La sconfitta renziana ha assunto domenica proporzioni imprevedibili.
Eppure era possibile anticipare non solo la parabola discendente del
leader “democratico”, tutto sommato semplice da decifrare per chi vive
nel paese reale – cioè nella sue periferie e nei suoi territori
devastati dal liberismo europeista – quanto chi avrebbe svolto
il ruolo del bastonatore: il Movimento 5 Stelle.
Le altre ipotesi erano
plausibili solo per chi in questi anni ha vissuto nell’illusione di
contare ancora qualcosa nella società. Il carro del vincitore si è però
affollato di gente, sbracando letteralmente ogni possibile dialettica. A
Roma come a Napoli o Torino. La sconfitta del Pd, l’obiettivo
principale di queste elezioni, sta prendendo la direzione dell’apertura
di credito ad un Movimento che, sebbene espressione di contraddizioni
fervide di potenzialità, non può essere considerato un “amico” politico.
Saltiamo a piè pari ogni analisi del voto d’altronde già fatta prima del
5 giugno, quando ipotizzare scenari e indicare soluzioni tattiche era
decisamente meno comodo. Da oggi, si apre una partita completamente
diversa. La lotta nelle contraddizioni del M5S non può essere la stessa rispetto alla lotta contro il
Partito democratico. Abbiamo di fronte due scenari possibili, almeno
per quanto riguarda Roma. Da una parte, Virginia Raggi potrebbe
ripercorrere l’involuzione à la Pizzarotti, cioè giocarsi la
partita sul piano cittadino, puntando sulle retoriche legate alla “buona
amministrazione”, provando attraverso “legalità”, “giustizia”, “lotta
al malaffare”, “buone pratiche”, a risolvere i problemi cittadini. E’ la
strada che condurrebbe il M5S alla rovina entro pochi mesi, sopraffatta
dalla marea di contraddizioni metropolitane che gravitano attorno alla
principale: il vincolo di bilancio e i patti di stabilità che
impediscono spese in deficit e redistribuzioni del reddito.
All’altro
capo dello scenario, il M5S a Roma potrebbe decidere di aprire
immediatamente una battaglia politica sul debito, sulla sua
ristrutturazione, sulle possibilità di non pagarne una parte, sulla
lotta contro le privatizzazioni dei beni pubblici e sul No al referendum
su Renzi di ottobre. E’ lo “scenario à la De Magistris”,
quello per cui si mettono in secondo piano i problemi cittadini per
ritagliarsi uno spazio di agibilità nazionale e soprattutto politico.
Sarebbe, a nostro giudizio, l’unica possibilità per il M5S non solo di
reggere alla prova di governo della Capitale, ma anche di agglutinare il
fronte contrario a Renzi che si esprimerà al referendum.
Nel primo
caso, la lotta nelle contraddizioni del M5S non potrà che sfociare in una lotta apertamente contro
il movimento di Grillo, perché in sostanza partecipe dei vincoli
nazionali e sovranazionali che a parole dice di criticare. Nel secondo
caso, la lotta sociale e politica cittadina dovrà esercitare la massima
pressione affinché la “parte progressista” del programma grillino venga
applicata alla lettera, senza infingimenti, mediazioni o tentennamenti
politicisti. Questa seconda ipotesi rappresenta l’unica possibilità
concreta di rottura con l’ordine neoliberista europeista. E’ una chance che
difficilmente si ripresenterà nel prossimo futuro. Per la prima volta
da anni c’è la concreta possibilità di spezzare l’egemonia liberista
laddove questa ha assunto la sua forma più cosciente e organica:
l’ideologia del debito e delle privatizzazioni. Non l’abbiamo
determinata noi e potremmo continuare a risultare irrilevanti. Ma
l’unico modo che abbiamo per operare questa rottura “da sinistra” è
costringere, attraverso una conflittualità intelligente, il M5S
a Roma a prendere una direzione piuttosto che un’altra. Serve in questo
senso però una convergenza nazionale. Tolta Milano, le tre principali
città del paese sono oggi non solo contro il Pd, ma contro l’ideologia
liberista-europeista basata sui patti di stabilità. C’è la possibilità
di scardinare i vincoli europei? Forse no, ma non provarci nemmeno
vorrebbe dire non giocare una partita mai come oggi densa di
potenzialità. L’appuntamento del Referendum, in questo senso, facilita
ulteriormente le cose: ci dà una data, un obiettivo politico, un terreno
di confronto. Perché non provarci?
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