L’attacco di Benjamin Netanyahu all’Iran non passa solo per i
missili, ma soprattutto per la diplomazia. Infuriato con
l’amministrazione Obama che da oltre un anno tenta di trattare con
l’odiatissima Repubblica islamica il destino del suo programma nucleare e
il conseguente congelamento delle sanzioni, il primo ministro
israeliano ora tenta il tutto per tutto alleandosi con il Congresso
americano, anch’esso da mesi impegnato a sabotare il negoziato sul
nucleare con la preparazione di nuove sanzioni.
Per questo il premier israeliano è stato invitato il prossimo
11 febbraio a fare un discorso al Congresso sulle “gravi minacce che il
radicalismo islamico e l’Iran pongono alla nostra sicurezza e al nostro
modo di vivere”. Parola di John Boehner, presidente della Camera dei
Rappresentanti degli Stati Uniti, Repubblicano doc che, forte della riconquista del Congresso da parte del suo partito nelle ultime elezioni di mid-term,
ha pensato bene di non consultarsi con il presidente Obama sull’invito
da inoltrare a un capo di Stato che, di regola, spetta alla Casa Bianca.
E ha chiamato il suo alleato Netanyahu.
“Il protocollo – ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Josh
Earnest – suggerisce che il leader di un paese dovrebbe contattare il
leader di un altro paese quando vi ha in programma un viaggio. Questo
particolare evento sembra discostarsi da tale protocollo”. Di tutt’altro
parere l’autore dell’invito che, interrogato da un giornalista sul
fatto che il gesto fosse un “pugno nell’occhio” a Obama, ha candidamente
dichiarato che “il Congresso può prendere questa decisione da solo. Non
credo di star dando un pugno nell’occhio a nessuno”.
A monte, oltre alla ben nota tensione tra il presidente americano e
il leader israeliano – che con i repubblicani condivide soprattutto la
retorica anti-iraniana – sta il discorso di ieri di Obama sullo Stato
dell’Unione, in cui ha promesso di porre il veto a qualsiasi
legislazione approvata dal Congresso per inasprire le sanzioni contro
l’Iran, mentre Washington e le altre potenze sono impegnate a negoziare
con Teheran sul suo programma nucleare fino alla fine di giugno.
Il Congresso, che durante i mesi di colloqui a Ginevra sul nucleare
iraniano si è mostrato sempre contrario al compromesso con Teheran
rappresentato dall’alleggerimento delle sanzioni, si è impegnato
piuttosto a minacciare Teheran – e Obama – di inasprirle. Il braccio di
ferro tra Obama e il Congresso sulle sanzioni alla Repubblica islamica
si gioca a colpi di sottigliezze giuridiche che consentirebbero a
entrambi di ignorare le decisioni e il veto dell’altro.
I legislatori, infatti, cercano di accumulare un sostegno sufficiente
per ignorare qualsiasi veto di Obama e stanno sviluppando numerosi atti
normativi correlati alla questione iraniana, tra cui un disegno di
legge per inasprire le sanzioni se non si raggiunge un accordo nucleare
finale prima della fine di giugno. Mercoledì scorso, la Commissione
Esteri del Senato ha avuto uno scontro polemico sull’Iran con i
funzionari dell’amministrazione. E il comitato bancario del Senato
dovrebbe votare il disegno di legge sulle sanzioni la prossima
settimana.
Netanyahu, così, si gode il suo ritrovato ruolo di
interlocutore mediorientale degli americani e approfitta dell’occasione
per fare un po’ di campagna elettorale negli Stati Uniti a cinque
settimane dal voto anticipato del 17 marzo. Con il discorso al
Congresso, infatti, spera di poter sottolineare ancora una volta il
suo ruolo di difensore della sicurezza regionale minacciata da ogni
lato. Il premier israeliano ha comunque espresso il desiderio di
incontrare Obama durante il suo viaggio, ma la Casa Bianca si è
riservata il diritto di decidere in merito fino a quando non parlerà a
fondo del viaggio di Netanyahu con i funzionari israeliani.
In Medio Oriente, intanto, la tensione è alle stelle. Dopo le minacce
di rappresaglia da parte delle Guardie Rivoluzionarie iraniane per il
raid israeliano di domenica nel Golan siriano, in cui sono stati uccisi
sei miliziani di Hezbollah e sei militari iraniani – tra cui il generale
Mohammed Ali Allah Dadi – le zone nord di Israele sono in allerta
massima per eventuali attacchi da parte del Partito di Dio. Ieri, negli
insediamenti settentrionali del Paese, tra gli abitanti correva voce che
commando di Hezbollah stessero entrando in Israele per
effettuare rapimenti. In molte zone i negozi sono rimasti chiusi e la
popolazione barricata in casa, mentre l’esercito israeliano rafforzava
le sue unità lungo il confine con il Libano.
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