In questi giorni sono usciti molti articoli sul nuovo governo greco e in particolare su alcuni suoi componenti. La maggior parte di questi articoli si è concentrata su aspetti di costume e non sulla sostanza, ossia su quali politiche economiche potrà mettere in atto la nuova compagine governativa.
Abbiamo quindi intervistato Joseph Halevi, professore di economia presso l'Università di Sydney, che ben conosce Yanis Varoufakis, neo ministro delle finanze in Grecia, di cui è amico e con cui ha anche scritto un libro (insieme a Nicholas Theocarakis): “Modern Political Economy: making sense of the post-2008 world” (Routledge).
Noi Restiamo: ci dai un giudizio sul risultato delle recenti elezioni in Grecia?
Joseph Halevi: il mio giudizio è essenzialmente positivo. C'è ovviamente un problema dovuto al fatto che Syriza ha delle posizioni molto eterogenee. Però voglio dire che l'esigenza che nasceva dalla crisi del Pasok ovviamente ha trovato sbocco in Syriza. Non poteva trovare sbocco nel KKE (partito comunista greco), impossibile. Per scegliere il partito comunista greco bisognava essere ideologicamente strutturati, e la popolazione che usciva dalla crisi del Pasok non lo era. Quindi il mio giudizio è sostanzialmente positivo, anche se a me Syriza non piace moltissimo.
NR: ha dei limiti come impostazione del partito, ricorda un po' SEL per certi punti di vista.
JH: sì, anche se ovviamente in modo più serio. La componente centrale, quella che l’ha fondata seriamente, sono i comunisti del partito comunista dell’interno, che erano gli euro-comunisti, che si sono scissi dal KKE teoricamente dopo l’intervento sovietico in Cecoslovacchia. Il KKE, comunque, negli ultimi 40/50 anni, non ha mai modificato la sua analisi sul sistema capitalistico, che è sempre quella sovietica: capitalismo monopolistico etc. Poi, sull’Unione Sovietica loro hanno riflettuto, e sono arrivati alla conclusione, basta andare sul loro sito per leggerlo, che l’Unione Sovietica è caduta perché hanno cercato di affrontare i problemi per via capitalistica. Se invece fossero rimasti all’interno dello schema socialista, non ci sarebbe stata questa crisi, questo crollo. Un approccio estremamente schematico: non analizza il perché il partito comunista sovietico sia andato in quella direzione, né un sacco di altri aspetti. Quindi anche se tendenzialmente hanno la mia simpatia, allo stesso tempo sono di un settarismo totale.
NR: Il problema principale di Syriza adesso è che, pur essendo partiti subito con una serie di proposte anche abbastanza interessanti, come l’aumento del salario minimo o il ripristino di una serie di condizioni di vita a livelli precedenti le imposizioni della Troika, si trovano in una posizione molto delicata per via del fardello del debito. Secondo te quanto spazio di manovra c’è per il nuovo governo greco?
JH: Nessuno. E lo sanno. Quindi dovranno andare allo scontro. E lì si vedrà come agirà Syriza, al cui interno c'è la componente eurocomunista e non solo, c'è anche gente che ha lasciato il KKE successivamente. Questa componente è più possibilista sul debito, nel senso che sono per accettare dei compromessi invece che andare alla rottura. Questo potrebbe provocare problemi interni seri a Syriza.
NR: quando tu dici andare allo scontro cosa intendi?
JH: per scontro intendo la linea di Yanis Varoufakis. Quella è giustissima. Ossia fare default ma restando nell'eurozona.
NR: Quindi secondo Varoufakis è possibile fare default rimanendo nell'Eurozona?
JH: Certo, non paghi e basta. Mica devi uscire, nessuno ti obbliga ad uscire e loro non ti possono cacciare. Questo non lo capiscono coloro che parlano di “Grexit”, e nemmeno i Tedeschi che dicono: ah allora te ne vai. Nessuno può cacciare la Grecia, nessuno può cacciare nessun paese dalla zona euro. Quindi Yanis dice: va bene, se loro non vogliono accettare dei compromessi noi dichiariamo il default stando nella zona euro, vediamo un po' che succede. L'ha scritto anche sul suo blog, spesso.
NR: Visto che lo abbiamo citato, in conclusione due battute sul nuovo governo. Tu conosci bene Varoufakis, con cui hai anche scritto un libro, ma ci sono anche altre figure interessanti, ad esempio Rania Antonopoulos dovrebbe occuparsi di lavoro.
JH: Sì, questo è un governo molto moderno, gente che veramente conosce il mondo, e non conosce il mondo dei banchieri. Tra l'altro la Grecia è molto meno provinciale dell'Italia, poiché in Grecia anche la borghesia è emigrata, non soltanto il popolo (diciamo il popolo delle isole, i contadini semi-analfabeti) degli anni Cinquanta. In Italia la borghesia è sempre stata stanziale: solo adesso la gente di origine middle-class si muove, emigra. La borghesia italiana è stata stanziale al massimo, provincialissima, magari perché ricca, sicura di sé; mentre in Grecia no, la borghesia parla molte lingue, nei dipartimenti delle facoltà universitarie greche c'è gente che si è formata in Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Germania, e anche in Russia. E' gente che ha viaggiato vivendo in altri paesi, non vivendo da persone importanti – diciamo non come i Giavazzi, che vanno al MIT – ma dovendo cercare lavoro, vivendo veramente in altri paesi.
Però il punto centrale, la persona cruciale lì è proprio Yanis Varoufakis. Yanis ha sviluppato questo “algoritmo”: è inutile che gli andiamo a dire che usciamo dall'euro - che, secondo Yanis, potrebbe essere un ulteriore disastro - è inutile andare a chiedere di fare politiche keynesiane, tanto in Europa non ci sentono da questo orecchio.
Bisogna partire da questo presupposto per fare delle proposte: una sulla questione della mutualizzazione di una parte del debito, la quota prevista da Maastricht, come più volte ha detto. L'altra sul fatto che si debbano attivare tutte quelle istituzioni che in Europa sono preposte alla spesa, come la Banca Europea degli investimenti. La devono sganciare dal fatto che ogni volta che la banca europea degli investimenti fa una spesa viene addebitata ad uno stato. E' letta come spesa pubblica.
Quindi questa è la sua idea: noi facciamo questa proposta, se si rifiutano sta a loro sostenere le conseguenze (ossia un default della Grecia).
NR: la maggior parte degli articoli usciti in questi giorni su Varoufakis hanno molto calcato la mano sull’aspetto, come dire, della personalità e della figura. Il “Manifesto” l'ha definito con entusiasmo un economista marxista. A noi francamente più che marxista Varoufakis sembra un keynesiano di sinistra, se vogliamo.
JH: Ma lui non è da questo punto di vista una persona semplice, non è accademicamente marxista, è - a mio avviso - strategicamente più leninista che marxista, perché sotto molti aspetti ha una concezione propria del giocare sui rapporti di forza. E di trovare i limiti degli avversari, da questo punto di vista ha molto assorbito la teoria dei giochi.
Yanis viene da una famiglia resistenziale, il padre ha fatto anni di prigione, era già formato politicamente quando si è trasferito in Gran Bretagna. La Grecia è un paese come l'Italia, dove marxista significa essere militante, non puoi fare il marxista accademico e basta.
Marxista è un sistema di idee che hai, poi fai altre cose, puoi anche fare il geometra.
Varoufakis ha fatto l'economista, studiando la teoria dei giochi. Gli piaceva, perché prevedeva la possibilità del conflitto. Poi è arrivato ad una visione critica, e qui il suo contributo è molto importante. Ha una critica della teoria dei giochi che è tanto forte quanto la critica sraffiana alla teoria neoclassica. Inoltre lui è andato avanti epistemologicamente, al di là della caccia all'errore, che è insufficiente e anche sterile. Lui è andato alla radice, ossia ha fatto una critica dell’economia individualistica.
Da questo punto di vista è molto più importante di quanto si creda. E lasciatemi dire che trovo veramente molto provinciale, piccolo-borghese che la maggior parte dei quotidiani italiani si sia concentrata su aspetti esteriori come il fatto che Varoufakis non porti la cravatta.
Anche la sua collaborazione con la Valve corporation è stata derubricata come consulenza ad una società che produce videogiochi. In realtà questa azienda si occupa di vendita di beni virtuali, Yanis era stato assunto per collaborare alla creazione di firewall che impedissero la nascita di bolle finanziarie virtuali, e questa esperienza gli ha dato una conoscenza di sistemi di moneta virtuale, su cui ha anche scritto, come “bitcoin” che gente come Visco o Padoan non potrà mai avere.
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