E adesso saranno problemi... I ministri del petrolio di Arabia Saudita, Russia, Qatar e Venezuela si sono accordati per congelare gli attuali livelli di estrazione del greggio ai livelli del mese scorso. Non più aumenti disperati, nella guerra di tutti contro tutti, che hanno portato il prezzo del petrolio ai livelli del 2003, prima della grande corsa (+500% in sei anni) interrotta solo dall'esplosione della crisi finanziaria nel 208.
Il ministro del Qatar ha diramato la notizia prima ancora che la riunione si concludesse. L'effetto immediato è contraddittorio, almeno sui mercati. Il prezzo del petrolio stava infatti rapidamente risalendo (+6% solo nella mattinata di oggi) perché dalla riunione ci si attendeva addirittura un accordo per la riduzione dei livelli di produzione. Invece è arrivato solo il congelamento, che pur garantendo che l'offerta di questi paesi non salirà, non elimina l'eccesso di produzione che ha affossato fin qui il prezzo. Tanto più che l'Iran – formalmente fuori da quest'accordo, ma che probabilmente è in qualche misura "rappresentato" dalla Russia – ha appena ripreso a esportare in tutto il mondo con la fine delle sanzioni Usa ed europee.
Altri dettagli rendono questo accordo molto precario. Per esempio il fatto che entrerà effettivamente in funzione solo se tutti gli altri principali produttori (gli altri 10 membri dell'Opec, quantomeno) lo firmeranno a loro volta.
Ma non c'è dubbio che comunque questo primo tentativo di "stabilizzare" la caduta del prezzo del greggio segnala la necessità urgente dei paesi produttori di "tornare alla normalità"; ossia di contare su entrate consistenti.
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