Insomma, un paio di cose sono già chiare. La prima è che i renziani sono come il tifoso occasionale: scendono in piazza col vincitore e per farsi il selfie con lui, chiunque sia.
La seconda è che Renzi cerca di capire se può impostare la prossima
campagna di marketing col vento della “nuova Europa”, che si chiami
Davide Serra del fondo Algebris, il piddino londinese i cui movimenti
speculativi in Italia (a partire da MPS) sono già leggenda, o Alexis
Tsipras.
Certo, il modo di accomunare Renzi e Tsipras da parte, ad esempio, della Serrachiani è genere comico grottesco.
La presidente della regione Friuli presenta il governo italiano come
quello che ha favorito l’avvicinamento tra dollaro ed euro, impresa
titanica che sarebbe riuscita a Renzi quando neanche Soros o Warren
Buffett ci riuscirebbero, oppure che ha patrocinato il Quantative Easing
di Draghi. Proprio la misura che l’economista numero uno di Tsipras,
Varoufakis, ha severamente bocciato come un serio errore. Ma
l’importante qui è accreditarsi, anche a sprezzo del ridicolo, in
qualche modo su ciò che si ritiene il politicamente cool del momento.
Poi trovi pure il renziano stratega che giura che Tsipras torna comodo
all’Italia per invertire le politiche di austerità.
Il punto è che Renzi, e qualcuno prima di lui, non avrebbe alcun bisogno di Tsipras per invertire le politiche di austerità. L’Italia
è la terza economia dell’eurozona, detiene il terzo mercato
obbligazionario al mondo, e avrebbe molte più armi della Grecia,
rispetto ai paesi dell’austerità, per serie pressioni diplomatiche verso
l’eurozona. Ma l’Italia non ha certo provato a mettersi
davvero di traverso rispetto alle politiche di austerità. La legge di
stabilità approvata a dicembre, con clausole di “salvaguardia” che
possono portare l’Iva al 25 per cento e una raffica di tasse e tagli, è
la dimostrazione più palmare di quanto sosteniamo. E, prima dell’Italia,
non ci ha provato la Francia, la seconda economia dell’eurozona, a
invertire l’austerità quando Hollande è stato eletto, a furor di popolo,
con una campagna elettorale apertamente contraria al rigore Merkel. Per
il nostro paese, come quello confinante, ha contato il diktat di
istituzioni bancarie, finanziarie e grandi fondi pensione: austerità per
trasferire risorse a garanzia della gabbia bancaria-finanziaria che
avviluppa l’Europa.
Ora Renzi, che si è inventato la novella
degli ottanta euro, vorrebbe far credere di essere pronto a convergere
politicamente con uno dei più piccoli paesi dell’eurozona, con
un’economia che vale poco più del 2 per cento del Pil europeo. Se la
mossa vale qualche voto dei soliti creduloni, quelli che pensano che
“Matteo” sia “di sinistra” basta ricordare un passaggio. Se solo volesse
il governo potrebbe concedere una moratoria sul credito che l’Italia
vanta nei confronti della Grecia, il nostro paese è il terzo creditore
verso il paese ellenico, spaccando il fronte austerità in mezza
giornata. Solo che Renzi, che si bada bene da fare una mossa del genere, chiacchiera di Grecia per un altro motivo. Spera
che, con la confusione creatasi con le elezioni greche, Bruxelles
abboni un po' di austerità all’Italia, magari favorendo il supporto
pubblico a investimenti privati. Ma di inversione dell’austerità neanche
a parlarne, non c’è traccia di questo nelle politiche italiane.
Là dove il nuovo governo greco vuol intervenire a supporto della sanità
pubblica, Renzi la smantella; dove il nuovo governo greco favorisce la
cooperazione dal basso, Renzi fa sgravi alle imprese; dove si
impediscono le privatizzazioni, Renzi le accelera. La linea “con Tsipras
in Grecia con Verdini in Italia” serve quindi a recuperare qualche
spicciolo da Bruxelles, con qualche piccolo ricatto su appoggio o meno a
qualche singolo provvedimento su Tsipras, e a prendere qualche voto dai
creduloni. Basso profilo nonostante le roboanti dichiarazioni. Come
sempre in Renzi.
Del resto lo stesso ministro degli esteri, Gentiloni è stato esplicito: eventualmente Tsipras può servire per ottenere qualche punto di “flessibilità” da Bruxelles.
Dal fiscal compact in poi la morsa dell’austerità rimarrà in piedi.
Specie una volta trovato, assieme a Verdini, il successore di
Napolitano. Certo che Renzi e i renziani parlano, parlano, parlano. Già
che mostrano questa facoltà, farebbero bene a raccontare come
mai da Londra, domicilio dello sponsor renziano Davide Serra, POCO PRIMA
del decreto sulle banche popolari, sono piovuti acquisti di azioni
delle banche interessate. Guadagnandoci un bel po' una volta che il
decreto ha rivalutato le azioni. E già che ci sono non sarebbe
male raccontare come mai, negli stessi giorni, la banca maggiormente
beneficiata sia quella del padre della ministro Boschi. Non sarà che
qualcuno ha scoperto le virtù, negli affari tra amici e consanguinei,
dello svelare illegalmente informazioni riservate?
Sarebbe gradito un racconto più
convincente di quello dello scoprirsi alleati di Tsipras. A elezioni
vinte da Syriza, ci mancherebbe. Il renziano o vince, o salta sul carro
del vincitore. La politica non sa nemmeno cosa sia ma, in compenso, non
si nega mai l’attrazione del palcoscenico.
Redazione - 26 gennaio 2015
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