Il terremoto è in pieno corso e sui
giornali si leggono deliri uno peggiore dell’altro. Il più diffuso è
quello che “legge” il risultato come una lotta fra vecchi egoisti e giovani, incuranti del fatto (notato dal solo Enrico Letta) che i giovani hanno votato solo nel 36% del totale, mentre gli anziani hanno votato nell’83%.
Quindi, considerato che secondo gli
stessi “raffinati” analisti che parlano di massiccio voto giovanile per
la Ue, c’è pur sempre un 25% di essi che ha votato per la Brexit, questo
significa che, sul totale dei giovani inglesi, i due terzi si sono
chiamati fuori, il 9% ha votato contro la Brexit ed il 27% a favore. Praticamente i favorevoli sono poco più di un po’ di fighetti in Erasmus e simili: niente di politicamente significativo.
Seconda bufala propagata dai giornali
(solo quelli italiani, però, visto che quelli inglesi ignorano il fatto
così come la maggior parte di quelli del resto d’Europa): 2 milioni di
firme per un secondo referendum sullo stesso tema. Insomma, il girone di
ritorno. Solo che:
1. si tratta di firme on line non certificate da nessuno e di persone
che dichiarano di essere cittadini inglesi ma che nessuno può garantire
siano tali (io sono molto perplesso dal metodo M5s delle consultazioni
on line, ma a quelle, almeno, partecipano persone certificate!).
Segnalo che ben 4.000 firme provengono dalla Città del Vaticano, dove ci
sono solo meno di 1.000 abitanti, e che diversi giornalisti dichiarano
di aver votato sotto falso nome e per molte volte;
2. politicamente la cosa è piuttosto difficile: il Parlamento è a
maggioranza conservatrice e, dopo questa scoppola, non immagino i
conservatori che votano per un secondo referendum che li vedrebbe
spaccati una volta di più;
3. non so se i partner dell’Unione accetterebbero di restare in fibrillazione per altri mesi per poi rischiare un nuovo shock finanziario in caso di Ri-Brexit;
4. la cosa si incrocerebbe con le tendenze centrifughe del Regno
Unito: per ora dobbiamo vedere se parte una seconda richiesta di
separazione della Scozia (e magari dell’Ulster) che necessariamente
dovrebbe precedere il referendum sulla Ue, perché non è immaginabile che
partecipi al voto chi sta per uscire dall’Uk; ma, in questo caso, il
remain sarebbe ancora più debole. Ma se si decidesse per il secondo
referendum e questo vincesse, potrebbe partire la richiesta di
separazione dell’England. Insomma peggio la toppa del buco.
Poi non ne parliamo delle cose
incredibili scritte a proposito di operai pentiti (“cosa abbiamo
fatto?!”), apologie dell’Unione ed inni alla gioventù. Il primato credo
spetti a Mario Calabresi, neo direttore di Repubblica che scrive:
Oggi le paure dei vostri padri e dei vostri nonni hanno deciso che la Gran Bretagna tornasse ad essere un’isola, che voi tornaste stranieri dall’altra parte della Manica... Ci stanno raccontando che non c’è più bisogno di esperti e competenze... Tappatevi le orecchie, non ascoltate gli imbonitori e pretendete politici umili.
E via di questo passo. Se il direttore
di un grande giornale (che è persona intelligente) scrive cose di questa
rozzezza vuol dire che ha perso la brocca. Ma capisco: il colpo è stato
troppo forte e la fibra dell’uomo troppo debole.
E’ interessante che nessuna delle grandi testate sia giornalistiche che televisive stia cercando di capire quale è stato il cammino storico che ha portato a questo esito.
Non uno ha ricordato i referendum del 2005 (Francia, Olanda) che
affossarono quel mostro di trattato istitutivo dell’Unione. La classe
politica reagì con il trattato di Lisbona, prudenzialmente non
sottoposto a nessun referendum. E questo la dice lunga su come la classe
politica europea abbia ignorato quel segnale del 2005. Esso non fu
capito per niente e ciò ha posto le premesse del risultato odierno.
Insomma vorrà dire qualcosa che ogni qual volta i popoli europei siano
stati consultati su questo processo di unità, il risultato sia stato
sempre negativo.
Ora sembra che tutto si riduca alla momentanea crisi senile di tanti inglesi. Signori, ma studiare un po’ di storia no? Ma non vi siete accorti che la Ue è già morta da diversi anni?
Questo è solo il certificato di morte. Poi possiamo decidere di tenere
la salma intubata, ma al massimo si guadagnano un po’ di mesi e poco
più.
Il giudizio politico sul referendum
inglese deve partire da qui e da un chiarimento: la Ue non si identifica
con l’idea di Europa unita, quasi che ci sia un solo modo per farla. La
Ue è solo uno dei progetti possibili: quello elitario, tecnocratico,
bancocentrico ed antipopolare. E la conferma viene da vecchi arnesi di
regime come Monti e Napolitano, per i quali il popolo non deve mettere
becco in certe materie riservate ai grandi sacerdoti della finanza e
della casta politica. Il popolo capra si limiti a scegliere il suo
pastore quinquennale, che è già una concessione eccessiva.
E dunque, la sconfitta della Ue, in una ottica democratica è un fatto solo positivo.
Certo, questo ha dei prezzi: speculazioni finanziarie, accordi che
saltano e diritti rimessi in discussione, pressione vetero
nazionalistica e così via, ma avete mai visto una crisi storica che non
abbia prezzi? Se l’Europa dei popoli non deve essere solo un innocuo
slogan, occorre spazzare via questa Europa. L’errore (e mi pare ci sia
cascato anche Grillo) è pensare che l’Europa dei popoli si faccia
modificando un pezzo alla volta questo mostro tecnocratico. Non è così:
la Ue non è riformabile perché la cupola di burocrati, banchieri,
finanzieri vari, classi politiche nazionali che la dirigono non lo
permetteranno mai e le norme stabilite dai trattati non danno
possibilità di aggirarli. Perché bisognerebbe prima cambiare la Germania
che ne è l’arcigna custode. Perché il sistema dei media asserviti alla
cupola fa opera di disinformazione quotidiana. Come si diceva una volta:
la Ue si abbatte e non si cambia.
D’altra parte, a spazzarla via stanno
pensando la crisi economica, l’inettitudine di un ceto politico di
bestie, il montare della protesta... Questo, cari amici “europeisti” è un
capitolo già chiuso.
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