La guerra mette in contraddizione aperta i decreti del potere e le “libertà fondamentali” che quei decreti, secondo la versione ufficiale, vorrebbero difendere. Se questo accade in Francia – uno dei pochi paesi europei dove i valori della democrazia e della laicità, come definiti dalla rivoluzione del 1789, sono stati a lungo patrimonio culturale “ovvio” di una larga maggioranza della popolazione – abbiamo anche la misura della gravità del degrado in cui sta precipitando l'Occidente.
Il Consiglio di Stato francese, massimo organo della giustizia amministrativa in Francia, ha deliberato che le misure di legge che vietano l'uso del burkini sulle spiagge sono nulle, perché "Violano gravemente, e chiaramente in modo illegale, le fondamentali libertà di andare e venire, la libertà di credo e la libertà individuale". Queste ordinanze avevano suscitato poco più che una curiosità – ben pochi avevano visto burkini sulle spiagge, durante tutta l'estate – fino a quando una pattuglia di polizia era stata fotografata mentre cercava di convincere o di multare una donna “vestita” in riva al mare.
Le ordinanze di divieto erano state decise da alcuni sindaci, in cerca di facili consensi elettorali dopo gli attentati dell'Isis o di imitatori. Ma erano state anche avallate “autorevolmente” dal primo ministro “socialista”, Manuel Valls, oltre che da un tribunale amministrativo locale – quello di Villeneuve-Loubet, vicino Nizza. Potere politico e parte del potere giudiziario, insomma, conoscono poco o ritengono “superati” quei “valori fondamentali” di libertà in nome dei quali siamo chiamati alla guerra contro un nemico dai contorni indecifrabili. Più precisamente, il tribunale in questione aveva giudicato il divieto "necessario, appropriato e proporzionato" per prevenire disordini pubblici e "passibile di offendere le convinzioni o le non convinzioni di altri utenti della spiaggia", perché "percepito come una sfida o una provocazione in grado di esarcerbare la tensione".
Come si vede, senza alcun fremito giuridico, un tribunale francese aveva sentenziato non sulla base della legge, ma su quella della “percezione”, per definizione sfuggente, occasionale, transitoria. Su questa base un deputato “repubblicano” – il partito di Sarkozy – andava annunciando una proposta di legge per rendere “nazionale e perenne” il divieto.
A far ricorso al Consiglio di Stato contro queste ordinanze era stata la Lega per i Diritti Umani per "un grave ed illecito attacco contro diversi diritti fondamentali", tra cui ovviamente la libertà di religione.
Lo scarto tra quello che viene detto (la difesa dei valori di libertà) e quello che viene fatto non potrebbe essere più marcata.
E stiamo ancora parlando, in fondo, soltanto di indumenti...
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