di Federica Iezzi
Le Forze
Armate Sudanesi hanno ripreso del controllo delle zone di al-Qneziah e
Oanagarto, nel sud Kordofan. Aree nelle mani del Movimento di
Liberazione Popolare del Sudan-Nord dal 2011. Allontanato anche
l’Esercito popolare di Liberazione del Sudan, fazione guidata da Minni
Minnawi e Abdel Wahid El Nur, dalle regioni di Abu-Liha e Abu-Qamra, nel
nord Darfur.
La guerra genocida che ha già causato la morte di circa
400.000 persone, e quasi tre milioni di sfollati, è testimone di una
fase nuova e devastante, per il popolo del Darfur, del sud Kordofan e
del Blue Nile. Dal 31 ottobre scorso, inizia l’ingresso delle
forze sudanesi nella città di Tabit, nel nord Darfur. Dapprima il
governo di al-Bashir, impedisce all’UNAMID (Missione di pace dell’ONU e
dell’Unione Africana in Darfur), di accedere alla città. In
seguito all’ingresso in Darfur dei peacekeeper, le forze di sicurezza
sudanesi hanno compromesso l’integrità di ogni indagine.
Negli ultimi dieci anni, i movimenti ribelli armati sono stati
paradossalmente l’unica tutela alla popolazione del Darfur, dopo i
miseri fallimenti di protezione dell’UNAMID. Gli assalti di sanguinarie
milizie nella regione occidentale del Sudan, sono ripresi nel febbraio
2014. I miliziani delle Rapid Support Forces, arruolati dal
governo sudanese di Omar al-Bashir, come successe per i janjaweed nel
conflitto del 2003, attaccano prevalentemente contadini e profughi,
bruciando case e negozi, saccheggiando bestiame, uccidendo civili,
derubando in decine di villaggi e danneggiando scuole, moschee, chiese e
ospedali.
Dallo scorso mese, l’esercito sudanese sta lavorato direttamente, con
offensive su larga scala, contro le postazioni dei ribelli in Darfur. Ricco di petrolio, oro e minerali, il Darfur ha sempre rappresentato una ricca risorsa per l’avido governo di al-Bashir. Fascicoli
alla Corte Penale Internazionale con il nome del presidente sudanese,
accusano il governo di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e
genocidio, in relazione alle crudeltà consumate in Darfur. Per ora tutte
le inchieste sono state sospese. E ridurre il numero dei caschi
blu presenti in Darfur, sembra essere la prossima mossa delle Nazioni
Unite, in seguito alle pressioni esercitate da parte del governo del
Sudan. Il tutto quando mancano poco più di quattro mesi alle nuove
elezioni presidenziali.
Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli
affari umanitari in Sudan, un notevole incremento di nuovi sfollati sta
segnando il Darfur. Le statistiche di fine anno delle Nazioni Unite
indicano circa 400.000 nuovi sfollati nella regione del Sudan
dell’ovest, per un totale di 2,3 milioni di sfollati in tutto il paese e
6,9 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria. Negli
ultimi cinque mesi è aumentato il numero complessivo di bombardamenti
aerei da parte delle forze governative del Sudan, con il risultato di
3.324 villaggi distrutti in Darfur.
Intanto continuano gli scontri tra forze sudanesi e movimenti armati
ribelli nei villaggi dell’area di Um Baru e nell’area di Jebel Marra,
nel Darfur settentrionale; nei villaggi delle Nuba mountain del Kordofan
meridionale. Il numero di sfollati cresce nel campo di Nierteti, zona
del Darfur centrale. Nelle ultime settimane 115 villaggi evacuati,
perchè rasi al suolo, nella zona.
I rifugiati rimangono intrappolati, ancora totalmente dipendenti
dagli aiuti internazionali per la loro sopravvivenza, dove mancano
tuttora corridoi umanitari.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento