Ma voi, sì voi che siete bombardati in questi giorni dalle strabilianti notizie del calciomercato, ci credete?
Voi credete veramente che l’indonesiano Erick Thohir abbia comprato da Massimo Moratti il 70 per cento dell’Inter pagando 75 milioni e accollandosi debiti per 180 milioni?
Siete parimenti persuasi che Silvio Berlusconi venda il 48 per cento del Milan incassando 480 milioni dal tailandese Bee Taechaubol e che, poi, al vertice del Milan, non cambi nulla?
E vi pare possibile che il 100 per cento della Sampdoria sia stata ceduto a Massimo Ferrero, detto (da Monica Vitti) Er Viperetta, per soli 1.000 (mille) euro?
Benvenuti nello stravagante mondo del calcio italiano, dove, tra i tifosi, la sensazione di esser sistematicamente presi per i fondelli è sempre più diffusa.
Esagerano? Troppo malpensanti? Vediamo un po’ di capirlo.
Io, lo ammetto, non sono un esperto di M&A, ovvero di Merger and Acquisition, cioè di fusioni e acquisizioni societarie. E, confesso, non ho alcun titolo per stabilire il valore reale di un qualsivoglia club calcistico. In breve: sono, letteralmente, un ignorante.
Ma non sono scemo. E di fronte alle vicende finanziarie di Milan, Inter e Sampdoria mi faccio delle domande.
Per esempio... Mr. Bee è un fesso? Non credo, non sembra.
Ma allora perché è pronto a spendere più del doppio di Mr. Thohir per contare zero?
Non gli conveniva comprarsi tutta la Sampdoria per mille euro, anziché meno della metà del Milan per 480 milioni di euro, e investire i rimanenti 479 milioni e 999 mila per ingaggiare i migliori giocatori del pianeta Terra?
O ci sono cose che non sappiamo e il fesso sono io?
Cambiamo scenario.
Er Viperetta è un genio? E sì, perché se si è preso un intero club al prezzo di due notti in un hotel cinque stelle non lo si può considerare diversamente, soprattutto a fronte degli esborsi (reali? presunti?) degli asiatici di cui sopra.
Oppure, anche qui, ci sono cose che non sappiamo? E allora, un’altra volta, il cretino sono io?
Dopo aver riempito lo zaino di dubbi e punti interrogativi, ho deciso di mettermi in marcia sul sentiero della conoscenza.
Obiettivo: capire se è tutto oro quel che luccica o se c’è il trucco.
Piccola anticipazione: guarda di qua, sbircia di là, ne ho viste di cotte e di crude. E ora ve le racconto.
Cominciamo dall’Inter.
Normalmente uno che ha il 70 per cento di una società fa e disfa come gli pare.
E, invece, in base agli accordi contrattuali, Thohir con questa posizione dominante non può muovere foglia che Moratti non voglia. O giù di lì.
Per esempio, all’Inter occorre una maggioranza del 90 per cento per: aumenti di capitale; cessione di beni o trasferimenti di rami d’azienda; cambio di denominazione o di sede sociale; fusioni, scissioni o trasformazioni societarie; emissione di obbligazioni o uso di altri strumenti finanziari.
Non basta.
In consiglio di amministrazione Thohir ha cinque rappresentanti su otto. Ma ne servono sette per le decisioni chiave.
Ora siamo in pieno calciomercato, no? Ebbene per spendere più di 20 milioni di euro bisogna avere il consenso di Moratti. Idem per contratti con calciatori, allenatori o altri se l’ingaggio va oltre 10 milioni lordi.
Idem se si dovesse costruire uno stadio o decidere di vendere il centro sportivo di Appiano Gentile (Como).
Idem per acquisti o vendite di beni per oltre 10 milioni; utilizzo di linee di credito o stipule di mutui; operazioni straordinarie (come partecipazioni o joint venture superiori a 20 milioni) e cessioni del marchio.
Mica è finita.
Moratti può addirittura mettere il veto su alcune tipologie di sponsor: quelli che rientrano nei settori armi, scommesse, gioco d’azzardo, cibi geneticamente modificati.
E, nel caso si spazientisse per tutto quanto precede, Thohir, fino al 15 novembre 2016, non potrà scendere sotto il 70 per cento senza l’ok di Moratti.
Insomma, il venditore, dopo aver ceduto la società, continua a contare come prima; e, a occhio e croce, più dell’acquirente.
A voi sembra normale?
In questo quadro, la disputa di un calciatore egiziano, Mohamed Salah, che vede l’Inter e la Fiorentina contrapposte, ha provocato il duro intervento del vicepresidente viola, il giornalista Paolo Panerai, fondatore di Class Editori.
Panerai, sabato, via Twitter, ha lanciato pesanti allusioni entrando a gamba tesa sulla trasparenza societaria nerazzurra, già oggetto di un articolo assai scomodo apparso sul Corriere della Sera dal titolo: “Hong Kong e Cayman, la selva oscura dell’Inter di Thohir”.
L’Inter ha replicato domenica con un comunicato al vetriolo in cui minaccia querele.
Cominciano a volare gli stracci finanziari, insomma.
Passiamo al Milan. Per ora bocce ferme. O quasi.
Mr. Bee e B. (così il Fatto Quotidiano chiama Berlusconi) si sono dati otto settimane di tempo a partire dal 5 giugno per arrivare ad un accordo. Vedremo.
Nero su bianco, B. ha fatto scrivere che, se tutto andrà bene, Bee avrà il 48 per cento e lui si terrà il 52. E allora dov’è l’affare per il tailandese?
Se chiedete in giro, ve la raccontano così: il Milan costruirà un nuovo stadio tutto suo nella zona dell’ex Fiera; poi, a fronte di un piano di commercializzazione del brand sui mercati asiatici, il club verrà quotato alla Borsa di Hong Kong; lì ci sarà una cascata di denaro per B. e Bee e tutti vivranno felici e contenti.
Bella storia. Quasi una fiaba. Ma c’è sempre qualcuno che non crede alle fiabe. Per esempio Marco Iaria, il giornalista de La Gazzetta dello Sport che si diverte a fare i conti in tasca al mondo del pallone.
Iaria, in un bell’articolo, spiega che, se la cifra di 480 milioni per il 48 per cento fosse vera, saremmo in presenza di un assurdo: il Milan varrebbe più del Manchester United che è il club calcistico numero uno al mondo.
Anche Andrea Agnelli, presidente della Juventus, non ha taciuto le sue perplessità di fronte a questi numeri.
E allora com’è la faccenda?
”C’è solo una spiegazione plausibile, dal punto di vista tecnico, per la valutazione di cui si parla (…) a proposito del Milan. Ed è questa: i 480 milioni per il 48% delle azioni tengono già conto del cosiddetto premio di maggioranza, cioè il surplus sul prezzo che il venditore è disposto a riconoscere in cambio del controllo di un’azienda (…) Ma Fininvest esclude tutto questo…” ha scritto Iaria.
Quindi, come nel gioco dell’Oca, siamo tornati alla casella iniziale, piena dei nostri dubbi. Che ci terremo, penso, fino allo scadere delle otto settimane.
I dubbi, peraltro, circondano anche un altro soggetto accostato prima all’Inter e poi al Milan, la Doyen Sports, descritta così da Mario Gerevini in un articolo sul Corriere della Sera: “Uno strano «animale» che vive tra calcio e finanza, si ciba di cartellini di calciatori, influenza il calciomercato e, come una banca, finanzia i club. Ci vuole grande e agile liquidità per farlo. Da dove vengono i capitali?”.
Mistero.
Non è un mistero, invece, che lo “strano animale” faccia il bello e il cattivo tempo nella compravendita dei talenti calcistici. E che lo faccia a livello mondiale. Ma lasciamo da parte la Doyen Sports e i suoi misteri, almeno per questa volta, altrimenti scatta il mal di testa.
E accendiamo i riflettori su Er Viperetta.
Reduce dal fallimento di una compagnia aerea, trascinato in tribunale dalla ex moglie che lo accusa di aver falsificato un paio di fidejussioni bancarie, proprietario di una catena di cinema e produttore di film, Massimo Ferrero, tifosissimo romanista, è sbucato dal nulla il 12 giugno 2014, quando Edoardo Garrone, rampollo di una famiglia di petrolieri genovesi ai vertici della ERG, ha convocato d’improvviso una conferenza stampa, se lo è messo a fianco e ha annunciato di avergli venduto la Sampdoria.
Come, dove e quando i due, diversi quanto il Sole e la Luna, si siano incontrati, nessuno lo sa.
Si sa, invece, che il club è stato ceduto per 1.000 euro alla Holding Max, una srl (società a responsabilità limitata) costituita il 27 giugno 2014 e appartenente a due figli di Ferrero: Vanessa ha l’80 per cento, Giorgio il 20 per cento.
Non sono le uniche stranezze dell’affaire.
La famiglia Garrone ha dato un sacco di soldi a Er Viperetta (bersaglio di Maurizio Crozza, che lo imita benissimo); eppure, un anno dopo, la Sampdoria presenta i conti in rosso, come ha rivelato Andrea Montanari sul quotidiano Milano Finanza.
Iaria, il giorno seguente all’articolo di Montanari, si è chiesto, sempre su La Gazzetta dello Sport, che cosa farà ora Ferrero e quali sono davvero i suoi rapporti con i Garrone.
Ferrero non ha gradito e ha fatto scrivere un comunicato del genere “tutto va bene madama la marchesa”.
Risultato: Iaria, quasi in tempo reale, ha rincarato la dose. Morale: sembra di capire che servono urgentemente contanti per mettere a posto il club. E che potrebbero arrivare proprio dai Garrone.
Domanda dell’ingenuo: com’è che il venditore, già molto generoso tanto da dare una dote al compratore, dodici mesi dopo il passaggio di proprietà dovrebbe sborsare altri quattrini? Di solito non è il venditore che incassa?
Lascio a voi la risposta. E lascio a voi anche tutti i maligni pensieri che un simile interrogativo è in grado di scatenare.
Certo, con il Parma affondato nei debiti di una colossale bancarotta e il Catania annegato nella vergogna delle partite truccate, quanto vi abbiamo appena raccontato è finito in secondo piano.
E l’Italia ha problemi ben più gravi del calcio, per carità.
Ma passare per stupidi non è mai bello. Nemmeno se si tratta di pallone. Perciò vi ho raccontato le tre storie.
Così, almeno, nelle chiacchiere da bar non farete la figura dei boccaloni...
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