La notizia del giorno è l'annunciata moratoria da parte del Kiev sul debito di 3 miliardi di dollari di obbligazioni nei confronti di Mosca, in scadenza il 20 dicembre: ufficialmente, è il default ucraino. Quindi, per la gran parte dei media, sono inesistenti tutte le altre informazioni, quelle che giungono dal Donbass sul continuo, quotidiano stillicidio di tiri di artiglieria contro le cittadine delle regioni di Donetsk e di Lugansk più vicine alla linea di contatto, da cui le armi pesanti, in base agli accordi di Minsk, dovrebbero essere state ritirate a una distanza di almeno 70 km. E invece Kiev sta da settimane tornando a far affluire carri armati, sistemi missilistici, mortai pesanti e reparti armati proprio a ridosso di quella linea e sta continuando a colpire il territorio delle Repubbliche popolari, cercando in tal modo di provocare la reazione delle milizie e poter così dar libero corso a quell'offensiva massiccia che la ricognizione militare di DNR e LNR sta paventando da giorni.
La punta di lancia di tali provocazioni è costituita ancora una volta dai battaglioni ultranazionalisti e neonazisti che, stando all'agenzia DAN, anche la notte scorsa e nella prima mattinata di oggi hanno martellato con lanciagranate e mortai la zona del Donbass a ridosso della linea del fronte, a nord di Donetsk. Oggi il comando delle milizie della LNR dichiara che l'utilizzo, da parte di Kiev, dei reparti neonazisti, potrebbe presto condurre a un aperto conflitto tra questi e le forze armate regolari ucraine.
Pravyj sektor, mentre non cessa le provocazioni armate contro le milizie del Donbass, sta apertamente accusando Kiev di deliberato “genocidio” nei confronti dei propri adepti, portando avanti in tal modo la propria lotta interna contro Petro Porošenko e il Ministero della difesa ucraino. E lo fa, smascherando proprio i piani di Kiev relativi all'offensiva contro la Novorossija. Come ha scritto il 17 dicembre l'agenzia nnr.su, i neonazisti di Pravyj sektor avrebbero reso pubblica una missiva indirizzata lo scorso 15 novembre dal Ministero al presidente, circa “l'opportunità di una massiccia offensiva” e, “allo scopo di fugare ogni eventuale accusa da parte dei partner europei e di Mosca”, la si definisce “prematura”. Al tempo stesso però, il Ministero giudicherebbe “opportuno un attacco lungo tutto il fronte condotto dai reparti volontari nazionalisti, in primo luogo Pravyj sektor. Ciò consentirebbe non solo di sfiancare le forze delle milizie, ma anche di discreditare le forze radicali ucraine e la loro negativa influenza sulla sicurezza dello stato”. Tanto più che, a quanto pare, i padrini occidentali starebbero imponendo a Kiev di disfarsi dell'ingombrante presenza dei cosiddetti “battaglioni volontari”, le cui azioni troppo apertamente terroristiche nei confronti dei civili del Donbass mettono a repentaglio l'immagine della democrazia occidentale che sostiene il regime golpista di Kiev.
La “raccomandazione” a Porošenko circa la condotta da tenere nei confronti dei battaglioni, gli deve essere stata ribadita anche ieri dai vertici Nato, in occasione della firma a Bruxelles della Carta di collaborazione tecnico-difensiva tra Ucraina e Nato. Al termine dell'incontro con il Segretario generale Jens Stoltenberg e con il Comandante delle forze Nato in Europa, Philip Breedlove, al quartier generale dell'Alleanza atlantica, Porošenko ha dichiarato che “è sempre piacevole sentirsi in una cerchia di autentici amici e alleati. In questi tempi difficili, la Nato si dimostra un sostegno sicuro e siamo molto grati per questo aiuto”.
Proprio in ciò, nel sempre più fattivo sostegno Nato, le milizie scorgono un ulteriore segnale per cui Kiev, sentendosi sicura della propria impunità e dell'appoggio atlantico, potrebbe arrivare a una escalation del conflitto, “giustificata”, per così dire, anche dall'interpretazione occidentale delle affermazioni di Vladimir Putin circa la presenza di volontari russi nel Donbass.
Oggi, il portavoce presidenziale Dmitrij Peskov ha tenuto a precisare quanto detto dal presidente russo nel corso della conferenza stampa di ieri al Cremlino, onde fugare il voluto fraintendimento fattone dai vertici Nato. Alle dichiarazioni di Jens Stoltenberg, secondo cui Vladimir Putin avrebbe ammesso la presenza di “soldati russi” nel Donbass, Peskov ha replicato che “là c'è una guerra e gli uomini sono andati volontariamente a combattere, a prender parte alle azioni di guerra; uomini non solo russi, ma anche di altri paesi della CSI. E quando Putin ha parlato delle questioni della guerra, si è riferito non a specialisti militari, bensì a volontari. Il presidente”, ha detto Peskov, “ha dichiarato che la Russia non nega che in Ucraina ci siano persone che stanno risolvendo questioni militari, ma non ci sono militari regolari. Da parte loro, invece, il segretario generale Nato e il presidente ucraino hanno interpretato queste parole come una sorta di ammissione della presenza di specialisti militari russi nel Donbass”.
E dunque, come detto all'inizio, il primi ministro ucraino Arsenij Jatsenjuk ha posto ufficialmente la moratoria sul pagamento del debito di 3,582 miliardi di $ di eurobond acquistati dalla Russia, fino all'accoglimento delle proprie proposte, scrive Interfax, sulla ristrutturazione del debito o fino al raggiungimento di una soluzione processuale del contrasto tra Kiev e Mosca. Naturalmente, Jatsenjuk riversa la colpa della situazione su Mosca, che “ha rifiutato di accogliere le nostre proposte, nonostante i nostri ripetuti tentativi di sottoscrivere un accordo sulla ristrutturazione”.
In precedenza il FMI aveva riconosciuto come “sovrano” il debito ucraino nei confronti della Russia e ieri il Ministro delle finanze di Mosca, Anton Siluanov, aveva dichiarato che la Russia attende da Kiev una proposta per la regolazione del debito; in caso di mancato pagamento, difenderà i propri interessi in giudizio.
Intefax ricorda come a inizio dicembre il FMI avesse introdotto nuove regole, che permettono di far credito ai debitori anche in caso di default per debito sovrano. Secondo Mosca, le nuove disposizioni sarebbero state introdotte appositamente a vantaggio di Kiev. Ma, ciononostante, l'allargamento del credito del FMI all'Ucraina potrebbe comunque saltare, a quanto pare, a causa dei problemi legati all'adozione del bilancio 2016 da parte di Kiev. Tutte le frazioni parlamentari alla Rada infatti, a esclusione del “Fronte popolare” del permier Jatsenjuk, si sarebbero pronunciate contro il progetto di bilancio concordato col FMI.
Sulla questione del debito con la Russia, Mosca già lo scorso novembre aveva proposto a Kiev una sua rateizzazione in tre anni (1 miliardo di $ l'anno fino al 2018), condizionata alla garanzia da parte di USA, UE o FMI. Garanzia ufficialmente rifiutata da Washington. Porošenko doveva riferirsi proprio a questo quando ha dichiarato di “sentirsi a proprio agio nella cerchia di autentici amici e alleati”!
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