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23/01/2015

IRAN. La strategia di Netanyahu passa per il Congresso Usa

L’attacco di Benjamin Netanyahu all’Iran non passa solo per i missili, ma soprattutto per la diplomazia. Infuriato con l’amministrazione Obama che da oltre un anno tenta di trattare con l’odiatissima Repubblica islamica il destino del suo programma nucleare e il conseguente congelamento delle sanzioni, il primo ministro israeliano ora tenta il tutto per tutto alleandosi con il Congresso americano, anch’esso da mesi impegnato a sabotare il negoziato sul nucleare con la preparazione di nuove sanzioni.

Per questo il premier israeliano è stato invitato il prossimo 11 febbraio a fare un discorso al Congresso sulle “gravi minacce che il radicalismo islamico e l’Iran pongono alla nostra sicurezza e al nostro modo di vivere”. Parola di John Boehner, presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, Repubblicano doc che, forte della riconquista del Congresso da parte del suo partito nelle ultime elezioni di mid-term, ha pensato bene di non consultarsi con il presidente Obama sull’invito da inoltrare a un capo di Stato che, di regola, spetta alla Casa Bianca. E ha chiamato il suo alleato Netanyahu.

“Il protocollo  – ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest – suggerisce che il leader di un paese dovrebbe contattare il leader di un altro paese quando vi ha in programma un viaggio. Questo particolare evento sembra discostarsi da tale protocollo”. Di tutt’altro parere l’autore dell’invito che, interrogato da un giornalista sul fatto che il gesto fosse un “pugno nell’occhio” a Obama, ha candidamente dichiarato che “il Congresso può prendere questa decisione da solo. Non credo di star dando un pugno nell’occhio a nessuno”.

A monte, oltre alla ben nota tensione tra il presidente americano e il leader israeliano – che con i repubblicani condivide soprattutto la retorica anti-iraniana – sta il discorso di ieri di Obama sullo Stato dell’Unione, in cui ha promesso di porre il veto a qualsiasi legislazione approvata dal Congresso per inasprire le sanzioni contro l’Iran, mentre Washington e le altre potenze sono impegnate a negoziare con Teheran sul suo programma nucleare fino alla fine di giugno.

Il Congresso, che durante i mesi di colloqui a Ginevra sul nucleare iraniano si è mostrato sempre contrario al compromesso con Teheran rappresentato dall’alleggerimento delle sanzioni, si è impegnato piuttosto a minacciare Teheran – e Obama – di inasprirle. Il braccio di ferro tra Obama e il Congresso sulle sanzioni alla Repubblica islamica si gioca a colpi di sottigliezze giuridiche che consentirebbero a entrambi di ignorare le decisioni e il veto dell’altro.

I legislatori, infatti, cercano di accumulare un sostegno sufficiente per ignorare qualsiasi veto di Obama e stanno sviluppando numerosi atti normativi correlati alla questione iraniana, tra cui un disegno di legge per inasprire le sanzioni se non si raggiunge un accordo nucleare finale prima della fine di giugno. Mercoledì scorso, la Commissione Esteri del Senato ha avuto uno scontro polemico sull’Iran con i funzionari dell’amministrazione. E il comitato bancario del Senato dovrebbe votare il disegno di legge sulle sanzioni la prossima settimana.

Netanyahu, così, si gode il suo ritrovato ruolo di interlocutore mediorientale degli americani e approfitta dell’occasione per fare un po’ di campagna elettorale negli Stati Uniti a cinque settimane dal voto anticipato del 17 marzo. Con il discorso al Congresso, infatti, spera di poter sottolineare ancora una volta il suo ruolo di difensore della sicurezza regionale minacciata da ogni lato. Il premier israeliano ha comunque espresso il desiderio di incontrare Obama durante il suo viaggio, ma la Casa Bianca si è riservata il diritto di decidere in merito fino a quando non parlerà a fondo del viaggio di Netanyahu con i funzionari israeliani.

In Medio Oriente, intanto, la tensione è alle stelle. Dopo le minacce  di rappresaglia da parte delle Guardie Rivoluzionarie iraniane per il raid israeliano di domenica nel Golan siriano, in cui sono stati uccisi sei miliziani di Hezbollah e sei militari iraniani – tra cui il generale Mohammed Ali Allah Dadi – le zone nord di Israele sono in allerta massima per eventuali attacchi da parte del Partito di Dio. Ieri, negli insediamenti settentrionali del Paese, tra gli abitanti correva voce che commando di Hezbollah stessero entrando in Israele per effettuare rapimenti. In molte zone i negozi sono rimasti chiusi e la popolazione barricata in casa, mentre l’esercito israeliano rafforzava le sue unità lungo il confine con il Libano.

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