La credibilità dei media italiani è, salvo lodevoli eccezioni, allo stesso livello del ceto politico che viene intervistato sulla stampa o in tv. Il referendum britannico è stata l’occasione per testare come il livello di qualità, a prescindere dalle posizioni, dei media nazionali sia molto basso. Quasi tutti i tg, dopo il risultato del referendum si sono strutturati come strumenti di propaganda dell’unione europea ripetendo mantra insensati. Le principali all news –a pagamento o su digitale terrestre- sembravano esser state commissariate direttamente a Bruxelles. In pochi, e comunque non italiani, si sono messi a raccontare quello che è accaduto. Ovvero che in un referendum consultivo, che deve essere dibattuto e ratificato in parlamento, una lieve maggioranza si è espressa per la Brexit. In caso di risposta negativa del parlamento, la cui maggioranza al momento è Bremain, allora si dovrebbe procedere ad un secondo referendum. In questo caso con potere abrogativo.
Certo, se le borse caricano di significato gli appuntamenti elettorali, per motivi oggettivi ma anche perchè un’elezione è una ottima fabbrica di volatilità finanziaria da saper sfruttare, i media si scatenano (e viceversa). Ma quando il favorito alla successione di Cameron, Boris Johnson (ex sindaco di Londra e organico alla City), dice apertamente che la Brexit non è così rapida e neanche così scontata, desta una certa curiosità il fatto che dalle nostre parti non se lo sia filato praticamente nessuno. A favore della rappresentazione, tra studi televisivi e copertine di giornali, di infografiche dove si racconta cosa cambia “da domani” con la Brexit. Dalla premier League ai soggiorni dei lavoratori, degli studenti, all’acquisto del tè, i voli low cost etc . Ma è tutta fantascienza, rappresentata con le armi dell’improvvisazione da redazioni che trovano audience maggiore rispetto alla media stagionale grazie al referendum.
Ovviamente “da domani” cioè da oggi non cambia assolutamente nulla. Da oggi l’attenzione è sulla procedura che deciderà di scegliere il parlamento britannico. Procedura che, tra mancata accoglienza del risultato del referendum consultivo in parlamento e nuova consultazione, potrebbe anche ribaltare il risultato. Fatto che veniva evidenziato dalla Handelsblatt, il Sole 24 ore tedesco, e in misura minore dall’Espresso, e che potrebbe portare ad una rinegoziazione della presenza britannica in Europa non ad una Brexit. Insomma, ad una ricomposizione del trauma. Qui ci sono però due problemi. Non piccoli e non di facile composizione. Non si pensi che in Gran Bretagna il voto sia solo quello “di pancia”, per usare una pessima espressione dei media italiani che si sforzano su tutto meno che a capire qualcosa.
Circolano, da tempo analisi, comunque serie, in Uk sul guadagno economico e geopolitico della Brexit. I capisaldi di questi ragionamenti sono due
1) la sterlina perderà valore ma, ad un certo punto, il calo strutturale della moneta britannica permetterà un rilancio economico del Regno Unito di serie proporzioni. Per non parlare della borsa finalmente libera da ogni ipotesi di ingerenza Ue (sulle banche il discorso è più complicato, ma lo si vede risolto).
2) Il continente Ue è demograficamente bollito, economicamente esangue, a rischio stagnazione secolare. La globalizzazione guarda altrove e, con lei, il nuovo asset del Regno Unito libero dai vincoli Ue. Politici prima di tutto.
Nigel Farage, sempre con la birra in mano, rappresenta la faccia del folklore di questo atteggiamento. Il resto altro che gente sperduta nelle Midland che non sa cosa fare, indecisa tra il pub e il seggio. Dietro l’indirizzo politico, economico e finanziario c’è. Non a caso Cameron è stato costretto ad ascoltarlo fino a concedere il referendum perdendolo assieme alla carica di primo ministro. Boris Johnson, almeno all’inizio, si mostra come elemento di mediazione tra questa tendenza, che guarda altrove, che è isolazionista solo nella propaganda del tg3 e quella del mantenimento di legami, rinegoziati, con l’Ue. E’ un piano sul quale, i precari che mangiano fish and chips maledicendo i migranti e impaurendo gli utenti dei social media delle sinistre continentali, non c’entrano ovviamente nulla. E’ il piano del comando, quello dei capitali globali che si affacciano su Londra. Una piazza, il London Stock Exchange dove si tratta, tra l’altro, finanza islamica secondo le leggi della sharia. Difficile dare dell’isolazionista, razzista a questa dimensione. Il capitale è apolide anche quando si presenta sulla spinta del voto sangue e suolo.
Che c’è però qualcosa di ben diverso da quanto rappresentato dalla fantascienza dei media italiani (sul nostro impagabile Tirreno ieri la notizia era la vittoria del Remain e la sterlina che volava, ma qui si parla dei campioni della science-fiction in persona). E lo si capisce in Germania dove, oltre alla prospettiva fatta intravedere dalla Handesblatt ne esce un’altra. Dallo Spiegel che, oltre ad essere importante, è un settimanale ben attento alle esigenze della borsa di Francoforte per interposta persona del social-liberismo tedesco. Lo Spiegel nella edizione online monta una prima pagina con la foto della Raggi e con un articolo che comincia con accenti durissimi, che sfuggiranno (non è la prima volta, altre volte è accaduto su cose che si sono avverata) alla propaganda e alla fantascienza dei media italiani. Veloce traduzione: “Gli avversari della Ue festeggiano e sognano un’uscita in serie dall’Unione. Ma devono darsi, per la prima volta, una calmata osservando come sarà dolorosa la Brexit per i britannici”. Una vera dichiarazione di guerra finanziaria, o di accesa guerra fredda, per la Gran Bretagna. E anche un monito serio all’Italia, la foto della Raggi ha il suo peso simbolico, e al movimento di Grillo. Il quale parla, in queste ore, di rimanere nell’Unione Europea ma non nell’euro. Forse qualcuno non ha capito che una parte del grande capitale tedesco vuole per la Gran Bretagna, e per i “populismi” nazionali, un trattamento alla Tsipras. Per il movimento 5 stelle si tratterà di arrivare a capire che in Europa, dove si guarda con occhi commissariali come per Tsipras alla Raggi, non valgono le regole del non-statuto, delle comunarie e dello staff di Casaleggio. Il gioco si farà grosso e richiederà strumenti ben piu’ sofisticati di quelli messi in campo. Già, ma come e perchè questi toni e atteggiamenti?
Prima di tutto la governance multilivello Ue vede un rischio, non lontanissimo, di fare la fine del patto di Varsavia, che si dissolse poco più di due anni dopo la caduta del muro di Berlino. Per questo minacciare l’Italia, mettendo la Raggi sotto l’obiettivo, non è questione periferica. Per minacciare si deve però dare l’esempio: secondo quest’altra versione tedesca la Gran Bretagna deve essere umiliata. Come? Ma soffiando sul secessionismo dell’Ulster e della Scozia, chiudendo in modo commercialmente punitivo la partita Brexit. E la finanza? Juncker esprime il paese che più ha guadagnato in termini di servizi finanziari, legali come in nero e offshore, dall’apertura dell’Ue: il Lussemburgo. Questo paese, per quanto geograficamente minuscolo, è una sorta di Singapore, patria dei capitali senza freni e dei depositi bancari piu’ discreti, che non ha alcuna intenzione di perdere il suo status. E’ chiaro che in questa visione dei rapporti con la Gran Bretagna, uscita via Spiegel, si esprime una alleanza lussemburghese-tedesca-francese (molto recentemente il ministro dell’economia Sapin ha parlato di “nuovo ruolo della borsa di Parigi”) tesa a cannibalizzare quanto possibile il ruolo della piazza di Londra dopo la Brexit. Proprio per contrastare un ruolo forte, e vincente, di Londra dopo l’eventuale Brexit. Smantellando la Gran Bretagna, favorendo la secessione di Scozia e Ulster, impoverendola dando così un segnale forte a Francia, Italia e Spagna: del genere “chi esce di qui è un reietto destinato a vivere di veleni e miseria”. Ma chi vincerà a Berlino? La tendenza Handelsblatt o quella Spiegel, quella trattativista o quella della guerra finanziaria, guerra fredda di livello acceso?
State tranquilli, l’Italia di Renzi sarà comunque prona nei confronti della tendenza vincitrice a Berlino. Specie ora che la Raggi è sotto gli occhi di Berlino. Mentre la fantascienza mediale italiana è attenta ad altro. E ci sono rischi reali che il referendum di ottobre verrà giocato sotto scopa da parte dei mercati finanziari. Minacciando l’opinione pubblica italiana con l’ascesa degli spread. Fantascienza? Molto meno di quella venduta dalle redazioni dei giornali italiani.
Qui ci sono quindi due prospettive da far valere nelle prossime settimane a livello di analisi. La prima di una mediazione che, giocoforza, si impone. Come augurato dalla Handelsblatt. Una rinegoziazione che, magari, porta davvero ad una unificazione delle borse di Francoforte e Londra (l’una ha specializzazioni che richiede l’altra) oppure a un blocco dell’accordo in modo amichevole. Grazie ad una rinegoziazione della presenza britannica in Ue. La seconda è quella di una guerra finanziaria, giocata come elemento di sopravvivenza della governance Ue (e Bce) tesa a cannibalizzare la Gran Bretagna. Come elemento di guadagno, in una logica di guerra finanziaria ed economica, verso l’esterno. E di messa a terrore di ogni opposizione interna.
In ogni caso, la piccola e piccolissima classe media inglese che ha scelto la Brexit naturalmente verrà maledetta come razzista, fascista quando invece, e oggi non è poco, è solo di corte vedute. La Gran Bretagna come il paese isolazionista. Mentre la Ue il terreno della garanzia dei diritti e della democrazia. A sinistra abboccheranno in tanti, come è nella loro natura. In realtà siamo di fronte ad una prospettiva o di guerra o di compromesso. Di compromesso tra grandi capitali nell’ottica Londra-Francoforte, magari con Parigi e Lussemburgo che trovano un ruolo, e di guerra finanziaria, ed economica, tra Ue e Gran Bretagna. In mezzo, il nostro paese.
Redazione, 25 giugno 2016
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