di Francesca La Bella
L’assedio di Sirte da parte delle forze del Governo di Accordo
Nazionale (GNA) sembra aver indotto un significativo arretramento dello
Stato Islamico (IS) in Libia. Per quanto l’operazione sia, in base alle
dichiarazioni delle forze governative, improntata alla cautela a causa
della presenza di numerosi civili in città e dei numerosi attacchi
suicidi dei miliziani, l’offensiva iniziata il 12 maggio sembra
aver fortemente limitato le capacità di azione del gruppo. Anche
l’ultimo tentativo del movimento jihadista di uscire dall’accerchiamento
sarebbe, infatti, fallito. Secondo le dichiarazioni rilasciate all’AFP dal portavoce dell’esercito, Reda Issa, domenica
scorsa le forze dell’IS avrebbero cercato di rompere
l’assedio ad ovest di Sirte, ma le milizie del GNA li avrebbero
nuovamente costretti alla ritirata.
Dopo la sconfitta di Derna e la perdita
di una larga parte dei territori costieri sotto il proprio controllo
durante i primi mesi di quest’anno, l’IS, arroccatosi nella città di
Sirte e nelle aree limitrofe, si trova, dunque, davanti alla
necessità di ricollocare la propria presenza in territorio libico e di
stabilire nuove alleanze con attori locali per non scomparire. Se da un lato, l’azione del GNA e delle milizie di Misurata sembra dare i suoi frutti, le condizioni che hanno portato al radicamento del movimento islamista in Libia non sembrano essersi, però, modificate.
La perdurante instabilità del Paese e la netta separazione tra Governo
Sarraj e gruppi fedeli al Governo di Tobruk e al Generale Khalifa
Haftar, nonché la ferma opposizione di quasi tutte le forze interne ad
un intervento internazionale di supporto, lasciano presagire che,
nonostante l’imminente sconfitta a Sirte, lo Stato Islamico possa
scegliere di investire le proprie forze in aree meno soggette al
controllo dei due attori principali come l’area desertica del Fezzan. Nel
sud del Paese, infatti, la divisione insanabile tra popolazioni Tuareg e
Tebu lascia ampi margini di movimento all’azione del Wilayat Fezzan,
articolazione locale dell’IS, e numerosi attentati sia nell’area sia nelle regioni più a nord sono state rivendicate da questa sigla.
Se secondo fonti statunitensi l’IS
conterebbe tra i 5000 e i 6000 combattenti in Libia, la maggior parte
dei quali a Sirte, molti analisti ritengono che i numeri della presenza
dello Stato Islamico nel Paese siano sovrastimati e che il contingente
di militanti jihadisti sarebbe significativamente minore rispetto a
quello presente in Siria e Iraq. Nonostante questo, la fluidità di
intervento delle cellule militanti permetterebbe al movimento di
ricalibrare la propria azione in base alle contingenze.
Laddove
il movimento non può sfruttare una divisione sunniti-sciiti e le
alleanze (e le divisioni) tra le diverse anime del Paese poggiano su una
lunga storia condivisa, lo Stato Islamico vede, tra le sue fila, la
presenza massiccia di foreign fighters. La relazione sulla
crisi libica dell’Istituto di Affari Internazionali per l’Osservatorio
di politica internazionale del Parlamento italiano, a tal proposito,
afferma che, inizialmente, l’organizzazione aveva una forte componente libica,
la Brigata Battar, composta da veterani libici del conflitto in Siria e
Iraq. Successivamente, la leadership del gruppo avrebbe subito un
importante trasformazione e, ad oggi, sarebbe prevalentemente di origine
estera con membri provenienti, perlopiù, da Siria e Iraq mentre gran
parte dei militanti di base proverrebbero da Tunisia, Sudan e altri
Paesi del nord Africa e del Sahel. A questi si aggiungerebbero, inoltre,
numerosi foreign fighters europei come i 20 britannici che, secondo il
Telegraph, avrebbero raggiunto la Libia in queste ultime settimane.
Se questo aspetto potrebbe essere
percepito come debolezza, in realtà esso potrebbe essere la reale forza
del movimento i caso di arretramento da Sirte. Un forte
radicamento territoriale sicuramente avrebbe permesso un controllo
dell’area di più lungo periodo, ma a seguito di una sconfitta, la
ricollocazione in altre aree potrebbe risultare più difficoltosa. In questo senso i legami internazionali con Boko Haram (ISWA, Islamic State of Western Africa Province dopo
l’affiliazione all’IS) e la capacità di intervento a prescindere dal
territorio di appartenenza potrebbero essere i punti di forza per la
ripresa delle attività dello Stato Islamico. A fronte di un
contesto frammentato come quello libico, la mancanza di un potere
centrale forte e di un efficace controllo territoriale permetterebbe,
infatti, all’IS di perpetuare la sua presenza nel Paese e di utilizzare
il territorio libico come base logistica per destabilizzare l’intera
regione con attentati anche fuori dalle aree di propria competenza o nei Paesi limitrofi (come in Tunisia o in Egitto in passato).
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