di Michele Giorgio
«Non metteteci alla prova, non riprovateci».
Non ha usato mezze parole il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah,
quando ieri, in diretta su buona parte delle tv libanesi, si è rivolto a
Israele. Un discorso pronunciato dopo l’attacco compiuto
mercoledì dal movimento sciita nei pressi delle Fattorie di Shebaa in
cui due soldati israeliani sono stati uccisi per rappresaglia al raid
aereo dello scorso 18 gennaio a Quneitra (Siria), a ridosso delle Alture
del Golan, costato la vita a sei ufficiali di Hezbollah e a un generale
iraniano. Raffiche di mitra, in segno di approvazione, hanno
accompagnato per diversi minuti il discorso del capo di Hezbollah nei
quartieri meridionali di Beirut. Israele, il 18 gennaio, attaccando in
Siria riteneva di aver inferto un duro colpo a Hezbollah e all’Iran
alleato del movimento sciita e di Damasco, e di aver umiliato Nasrallah.
Al contrario ieri il leader sciita è apparso determinato e di buon
umore. La rappresaglia portata a termine mercoledì dai suoi combattenti,
dal territorio libanese in aperta sfida a Israele – che non ha reagito o
almeno non lo ha ancora fatto –, lo ha spinto ad essere sfrontato, a
tratti arrogante nei confronti di Tel Aviv.
«Rendo omaggio ai combattenti che hanno compiuto l’operazione nelle
Fattorie di Shebaa… (gli israeliani) avevano ucciso in pieno giorno (i
nostri uomini), noi abbiamo uccisi (i soldati israeliani) in pieno
giorno… Hanno colpito due dei nostri veicoli, abbiamo colpito due dei
loro veicoli»., ha detto Nasrallah. «D’ora in poi – ha
proseguito il leader sciita – ogni volta che un membro di Hezbollah sarà
assassinato, riterremo Israele responsabile e ci riserveremo il diritto
di rispondere in ogni luogo e in qualsiasi modo sceglieremo».
«La resistenza (Hezbollah) – ha insistito Nasrallah – non si preoccupa
più delle regole d’ingaggio e non le riconoscerà nell’affrontare il
nemico… Quneitra e Shebaa – ha aggiunto – sono nuove tappe nella lotta
infinita contro l’entità sionista (Israele). È nostro diritto legittimo
combattere l’aggressione, dove e quando può verificarsi».
Parole che non rappresentano la fine delle intese di cessate
il fuoco tra Hezbollah e Israele contenute nella risoluzione 1701 del
Consiglio di Sicurezza dell’Onu che nel 2006 chiuse l’offensiva
israeliana in Libano del sud. Pongono però sullo stesso piano possibili
azioni militari israeliane in Libano e in Siria. «Se gli
israeliani – ha aggiunto – pensano che la resistenza abbia timore della
guerra, dico loro che non temiamo la guerra e non siamo riluttanti a
impegnarci in essa, se ci viene imposto». Nasrallah ha inserito le
operazioni armate del suo movimento nel quadro della strategia di difesa
del Libano da ogni minaccia, allo scopo di smentire chi lo accusa di
mettere a rischio la sicurezza del Paese dei Cedri impegnando migliaia
di combattenti sciiti nella guerra civile in Siria e attaccando Israele.
Ha perciò reso omaggio agli otto soldati libanesi uccisi durante i
recenti scontri con miliziani dell’Isis, nei pressi di Ras Baalbek, la
scorsa settimana, paragonando la minaccia jihadista a quella israeliana.
Nel suo discorso Nasrallah ha fatto numerosi riferimenti alla Palestina
denunciando lo scarso peso della Lega Araba nella questione
palestinese. La Lega Araba, ha notato, «non è assente… non esiste
affatto».
Proprio ieri dopo un breve periodo di stasi, Israele ha
rilanciato l’espansione delle colonie nei Territori palestinesi
occupati, annunciando la costruzione di 450 nuove case per settler in
Cisgiordania: Kiryat Araba (102 alloggi), Adam (114), Elkana (156),
Alfei Menashe (78). I piani edilizi inclusono anche le colonie di Maale
Adumim (nella zona strategica E1) e di Emmanuel, dove saranno costruiti
un albergo ed uffici vari. Inoltre nella colonia di Gilo a Gerusalemme Est sono in fase iniziale di progettazione altri 93 alloggi.
Da Ramallah il negoziatore capo dell’Olp Saeb Erekat ha esortato la
comunità internazionale a riconoscere lo Stato di Palestina come
risposta all’annuncio di Israele. Poi ha chiesto che siano boicottati
«tutti i prodotti delle colonie e delle istituzioni legati direttamente o
indirettamente all’occupazione israeliana e alle politiche di
apartheid».
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento