La smentita del ministro del lavoro (?) all'allarme diffuso dai sindacati sul taglio delle pensioni di reversibilità in realtà lo conferma pienamente. Il ministro, di cui non è particolarmente conosciuto l'acume, non si è reso conto di aver utilizzato la formula standard con la quale sono state sempre giustificate le manomissioni del sistema pensionistico.
Dalla riforma Dini del 1995 ad oggi, sempre i governi hanno affermato che non sarebbero state intaccate le pensioni in essere, mentre massacravano tutte le altre. Questa affermazione era certamente dovuta al fatto che la Corte Costituzionale avrebbe bocciato una riduzione dell'assegno di chi già fosse in quiescenza.
Questo non vuol dire che poi le pensioni ai pensionati non siano state davvero ridotte, basti pensare al taglio della rivalutazione recentemente condannato da una ennesima sentenza della Corte, che poi Renzi e Poletti non hanno rispettato. Tuttavia è vero che in gran parte i tagli sono inizialmente precipitati addosso a chi sarebbe andato, forse, in pensione e non a chi in pensione ci stava già. Per questo la smentita non smentisce niente.
Se le prossime pensioni di reversibilità al coniuge del deceduto saranno calcolate tenendo conto dell'ISEE familiare, esse saranno devastate.
Infatti basta solo che in una famiglia di 5 o 6 persone entrino due stipendi operai, e questa famiglia per l'ISEE sarà considerata benestante. Quindi le future pensioni di reversibilità saranno tagliate e tanto. Per quelle in essere ci sarà solo da attendere che si scateni la campagna contro i privilegi di chi conserva qualche diritto che gli altri non hanno più.
A quel punto per ragioni di equità taglieranno anche quelle che ora dicono di non voler tagliare.
Come hanno sempre fatto tra una smentita e l'altra. Poletti è solo l'ultimo e il meno credibile di una lunga serie di ministri di governi che hanno considerato il sistema pensionistico pubblico come il loro bancomat.
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