L’attentato al Corinthia hotel di ieri, in cui hanno perso la vita
almeno 11 persone, rischia di distruggere il fragile negoziato
intavolato due settimane fa a Ginevra tra i due governi paralleli
libici: se l’attacco è stato rivendicato questa mattina dallo “Stato
Islamico nella provincia di Tripoli”, cellula jihadista affiliata
all’Isis e già nota alle cronache per l’attacco condotto contro
l’ambasciata algerina a Tripoli, il capo del Governo Nazionale della
Salvezza tripolino e leader della coalizione “Libya Dawn” Omar al-Hassi
ha puntato invece il dito contro il suo omologo di Tobruk, Abdullah
al-Thani, e contro il suo capo dell’esercito, Khalifa Haftar.
Hassi, che accusa al-Thani e Haftar di essere stati aiutati
dall’intelligence egiziana, ha rilasciato un’intervista telefonica al
quotidiano Bloomberg in cui dichiarava che i suoi servizi
segreti fossero sicuri che gli account sui social media dello Stato
Islamico a Tripoli, da cui sono partite le rivendicazioni dell’attentato
di ieri, non fossero fonti autentiche. Dietro lo Stato islamico, secondo Hassi, si nasconderebbe il governo di Tobruk, che avrebbe organizzato questa azione “per cercare
di dimostrare – ha dichiarato Hassi – che c’è instabilità nella
capitale, dove invece abbiamo fornito la stabilità ai residenti, e di
dare l’impressione che le organizzazioni terroristiche siano in grado di
operare a Tripoli”.
Accuse non proprio prive di fondamento, dal momento che Hassi si
trova spesso all’interno del lussuoso albergo tripolino di proprietà
maltese, sede di incontri del governo con la diplomazia internazionale e
di discussioni con società legate al mercato petrolifero: era lì anche
ieri quando tre attentatori, dopo aver azionato un’autobomba
davanti all’ingresso dell’hotel, si sono precipitati all’interno
sparando all’impazzata nella hall. Mentre cinque guardie morivano
assieme a un rappresentante americano della sicurezza privata, un
francese e tre tagiki – e gli attentatori, circondati, si facevano
esplodere al 24esimo piano dell’edificio - il premier Hassi,
come ha dichiarato il portavoce dei servizi di sicurezza Issam al-Naass,
veniva trasportato fuori dalla struttura.
Le notizie riguardo alla presenza del capo del governo di Tripoli
nella struttura al momento dell’attentato sono contraddittorie, ma resta
il fatto che l’hotel, lo stesso in cui nell’ottobre del 2013 l’allora
primo ministro libico Ali Zeidan venne sequestrato da un commando per
poi essere rilasciato, è diventato il quartier generale del governo di
Tripoli da quando è scoppiata la guerra tra le coalizioni di milizie che
sta lacerando il Paese.
C’è un governo nella capitale Tripoli, dominato da Lybia Dawn
e sostenuto da Qatar e Turchia che include moderati e fazioni islamiste
più estremiste, insieme con milizie tribali e locali. L’altro
esecutivo, quello approvato internazionalmente ma dichiarato
“incostituzionale” dalla Corte Suprema qualche mese fa, è fuggito a
Tobruk quando Lybia Dawn ha occupato la capitale, lo scorso
agosto, ed è sostenuto da parte dei parlamentari eletti l’anno scorso. A
dare man forte a questo governo ci sono anche le milizie che puntano
all’indipendenza regionale, alcune formazioni una volta legate al
colonnello Muammar Gheddafi e altri gruppi islamisti.
Le accuse del governo di Tripoli, sostenute anche dalle autorità
maltesi, si scontrano con la rivendicazione dell’attentato di ieri da
parte di una cellula dell’Isis, condotto contro ”obiettivi stranieri
presenti all’interno dell’hotel” per vendicare la morte in carcere negli
Stati Uniti lo scorso 2 gennaio di Abu Anas al-Libi, l’organizzatore
degli attentati contro le ambasciate statunitensi in Tanzania e Kenya
nel 1998 in cui persero la vita 200 persone. Se è vero che il
Califfato ha già una solida base a Derna e punta a espandersi su tutta
la costa libica da dove, secondo un rapporto diffuso dall’Isis stesso,
potrebbe “raggiungere facilmente l’Europa meridionale”, è anche vero che
il governo di Tobruk ha in passato chiesto agli Stati Uniti di
intervenire militarmente per schiacciare le milizie rivali. Il
tavolo di Ginevra sembra sul punto di crollare, le parti non sembrano
voler collaborare – “Il processo di Leon [il funzionario Onu che guida i
colloqui tra le due parti, ndr] non ha le persone giuste al tavolo”, ha
detto Hassi a Bloomberg – e lo spettro della ripresa della guerra civile appare sempre più vicino.
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