Quella che segue è una lunga intervista a Christos Giovanopoulos di Solidarity for All,
un collettivo che facilita lo sviluppo di strutture di solidarietà di
base e il movimento di solidarietà nel suo complesso. L’intervista è
stata realizzata in occasione dell’ultimo meeting di Blockupy
in preparazione della manifestazione del prossimo 18 marzo, quando a
Francoforte verrà ufficialmente inaugurata la Banca Centrale Europea.
L’occasione non è stata casuale, poiché diviene sempre più evidente che,
come già emergeva dall’intervento di Akis Gavriilidis
che abbiamo pubblicato qualche giorno fa, le possibilità e gli esiti
delle elezioni del prossimo 25 gennaio non saranno né una faccenda solo
greca né solamente una scadenza elettorale come tante altre. Anche in
questo caso al centro del nostro interesse ci sono principalmente due
questioni: il rapporto tra movimenti e istituzioni e il segnale che il
voto greco può lanciare al resto d’Europa. In maniera molto decisa
Christos pone il problema del potere necessario per modificare la
situazione attuale, evidentemente non solo in Grecia. Non si tratta
solamente della possibilità di opporsi al potere della Troika o della
Commissione europea, ma della necessità di accumulare potere per essere
in grado di imporre un cambiamento decisivo. Il problema non viene cioè
posto nei termini della manifestazione di un contropotere, ma in quelli
della necessità di costituire centri di potere in grado di agire nella
società e di porsi autonomamente di fronte al potere politico,
affrontando e scontando tutte le contraddizioni e le difficoltà che ne
derivano. Le istituzioni non vengono perciò viste esclusivamente come
l’opposto del movimento, ma come strutture di potere che consentono la
libertà di movimento e amplificano le possibilità della lotta di classe.
In quest’ottica SYRIZA e la sua eventuale vittoria non rappresentano la
conclusione di un percorso iniziato nel 2008, quanto piuttosto
l’appropriazione di una possibilità le cui conseguenze andranno non solo
oltre la Grecia, ma anche oltre la crisi che fino a oggi stabilisce lo
sfondo di ogni ragionamento politico.
*****
Tenendo conto delle differenze tra
quello che sta succedendo in Grecia e in Spagna, noi pensiamo che
entrambe le esperienze sollevino due grandi questioni. Da una parte
quella che riguarda il rapporto con la troika e l’Unione Europea,
dall’altra quella che riguarda il rapporto tra i movimenti sociali e le
istituzioni. Si tratta di questioni molto ampie e generali ma partirei
da qui per una prima valutazione su ciò che accadrà in Grecia con le
elezioni del prossimo week-end.
Partiamo dal rapporto con la Troika e
dalla possibilità della Grecia di entrare in conflitto con le decisioni
stabilite dalla Troika, che rappresenta il capitalismo neoliberista
occidentale, perché la Troika è composta, come si sa, dal Fondo
Monetario Internazionale, che è una sorta di istituzione statunitense,
la Banca Centrale Europea e l’Unione Europea, entrambe orientate
principalmente dagli interessi tedeschi. Penso che la possibilità di
avere un governo guidato da SYRIZA, che si oppone alle decisioni
strategiche del capitale in Europa, e non solo, avrà ripercussioni in
tutti quei posti dell’UE in condizioni di stagnazione, di crisi,
traducendosi anche in una instabilità del sistema e dell’architettura
dell’UE. Allo stesso tempo, una vittoria di SYRIZA darà speranza a tutte
quelle persone che politicamente pensano a una diversa alternativa di
sinistra e, naturalmente, mostrerà, nel caso che un governo progressista
in Grecia riesca a gestire qualcosa, che un’alternativa è
possibile e questo è un altro modo per affrontare i problemi della crisi
in favore del popolo contro i dogmi e gli interessi del neoliberismo. A
migliorare ulteriormente il quadro sono poi Podemos in Spagna e Sinn
Fein in Irlanda. Parlo solo di questi tre esempi perché rappresentano
tre modi diversi di essere un’opposizione concreta contro l’adozione e
l’attuazione di questo programma e anche perché la nascita di questi
partiti è il risultato delle lotte esistenti all’interno di questi
paesi. Si conferma l’opinione che se si vuole cambiare l’Europa, bisogna
partire dalla periferia, dove i rapporti di forza sono più favorevoli
per il movimento, mentre le forze a difesa del sistema sono più deboli. E
così si aprirà la crepa per introdurre un’alternativa diversa anche nel
centro dell’Europa capitalistica. Quindi, questa è per me la grande
domanda e questa è la sfida: se un governo di sinistra in Grecia lotterà
per questa compito e per soddisfare queste aspettative, non solo del
popolo greco, ma anche per i cittadini europei. Tutto questo spiega
perché sindacati, giornalisti e gruppi di solidarietà e movimenti
vogliono visitare la Grecia (come l’hanno visitata lo scorso anno, ma
ora la tendenza è in crescita). Questa lotta, anche se si tratta
di una lotta di tipo istituzionale, funziona in qualche modo come un
momento potenzialmente in grado di consolidare questo rifiuto e di
avviare la messa in discussione della Troika e del regime neoliberista.
Oggi, dunque, qual è il ruolo del movimento? Credo che ora il movimento
debba impostare la propria agenda e lavorare, in un certo senso, contro
il «governamentismo» e lo statalismo, ovvero l’idea secondo la quale
siccome abbiamo le istituzioni, allora abbiamo il potere. Penso che ciò
sia lontano dalla verità, specialmente in Grecia dove, proprio perché il
neoliberismo e la Troika impongono la deregolamentazione delle
istituzioni, la democrazia risulta seriamente indebolita. La mia
opinione è che il movimento debba costruire le proprie
contro-istituzioni (gli Spagnoli dicono «extituzioni», cioè istituzioni
esterne) e creare una propria sfera pubblica e di organizzazione. Per
esempio, se si parla di solidarietà del movimento, in base alle
esperienze di come una comunità si unisca nello sforzo di dare una
risposta alle proprie necessità immediate, vi sarebbe un grande
know-how, una grande esperienza, che potrebbe essere utilizzata per una
trasformazione delle attuali istituzioni. Quindi, il problema non è solo
di prendere il controllo delle istituzioni, ma di farlo allo scopo di
bloccare l’attuazione di queste politiche antipopolari e antisociali.
Eppure, per me la sfida inizierà a partire dal 26 gennaio, il giorno
dopo le elezioni, sia per SYRIZA, perché qualunque governo sarà formato
in Grecia sarà in conflitto con la Troika e il regime di salvataggio,
sia per il movimento, nel senso di vedere come si mobiliterà per
organizzare la società intorno ai diversi campi della lotta, per
migliorare la mobilitazione della società e organizzare la richiesta di
cambiamento nelle istituzioni per favorire la partecipazione delle
persone che si occupano dei problemi della Grecia. Una maggiore
democratizzazione e il disfacimento dell’attuale sistema politico in
Grecia rappresentano il grande problema, che deve essere risolto con la
partecipazione delle persone. Quindi, ci sono due momenti: il
primo è un momento politico ed è necessario sbarazzarsi di qualcuno che
ti opprime e il secondo è legato alla lotta a più lungo termine.
C’è chi dice che SYRIZA abbia
incrementando il suo potere grazie alle lotte che hanno avuto luogo in
Grecia dal 2008 in poi, che rappresenti queste lotte, mentre altri
dicono che le ha depotenziate, perché dopo la crescita di SYRIZA, le
lotte sono diminuite. Puoi brevemente provare a spiegare qual è la
relazione tra SYRIZA come partito, come struttura e come movimento e
quelle lotte, alle quali abbiamo assistito o che abbiamo supportato, ma
anche che cosa resta dell’autorganizzazione sociale e quanto essa è
eventualmente una base della politica di SYRIZA in questo momento.
Sarò onesto, nel 2008 (che, sono
d’accordo, è il punto di svolta della rivolta, ma il picco è stato il
movimento di occupazione di piazza Syntagma nel 2011) SYRIZA è stato
l’unico partito parlamentare che ha sostenuto incondizionatamente la
rivolta della gioventù greca. Questo è ciò che ha dato a SYRIZA il
marchio o l’etichetta di partito antisistema. Tuttavia, nel primo mese
del 2009 c’è stato un grande sforzo per reprimere l’influenza di SYRIZA,
perché i sondaggi di quel periodo davano il partito tra il 14% e il 17%
dei consensi, mentre il suo potere elettorale era del 5-6%. Una parte
di SYRIZA che si è divisa ed è confluita nella socialdemocrazia, la
sinistra democratica, e poi si sono uniti al governo della Troika. Ciò
ha creato un problema nel partito, ma SYRIZA è composta anche da
elementi che si sono formati nel movimento no global, una componente
diversa della sinistra che è confluita per dare vita ai social forum,
etc. In seguito SYRIZA ha pagato ancora per il suo marchio di
antisistema. Ha pagato nel 2012, mentre tra il 2010 e il 2011 è stata
sul punto di crollare e la coalizione di essere distrutta. In ogni caso,
i movimenti di base del 2011 non sono stati creati dai partiti o dai
poteri politici. Questo deve essere molto
chiaro. Nemmeno le lotte, nemmeno gli scioperi, nonostante il fatto che
siano stati indetti dai sindacati (gli unici che io possa chiamare scioperi), perché il loro programma è stato imposto dalle persone che vi hanno preso parte.
Così i sindacati hanno detto: «non toccate i diritti dei lavoratori,
non toccate i salari…», mentre le condizioni di vita della gente
crollavano e l’unico desiderio era quello di sbarazzarsi del sistema
politico, dei partiti politici dominanti e della Troika. Avevano un
programma diverso da quello dei sindacati e dei partiti e lo hanno
imposto, e queste lotte politiche fondamentali hanno amalgamato tutte le
diverse lotte, ne hanno prodotte di nuove, hanno dato il via a
ulteriori iniziative di base. Ma la spina dorsale di questo movimento è
stata la gente che noi chiamiamo «sinistra sociale», le persone che
hanno sostenuto SYRIZA, i cui membri erano molto presenti in questo
movimento, ed è stato più facile per SYRIZA attirare persone colpite
dalla crisi che prima votavano per il PASOK o per qualunque altro
partito, salvo poi essere disilluse. E in questo processo di
lotta le persone hanno cominciato a capire se stesse e il paese in base
alle loro condizioni materiali. Questo molte volte viene
trascurato o ignorato. Era la prima volta che attraverso questo processo
nel periodo 2010-2012 la gente ha cominciato a lasciarsi alle spalle
l’idea di vivere nella classe media, comprendendo di essere dei
lavoratori salariati, dipendenti da qualcun altro che aveva il potere.
Quindi, questo genere di elemento di classe, diciamo, è tornato di nuovo
in discussione. E questo ha generato la scissione che ha
distrutto la base di rappresentanza della socialdemocrazia in Grecia,
radicalizzando così il conflitto con le élite politiche nel paese.
E, naturalmente, la gente ha deciso di intervenire alle elezioni del
2012, mentre i movimenti di massa che avevano sostenuto l’opposizione e
la resistenza greca contro la Troika hanno deciso di allearsi con
SYRIZA, non perché fossero convinti da SYRIZA, dal programma di SYRIZA,
ma perché volevano combattere su questo livello elettorale. Quindi, in
un certo senso, come avevano dirottato lo sciopero e il programma, così
hanno dirottato anche questo movimento elettorale. Dopodiché,
ovviamente, SYRIZA è ancora una questione aperta, è una sfida aperta, non ci sono garanzie,
ma è una coalizione molto asimmetrica e inusuale, una coalizione fluida
tra la parte della società che ha condotto le lotte e ha creato il
movimento auto-organizzato e il movimento di solidarietà (o qualsiasi
altra lotta più piccola o più grande) e molte persone che ora dicono
semplicemente «SYRIZA non può essere peggio degli altri partiti a cui
noi possiamo aderire». SYRIZA è una sorta di combinazione di alcune vecchie caratteristiche del partito e di questo nuovo potenziale soggetto emergente.
In Grecia c’è quindi un rinnovamento della vecchia struttura o
sovrastruttura politica. Se parliamo dello Stato o della rappresentanza
politica, è possibile vedere i vecchi partiti tramontare. Si tratta di
una questione aperta: cosa diventerà SYRIZA? Sarà il risultato della
lotta sociale e di classe in Grecia? La determinazione della leadership
di SYRIZA dipende da due cose. In primo luogo dalla capacità di dare
vita a una vera e propria lotta contro la Troika. Se non lo farà, produrrà una grande delusione e si troverà in una posizione più difficile di quanto non sia quella attuale. In
secondo luogo, dal modo in cui i movimenti sociali e dei lavoratori si
organizzeranno per sostenere quella lotta o per esercitare pressioni,
per salvaguardare la lotta di SYRIZA. SYRIZA contesterà la Troika o
adotterà un approccio realistico al fine di difendere il partito? Questo
è un problema di SYRIZA come partito, come di qualsiasi partito in
Grecia, dove la crisi politica vuol dire che esistono partiti a livello
parlamentare ma che i loro rapporti con la società sono più deboli che
mai. Quindi, la questione della crisi di rappresentanza è ancora lì ed è trasversale a SYRIZA.
Ciò determina questa dinamica: il conflitto più generale è diventato il
terreno comune di incontro dei movimenti sociali e delle persone con
SYRIZA. Esso giocherà il ruolo principale.
Puoi spiegare brevemente la relazione tra SYRIZA e queste strutture di base, che SYRIZA ha sostenuto a volte direttamente e a volte indirettamente?
SYRIZA rispetta l’autonomia dei diversi
movimenti sociali. Quindi, questo è, diciamo, il quadro di base. Questo
non significa che SYRIZA non cerchi di intervenire nei movimenti
sociali, ma allo stesso tempo rispetta, i criteri che questi movimenti
hanno scelto riguardo alla propria organizzazione. Per quel che riguarda
il movimento di solidarietà, questo è molto evidente, molto più di
quanto non sia il rapporto tra SYRIZA e i sindacati. Il movimento di
solidarietà, che è iniziato anche prima che SYRIZA divenisse il
principale partito di opposizione, è stato il risultato della crescita
di questo nuovo tipo di lotte politiche, soprattutto dopo il movimento
di occupazione della piazza, che è stato uno spartiacque. Nei quartieri,
SYRIZA ha riconosciuto l’importanza di queste comunità di persone
auto-organizzate e ha deciso di creare un fondo, al quale i cittadini
donano tra il 10% e il 20% dei loro salari. Questo fondo è disponibile
per le strutture di solidarietà che lo vogliono usare, non serve a
finanziare o istituire nuove sezioni SYRIZA. Questa è una questione
differente e SYRIZA fornisce supporto politico nelle battaglie promosse dalle strutture di solidarietà. Noi [Solidarity for all]
abbiamo accesso al fondo di solidarietà, ma allo stesso tempo mettiamo
in connessione e sosteniamo il rapporto tra le diverse strutture.
Lavoriamo con modalità assembleare e siamo completamente indipendenti
dalle strutture di partito. Le persone che stanno organizzando il
movimento di solidarietà non sono solamente membri di SYRIZA e hanno ben
chiaro che questi gruppi, comprese le loro iniziative e le loro
infrastrutture, sono organizzati dalle persone stesse e che a queste
persone, e non al partito, appartengono. Questa sorta di lavoro di base è
il vero lavoro che può radicare e integrare la relazione tra le forze
politiche e la società; oltre a ciò, questo lavoro apre uno spazio
all’interno del quale sarà benvenuta la partecipazione della società
nello sforzo di influenzare i partiti politici. Concretamente, questo è
quello che stiamo cercando di costruire. Siamo nella medesima condizione di
una crisi umanitaria, secondo l’OCSE il 18% della popolazione greca non
può far fronte ai suoi bisogni alimentari. Ma abbiamo un sacco di
risorse, come progetti agricoli che sono stati buttati al vento… Quindi,
proviamo a connetterci con i contadini e a canalizzare le risorse che
non sono assorbite, per un motivo o per l’altro, dalla grande
distribuzione per farla arrivare alla popolazione attraverso le
strutture di solidarietà. Se avessimo il potere politico e istituzionale
per provvedere a differenti politiche agrarie, potremmo sviluppare un
differente network per la distribuzione della produzione agricola in
Grecia, evitando tutte le mediazioni che per ora mantengono alti i
prezzi. Questa è una sorta di esempio concreto che può dar forma a una
differente politica di SYRIZA. Ecco, questo è quello che abbiamo creato,
codificato; questo è quello che chiediamo. Vogliamo un differente potere politico che permetta la generalizzazione di pratiche di auto-organizzazione e solidarietà. Qui c’è la possibilità di trattare la questione dei beni pubblici come beni comuni.
Le cose di cui parli fanno parte, in
un certo modo, anche del programma supportato da SYRIZA. Perché SYRIZA
parla della Troika ma, allo stesso tempo, parla di misure concrete per
la gente. Questa sembra essere la strategia di SYRIZA per legittimarsi e
avere credibilità…
Dal mio personale punto di vista, se SYRIZA si limiterà ad allocare risorse, escluderà la partecipazione delle persone stesse alla soluzione e questo processo non diventerà un processo politico.
Quello che il movimento di solidarietà sta cercando di fare non è solo
di rispondere immediatamente ai bisogni delle persone. Per far questo
sono sufficienti le ONG e la Chiesa. Ciò a cui miriamo è la
partecipazione, e la cura di questa partecipazione, delle persone a
questo processo. Questo è il modo in cui vogliamo usare questo
programma.
Il prossimo punto riguarda l’Europa.
Da un lato, voi promuovete l’opposizione alla Troika e alla UE,
dall’altro – il che distingue Tsipras dagli altri politici anti Troika –
sostenete che la risposta alla Troika deve essere europea. C’è una
sorta di paradosso: i Greci sono contro la Troika, sembrano essere
contro l’Europa intesa come un Moloch prevaricante, ma allo stesso tempo
si pensa che la soluzione possa venire solo dall’Europa e a livello
europeo. Allora, che cosa significa Europa?
Apri un argomento molto vasto, ma
cercherò di affrontarlo in modo semplice. Prima di tutto, io credo che
SYRIZA e le battaglie in Grecia provino due cose, una in relazione all’euroscetticismo e una in relazione al populismo. Perché SYRIZA è anche accusata di incarnare un potere populista. Entrambi i termini non hanno un concreto significato e contenuto politico.
Esiste un radicale e progressivo euroscettiscismo, e questo è buono. E
c’è anche un populismo, che potrebbe significare la partecipazione e
l’attenzione del potere politico alla volontà delle persone. Dico questo
perché molte volte, quando si parla di questa sorta di opposizione tra i
programmi anti-Troika e anti-UE e il fatto che esiste una soluzione
europea, le persone tendono a vedere solo una contraddizione. Ma questa
non è una contraddizione.
Non contraddizione, ma paradosso…
Non credo che sia un paradosso, ma una reale relazione dialettica.
Perché i Greci vogliono partecipare in Europa come europei e, allo
stesso tempo, richiedono che la Grecia venga trattata equamente sia come
paese sia come società e non vogliono pagare a beneficio dei capitali
metropolitani europei. Quindi intervengono con le loro lotte in questa
accumulazione di potere in corpi extra-democratici; in realtà, essi portano il problema della sovranità popolare,
la possibilità per le persone di decidere rispetto alle proprie
volontà. Ciò in termini economici non è una contraddizione. I greci
vivono queste due condizioni. Come persone, sono condannati dalla Troika
e dal neoliberismo europeo. Ma, allo stesso tempo, i greci sono
consapevoli che non possono cambiare la situazione da soli. Ciò dipende
dal mondo globalizzato e interconnesso. Questo cambiamento è parte di un
cambiamento più grande e spiega cosa sta succedendo in Grecia. Perché i
Greci si sentono molto vicini a Podemos o al movimento spagnolo, o agli
altri movimenti, come per esempio i movimenti di Occupy. O spiega che
cosa significhi per loro che «Siamo tutti Greci». «Siamo tutti Greci»,
in questo momento, si traduce in Grecia come «Non siamo soli». Siamo
anche europei. Credo che questa sia la politica. Politica che Tsipras e
SYRIZA comprendono, al di là delle differenze che esistono all’interno
del partito rispetto al fatto che esistano parti più euroscettiche di
altre e vedono questa lotta come un primo passo per uscire dall’Unione.
Altri invece pensano che non possa esserci una soluzione greca, ma solo
una soluzione europea. Ma credo che in questa particolare
congiuntura storica entrambe queste opzioni siano fuori-gioco, e non mi
dilungo a descrivere il tira-e-molla tra le diverse opzioni. Mi
interessa invece dire che SYRIZA europeizza la questione della Grecia e
ciò non riguarda solo SYRIZA ma il modo in cui è possibile costruire una
piattaforma o coalizioni grazie alle quali s’inneschi un cambiamento
che dalla Grecia si estenda e rafforzi le lotte ovunque in Europa. Noi partiamo dalla Grecia per cambiare l’Europa e
adesso iniziamo dalla Grecia ma a maggio, quando ci saranno le elezioni
locali in Spagna, e in autunno, quando ci saranno le elezioni
parlamentari, andremo avanti in Spagna. È una staffetta di lotte per
creare questo tipo di piattaforma comune, e rendere manifesta alla gente
la possibilità di un’alternativa. Penso che questo possa davvero avere un effetto amplificatore e moltiplicatore rispetto al modo in cui le persone si comportano e pensano nel contesto europeo.
La vittoria di SYRIZA, la sua capacità di condurre negoziazioni
vantaggiose e l’eventuale capacità di realizzare un salvataggio, ha il
potenziale di uccidere la logica secondo la quale non c’è alternativa.
Credo che questo dispiegherà diversi scenari, ed è meglio avere questa
soluzione, una svolta dell’Europa a sinistra, che non le derive
nazionalistiche.
Un’ultima questione, stavolta sullo
Stato e, in particolare, in merito all’idea che attraverso lo Stato si
possa ottenere qualcosa di più, un’idea sostenuta anche dall’esperienza
dell’America Latina dove si configura un nuovo ruolo dello Stato.
Storicamente, il rapporto tra lo Stato e la lotta di classe è stato
complicato ed è piuttosto difficile considerare il primo come un
semplice strumento nelle mani della seconda. In prospettiva, questa
fiducia nelle possibilità dello Stato è più un alleato o un
limite per questo movimento?
Ci sono due questioni fondamentali:
prima di tutto penso che questo statalismo, come mentalità di sinistra,
sia uno degli aspetti più problematici che SYRIZA deve affrontare. In
secondo luogo, i movimenti intervengono nelle elezioni, supportano e
usano SYRIZA per liberarsi di questi poteri politici Europei – ripeto,
poteri politici, che non esauriscono il potere politico in quanto tale –
perché hanno realizzato che non è possibile cambiare la situazione senza gestire i processi decisionali. Soprattutto
in Grecia, dove come ho detto ha avuto luogo un vero e proprio collasso
delle istituzioni statali sorte dopo la dittatura e del sistema
politico, si è aperta la possibilità di appropriarsi di uno Stato che è
stato costruito contro di noi – qualcosa che sembra essere dimenticato
da chi crede che lo Stato possa essere uno strumento utilizzato per
buoni propositi. Anche al livello delle istituzioni locali, che SYRIZA
per alcuni mesi ha controllato, la difficoltà principale che abbiamo nell’organizzare e attuare politiche pubbliche diverse non è la mancanza di denaro, ma il modo in cui le istituzioni dello Stato in quanto tali sono organizzate. Il problema non è solo di prendere le istituzioni, ma di cambiarle,
e io credo che la principale mancanza di SYRIZA sia stata quella di non
sviluppare istituzioni sociali fuori da quelle esistenti, istituzioni
che appartengano alla gente. La gente si organizza, organizza lotte e
sindacati di base, mobilitazioni e scioperi, ma rimane frammentata e
SYRIZA non ha fatto molti sforzi per creare istituzioni di potere
popolare esterne, come arma che potesse usare, attraverso la quale
rompere gli apparati di Stato esistenti. Eppure l’opinione dominante è
che dobbiamo prendere lo Stato e attraverso lo Stato cambiare l’ordine
di priorità con cui vengono allocate le risorse. Ma proprio questo sarà
il compito più difficile per SYRIZA, perché dipenderà dai giudizi della
Troika, perché potranno non esserci fondi sufficienti per pagare la
salute pubblica, per sostenere i programmi umanitari, per aumentare
salari e pensioni. Non resta altro che organizzare il conflitto con la
Troika attraverso istituzioni di base, perché questo è l’unico alleato.
Ciò che possiamo apprendere dall’esperienza Sudamericana è proprio
questo: se non fai questo passo puoi al massimo dare una faccia
umanitaria alle politiche esistenti.
Solo per concludere senza essere negativi, ma cosa accadrebbe se il prossimo 26 gennaio SYRIZA fosse il secondo partito?
SYRIZA non può essere il secondo partito in Grecia, questo è ovvio ed è riconosciuto da tutti. La
sfida è se SYRIZA sarà in grado di formare un governo autonomamente o
se per farlo avrà bisogno di coalizzarsi con un altro partito. In questo
caso le cose potrebbero complicarsi e questo è il peggior
scenario possibile. Attualmente SYRIZA sembra molto vicina a ottenere i
voti per un governo di maggioranza. Si tratta però di una possibilità,
non di una certezza…
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