Non si può dire che Renzi non parli chiaro o non abbia le idee chiare: ha recentemente dichiarato “se prendiamo Milano stiamo tranquilli”. In effetti è così: perdere Torino o Bologna, oltre Roma e Napoli sarebbe cosa sopportabile (persino se entrambe), ma perdere Milano sarebbe più grave per il Pd e gravissimo per lui.
Milano è la seconda città d’Italia ma ha
un peso di immagine che va ben oltre il milione e trecentomila abitanti
che conta. E’ il cuore finanziario del paese, ne è la capitale dal
punto di vista dei media, conserva ancora un pezzo di industria e,
soprattutto, con il 2011 segnò il tramonto dell’era berlusconiana. La
conquista dell’imprendibile fortezza della destra italiana segnò
l’inizio della fine di Berlusconi; oggi, in uno scenario ricco di
analogie con il 2011, una sconfitta milanese sarebbe una conferma della
discesa dell’astro renziano e del Pd.
Vincere a Milano è essenziale
perché permetterebbe di presentare la tornata elettorale come una
tenuta del Pd o forse una piccola vittoria. Considerato che con ogni
probabilità Bologna sarà confermata al Pd e che Napoli e Roma erano
perse in partenza, perdere (eventualmente) la sola Torino aggiungerebbe
poco al quadro generale, mentre perdere Milano significherebbe dire che
il Pd è battuto in tutte le città italiane con più di 1 milione di
abitanti.
Per Renzi personalmente, poi, sarebbe un
disastro di immagine irreparabile: Sala è stato il suo candidato e lui
ci ha messo la faccia, così come per Giachetti e la Valente. Il che
vorrebbe dire che tutti i candidati di Renzi hanno portato il Pd alla
sconfitta. A questo punto, vincere a Torino e Bologna, dove ci sono
candidati non renziani o, comunque non identificabili tout court con il
segretario, sarebbe quasi peggio ai fini della tenuta interna al Pd.
E, dunque, Renzi ha ragione a dire che,
di una vittoria milanese, ha assoluto bisogno (appunto, se qui il Pd
fosse sconfitto, “non potrebbe stare tranquillo”): magari con una
vittoria a Trieste, una a Francavilla a Mare ed un altro paio di centri
minori e raccontando la balla che il Pd ha preso 1200 sindaci su 1300
(tanto poi nessuno controlla) si può raccontare la balla che si è vinto o
quasi.
Ragion per cui l’alternativa secca è: o
vince Sala, e vince Renzi che apre così la battaglia d’autunno per la
Costituzione, o Sala Perde e Renzi entra nello scontro per il referendum
da perdente. Perché, cari amici, diciamocelo, queste non sono elezioni
amministrative ma politiche. Qui di chi sarà il sindaco di Milano, di Bologna o di Canicattì non ce
ne può fregare di meno, è in ballo molto di più, lo scontro referendario
e l’edificazione di un regime. E dunque, basta con il ritornello “sono
elezioni amministrative”. Questo è solo un imbroglio a cui quelli di Sel e simili stanno dando vergognosamente manforte.
Ma, d’altro canto, si capisce perché si
prestino ad un mestiere così poco onorevole e lo ha detto Pisapia,
secondo il quale, senza il Pd, la “sinistra” non avrebbe possibilità di
sopravvivere. Ed è così, se per sinistra si intende un partito di
aspiranti assessori terrorizzati dall’idea di poter svolgere un ruolo
autonomo in politica e che vuol vivere parassitariamente nella
confortevole ombra del grande partito. Sel ha un senso solo come
copertura a sinistra del Pd. Un motivo di più per far perdere il Pd.
Ma, storceranno il naso alcuni: “La
destra ha dentro fascisti e leghisti, sono pieni di ladri,
distruggerebbero le città... Il M5s non è pronto per governare, è fatto di
incompetenti agli ordini della Casaleggio, non si sa che gioco fanno... De
Magistris è un demagogo...”
Può darsi che sia tutto vero, non so, ma
so che il Pd è peggio e va tolto di mezzo. Cari amici, rassegniamoci:
possiamo voler male ad un partito per volta e, adesso, tocca al Pd.
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