbe davvero in positivo.
Insomma, un QE inutile? Non è così. I 1000 miliardi del LTRO, immessi dalla BCE nel sistema bancario a fine 2011, sono serviti a impedire una implosione dei prestiti interbancari, e non solo, che avrebbe sinistrato l’Europa. Le frasi del 2012, sulla Bce disposta a tutto per salvare l’euro, hanno avuto effetto dissuasivo verso i mercati finanziari. Il QE del 2015 servirà alle borse, come è accaduto al Dax, alla finanza che tratta prodotti come gli ABS (cartolarizzazioni bancarie del tipo che ha dato vita alla vicenda Lehman ma su questo è meglio glissare). E il calo dell’euro nutrirà un po’ di esportazioni, indubbiamente. Non ci sarà la svolta economico-finanziaria continentale ma, queste sono le intenzioni della Bce poi vedremo gli effetti in un mondo difficile e complesso come questo, la situazione sarà congelata.
Insomma, siamo nel pieno delle Zombie Economics, come le chiama John Quiggin: operazioni, come quella del QE, che servono a tenere un sistema economico e finanziario in stato di vita apparente. Sempre finché dura e se qualche bolla a giro del pianeta o un rialzo dei tassi della Fed non spinga capitali verso gli Usa. In fondo è la scommessa degli svizzeri nel momento in cui hanno sganciato la loro moneta dall’euro. Certo, Draghi parla di Bce che da sola non può fare politica economica ma solo monetaria. Ma non la dice tutta: nell’Europa di oggi la sola politica economica è quella monetaria. Come da ortodossia liberista: governo della moneta da parte delle banche centrali, nemmeno i governi figuriamoci i partiti o tantomeno i popoli, che si coordinano tra loro, dialogando con i grandi fondi di investimento; regole di governance, privatizzazioni e al resto ci pensa il fato.
A sette anni dal botto di Lehman Brothers, la Bce di Draghi ci mostra che i passi in avanti dell’Europa sono solo apparenti. Come lo è la vita della Zombie Economy. Il mistero celeste della Bce si risolve nello svelamento del suo unico vero scopo: mantenere in vita apparente l’intera Europa. Il resto del continente parli pure di politica e come preferisce: moderato, populista, politicamente corretto o scorretto. La gabbia d’acciaio della governance monetaria rimane li’ oscura, inconoscibile alla sfera pubblica e, per adesso, inattaccabile.
Redazione, 23 gennaio 2015
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